Caso “We Are Social”: le scuse di uno dei fondatori

Ha parlato Gabriele Cucinella

Nelle ultimi giorni è letteralmente esplosa la bufera attorno all’agenzia “We Are Social”. Dopo una serie di chat, del passato, ma di natura sessista ha parlato uno dei fondatori.

Gabriele Cucinella ha creato “We are social” con Stefano Maggi e Ottavio Nava.

Oggi il fondatore dell’agenzia dalle pagine di La Stampa e Repubblica ha detto: «Non è questa l’agenzia che abbiamo costruito».

Poi sulla chat: «L’abbiamo scoperto nel 2017, senza grandi dettagli sui contenuti. L’episodio è stato subito condannato. Abbiamo anche portato avanti un controllo con i nostri tecnici, ma la chat era su Skype e non sui nostri server. Questo è un aspetto tecnico, non sminuisce niente, ma per dire che non ne abbiamo potuto verificare il contenuto».

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E sui provvedimenti mancati da parte di We Are Social spiega: «No, non per i singoli. L’azienda non sa chi c’era dentro la chat. Considerato che in questi giorni sono venuti fuori altri elementi, cioè le testimonianze che abbiamo letto anche sui giornali, abbiamo deciso di affidare a una parte terza un’indagine per approfondire l’accaduto. Poi valuteremo».

Cucinella poi aggiunge: «le testimonianze di questi giorni sono dolorose per noi. Non essendo dentro la chat, non ne conoscevamo nel dettaglio il contenuto. Da quando abbiamo fondato questa agenzia, per noi costruire un ambiente inclusivo è stata la priorità: non mi riconosco nella cultura tossica di cui si è parlato».

I tre fondatori non ne hanno mai fatto parte: «Ed è questo il motivo per cui stiamo aprendo un’indagine interna ora. Avremmo dovuto farlo già allora, è stato un errore. Convocammo il senior team e condannammo l’episodio. Anni dopo, quando riemerse la questione, ne abbiamo parlato con tutta l’agenzia e abbiamo introdotto un codice etico e iniziative sulla diversity inclusion. Ma ora noi per primi vorremmo capire cosa sia successo davvero».

Infine le scuse: «Il punto è che oggi possiamo solo chiedere scusa a chi ha sofferto, accertare i fatti e far sì che il nostro luogo di lavoro sia sicuro e inclusivo. Sono tante lo cose emerse mai riportate prima».

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