Verissimo, la moglie di Paolo Rossi: “Sono ancora arrabbiata con Dio”

Un dolore che la moglie del Campione del Mondo 1982 ha voluto raccontare in un libro ‘Per sempre noi due’, che uscirà il prossimo 30 novembre

Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, ospite sabato 27 novembre a Verissimo, ricorda commossa suo marito, scomparso un anno fa a causa di un tumore ai polmoni: “È iniziato tutto a marzo 2020, dopo che siamo tornati da un viaggio alle Maldive. Ho notato che Paolo era dimagrito molto. Siamo andati a fare degli accertamenti che ci hanno dato, purtroppo, il verdetto che mai avremmo voluto sentire. Ma non abbiamo mai perso la speranza, fino a un mese dalla morte abbiamo combattuto per cercare di vincere il nostro mondiale”.

 

La malattia di Paolo Rossi è arrivata durante la chiusura per la pandemia che ha aumentato ancora di più il loro fortissimo legame: “Abbiamo scoperto una nuova intimità. Durante il lockdown eravamo sempre e solo noi due e lui e si è affidato totalmente a me. È stato faticoso, ma è stato bello poter vivere il nostro amore anche durante quel periodo. Lui aveva capito tutto, ma a un certo punto ho iniziato a raccontargli mezze verità, perché volevo vederlo sereno e positivo. Paolo non parlava molto, ma ogni tanto mi abbracciava e piangeva”.

 

Un dolore che la moglie del Campione del Mondo 1982 ha voluto raccontare in un libro ‘Per sempre noi due’, che uscirà il prossimo 30 novembre: “Scrivere questo libro è stato un percorso difficilissimo”.

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E a Silvia Toffanin, che le chiede come stanno le loro due figlie, la Cappelletti risponde: “Nell’istante in cui il medico mi ha confermato che non c’era più niente da fare, ho voluto portarle a salutarlo. Paolo quando le ha viste si è illuminato e tutti e tre hanno capito che quella era l’ultima volta che si vedevano. Le bimbe– prosegue – sono delle guerriere, sono brave e sono molto orgogliosa di loro”.

 

E infine, c’è spazio anche per un’importante consolazione: “Lui è sempre dentro di me. Sono ancora arrabbiata con Dio, ma il Papa mi ha detto che è giusto così perché anche la sofferenza è una forma di preghiera. Mi conforta il fatto che Paolo sia stato felice e amato fino all’ultimo. Non si è mai sentito solo”.

 

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