Mahmood si racconta nel nuovo numero di GQ Italia

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Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood è il protagonista del nuovo numero di GQ Italia, in edicola dal 3 ottobre

Il cantante e autore, nato a Milano nel 1992 da madre sarda e padre egiziano, che ama la musica e che la sceglie come mezzo per esprimersi fin da bambino, nell’intervista a GQ Italia si racconta a tutto tondo: dalla scrittura al rapporto con la propria immagine, dal legame con la sua famiglia alla sua evoluzione.

In attesa del tour primaverile che toccherà le più importanti città europee, sul nuovo singolo in uscita tratto dal nuovo album rivela: «L’unica cosa che posso dire al momento è che si tratta di un pezzo che ho iniziato a scrivere anni fa. Ci ho lavorato per tutto questo tempo, aggiungendo o togliendo qualcosa, cambiando e ricambiando. Intanto ho fatto altre cose, ma a quel pezzo ci sono tornato sempre. L’ho finito una settimana fa».

QUOTE:

Sembra di capire che hai passato un anno molto intenso.
Per me quest’anno è stato un po’ un up and down, ci sono stati anche giorni in cui non riuscivo a scrivere. Poi da qualche tempo mi sono attivato, mi è tornata la voglia.

Le canzoni per te nascono anche come modo per dire le cose che caratterialmente non avevi voglia di dire di persona?
Sì, esatto. Cioè, non si tratta di cose che non mi andava di dire. È che proprio non trovavo il coraggio. Nei testi riesco a mettere pensieri che altrimenti rimarrebbero nella mia testa. Uso le canzoni come se fossero il mio diario, un diario segreto in cui annoto e mescolo cose che mi sono successe, incontri, sentimenti collegati.

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Con il passare del tempo scrivere diventa più facile o più difficile?

Diventa diverso. Non vuoi scrivere le cose che hai già scritto, ne devi trovare altre, e nello stesso tempo devi essere originale. Alla fine dei conti per me la storia è sempre la stessa: parte tutto da una parola. Da una parola viene fuori un mondo, quindi basta che sono in buona quel giorno e mi trovo con una canzone. Una cosa che sicuramente non voglio più fare è restare a insistere quando non funziona, quando capisco che non è giornata. Se non va, blocco tutto e vado a fare qualcos’altro.

Mi colpisce molto il contrasto tra questa semplicità e il lato sofisticato che riesci a esprimere attraverso i vestiti e la moda (oltre che con la musica).

Per quel che riguarda l’immagine, mi piace sempre pensare che sia un’altra forma di espressione artistica. In poche parole, uso la moda per integrare e arricchire la mia arte. Indossare determinati vestiti nei video e nelle foto mi aiuta a creare un immaginario, e questo finisce per legare e creare una forma di riconoscimento anche nel pubblico che mi segue. Un outfit serve anche a questo, a dare la direzione, indicare la strada che stai prendendo tu e renderla più chiara a chi ti segue. Oltretutto credo che la moda sia un mezzo funzionale per un mondo in cui è tutto immagine, in cui tutto ormai passa da Instagram, YouTube, TikTok. Secondo me lo styling per un artista è fondamentale, anche solo per scegliere una maglietta bianca e un paio di jeans.

Salire sul palco ti piace o ti crea ansia?

No, l’ansia mi viene solo a Sanremo. Pensi tutto il tempo che sei ripreso in diretta mondiale, tutti ti guardano, se sbagli se ne accorgono immediatamente. I miei concerti li vivo più come un abbraccio, mi sento abbracciato dal pubblico, diventa una forma di comunicazione con le persone che vengono a vederti. In primavera partirò col nuovo tour europeo e non vedo l’ora. È bello perché all’estero vedi il pubblico che canta le tue canzoni con accenti diversi. È una delle cose che mi piace di più, e mi stupisce sempre.

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