Messina Denaro: “al piccolo Di Matteo io non l’ho ucciso”

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Messina Denaro: “al piccolo Di Matteo io non l’ho ucciso”, ecco cosa ha detto durante l’interrogatorio al pm

Nell’interrogatorio ai pm, Matteo Messina Denaro dice di aver sentito parlare di Cosa nostra solo in tv, nega gli omicidi che gli sono stati attribuiti, compreso quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, e annuncia che non si pentirà mai: «Non sono un uomo d’onore. Io mi sento uomo d’onore in un altro senso…non come mafioso», avrebbe detto il boss, che su Di Matteo replica netto: «Io il bambino non l’ho ucciso. Mi dà fastidio questa situazione».

Nella deposizione del boss, riportata da Rai News, Messina Denaro dice: “Lei mi insegna che un sequestro di persona ha una sua finalità, che esclude sempre l’uccisione dell’ostaggio, perché un sequestro a cosa serve? Ad uno scambio: tu mi dai questo ed io do l’ostaggio; il sequestro non è mai finalizzato all’uccisione – spiega il boss -. Sequestrano questo bambino – quindi io sono come mandante, mandante del sequestro – sequestrano questo bambino, lui (Giovanni Brusca, ndr) non dice che c’ero io”. “Ad un tratto lui resta solo in tutta questa situazione, passa del tempo, un anno, due anni, dice si trova davanti a televisione ed il telegiornale dà la notizia di… che lui era stato condannato all’ergastolo per l’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo, ci siamo?”. Poi continua: “Ma… allora, a tutta coscienza – dice Messina Denaro -, se io devo andare in quel processo, che è ormai di Cassazione, devo andare per sequestro di persona. Quindi a me perché mi mettete – non voi, il sistema – come mandante per l’omicidio, quando lui dice che poi non ci siamo visti più?” “Decise tutto lui, per l’ira dell’ergastolo che prese – conclude -. Ed io mi sento appioppare un omicidio, invece secondo me mi devono appioppare il sequestro di persona; non lo faccio per una questione di 30 anni o ergastolo, ma per una questione di principio. E poi a tutti… cioè loro lo hanno ammazzato, lo hanno sciolto nell’acido e alla fine quello a pagare sono io? Cioè, ma ingiustizie quante ne devo subire?”

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Sulla latitanza e su come l’ha trascorsa, dice: «La mia vita non è che è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa», risponde. Ma nessun accenno ai luoghi dove è vissuto. Sulla quotidianità dice: «Giocavo a poker, mangiavo al ristorante, andavo a giocare, ovviamente ho fatto l’applicazione nel telefono della Bet, per giocare le partite». Citando un proverbio, poi dice: “allora mi metto a fare una vita da albero piantato in mezzo alla foresta, allora se voi dovete arrestare tutte le persone che hanno avuto a che fare con me a Campobello, penso che dovete arrestare da due a tremila persone: di questo si tratta”. Ma, ha precisato, in paese in pochi conoscevano la sua vera identità. “A Campobello mi sono creato un’altra identità: Francesco”.

Sui reati commessi respinge le accuse e dice di aver commesso: «Non quelli di cui mi accusano stragi omicidi non c’entro nella maniera più assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare». La cattura è arrivata per la malattia, per cui ha dovuto abbassare la guardia: «Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia».

Sul tenore di vita e sul suo coinvolgimento in traffici di droga dice: “Vivo bene di mio, di famiglia. Mio padre era un mercante d’arte”.  Poi aggiunge: “Io sono appassionato di storia antica da Roma a salire – racconta il capomafia ai magistrati – poi mio padre era mercante d’arte e dove sto io c’è Selinunte. Mio padre non è che ci andava a scavare però a Selinunte a quell’epoca c’erano mille persone e scavavano tutte. In genere il 100% delle opere le comprava mio padre che poi venivano vendute in Svizzera e poi arrivavano dalla Svizzera dovunque: in Arabia, negli Emirati e noi vedevamo cose che passavano da mio padre nei musei americani”.

Su Falcone dice: “Io non è che volevo offendere il giudice Falcone, non mi interessa… Il punto qual è? Che io ce l’avevo con quella metodologia di commemorazione. Allora, se invece del giudice fosse stato Garibaldi, la mia reazione sempre quella sarebbe stata, perché non si possono permettere di bloccare un’autostrada per decine di chilometri: cosi vi fate odiare”.

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