Lady Gaga c’è e lotta insieme a noi

Sul fatto che Elio abbia voluto lanciare un sasso nello stagno, contando sulla scontatezza delle polemiche social, una frase detta bene viene estrapolata da un contesto e diventa slogan, passando di bocca in bocca come nel telefono senza fili e finendo per arrivare a proclamare altro rispetto a quel che si è detto, credo, ho già scritto e come me molti altri. Anche sul fatto che, volendo, con tutti gli anni di carriera alle spalle Elio sapesse esattamente come sarebbe andata a finire, perché uno non è che uno che sta lì da tutto quel tempo dice la prima cosa che gli passa per la testa senza sapere a che conseguenze porterà, se lavora in questo settore da anni e anni come Elio sa bene che effetto deriva da causa, anche se altre erano le intenzioni.

Una cosa è evidente, Elio parlava del mood generale, della musica che Spotify o chi per lei pretende, la dittatura dell’algoritmo, e quindi del mainstream o pretendente tale. Perché per il resto la musica contemporanea esiste eccome, e di draghi ce ne sono assai, non solo quelli che suonano con lui, solo che generalmente non è a loro che si pensa quando si parla di musica d’oggi, perché tutti tendiamo a confondere il mercato con lo stato dell’arte, forse neanche troppo a torto.

I tanti che si sono offesi, parte di quelli che fanno musica senza rientrare nel nulla cosmico descritto in maniera tranchant da Elio, ne fanno a volte parte nel boschetto della loro fantasia, non percepiti dagli altri, in alcuni casi ne fanno parte e basta, lo hanno fatto immagino esattamente seguendo il medesimo filo logico, so che non è di me che si parla, ma se faccio l’offeso qualcuno mi dirà che io sono diverso, e via discorrendo, o comunque si può approfittare di uno slogan che dice altro da me per approfondire il mio punto di vista, unendomi al flusso di pensieri a riguardo, usufruendo di quella spinta.

La dialettica, oggi come oggi, funziona così, o, fossi Elio azzarderei un: oggi la dialettica non è peggio di quella di prima, perché non esiste proprio.

Dico questo perché che la musica oggi esista mi sembra lapalissiano, così come che la musica oggi non possa far altro che metabolizzare e sputare fuori qualcosa di già sentito, riattualizzato e reso originale, parlo della musica musica, non fatemi ogni volta ripetere tutto il ragionamento per filo e per segno.

Basterebbe sintonizzarsi su Musicleaks, mi guardo in casa, per scoprire artisti spesso molto interessanti che ancora non sono finiti sotto i riflettori, o guardando indietro di qualche settimana, a quel che è successo sempre intorno a Musicleaks, lì a CasaBontempi coi giovani artisti arrivati a suonare dal vivo nei due appuntamenti quotidiani Morning Leaks e Punkremo.

Ma siccome sono consapevole che parlare pretendendo che chi mi sta di fronte sappia tutto quel che so io, o conosca ogni minimo riferimento che, parlassi da solo, darei per scontato, ecco che è da poco uscito un lavoro che a suo modo attesta che la musica contemporanea esiste e gode anche di buona salute, di più, di ottima salute. Non ho idea di come la pensi Elio a riguardo, magari non ne è proprio a conoscenza, ma credo peraltro, che il suo discorso riguardasse un po’ più l’asfittico mercato italiano, dominato, addirittura occupato militarmente da prodotti nazionali, alla faccia di chi invoca ancora oggi che pure in Italia si faccia una legge a tutela dei nostri artisti come in Francia, e comunque chi se ne frega. Mayhem di Lady Gaga, è di questo lavoro che sto parlando, è un album importante, e lo è per svariati motivi. Primo dei quali il fatto che sia un lavoro proprio di Lady Gaga, una delle artiste che in questa porzione di millennio meglio ha fatto e che ha in qualche modo contribuito, all’estero ce n’è forse meno bisogno che da noi ma di cambiamenti non ci si può mai accontentare, per dimostrare che artiste donne di immenso valore ce ne sono e anzi, va sottolineato con veemenza a costo di arrischiare di far inalberare quanti continuano a cianciare che la musica non ha genere, come se non fosse un aspetto scontato, ignorando che le discriminazioni, invece, genere ce l’hanno eccome. Lady Gaga è indubbiamente l’artista che nel nuovo millennio ha preso il testimone dalle mani di Madonna, aprendo ulteriormente strade ancora imbattute per colleghe che oggi come oggi dominano i mercati internazionali, da Taylor Swift a Billie Eilish, passando per Beyoncé, che è più grande di lei, ma ha comunque beneficiato dell’arrivo della collega così dirompente, via via fino alle nuove leve, Sabrina Carpenter in testa. E Lady Gaga lo ha fatto abbattendo a sua volta i generi, stavolta musicali, dentro i quali ha deciso di esprimersi, cominciando dall’electropop in chiave dance degli esordi, un’idea sessualizzata di futurismo sempre presente nel suo immaginario, arrivando poi a cavalcare praticamente tutto il resto, dal country allo swing, passando per il pop più lezioso e classico col quale ha vinto l’Oscar, e tornando oggi con un album denso di suoni, quasi tutti artificiali, lo sappia Elio, pochi strumenti e molte macchine, ma fatte suonare come Dio comanda, di intuizioni geniali, anche di riferimenti importanti. Un album che se ne fotte dell’algoritmo, tante sono larghe le maglie dentro le quali si muove, provate voi a tenere dentro la stessa scatola la Die with a Smile che la vede duettare con Bruno Mars, una cosetta da oltre due miliardi di stream, comunque, coi suoni decisamente più gaghiani di Abracadabra e Desease, non a caso tirate fuori per anticipare il tutto, o quelli davidbyrniani di una Killah, unico duetto tra le quindici tracce, ospite DJ Gesaffelstein, con in mezzo tutto il resto, dove per tutto il resto intendo la dance in chiave funky di Zombieboy, il rock epico di Garden of Eden, quello a metà strada tra indie e elettronica di Perfect Celebrity, o al pop pop di How Bad Do You Want Me, forse la traccia più anonima della covata. Un lavoro che è una sorta di summa ladygaghiana, con dentro i fasti spiazzanti degli esordi, l’epica di The Fame Monster, i clangori di Born This Way, i suoni rassicuranti di Joanna come quelli di ritorno al futuro di Chromatica, ArtPop presente qua e là quando finalmente Lady Gaga decide di fottersene di tutto e tutti e fa semplicemente se stessa. Un album che ci dimostra che Lady Gaga c’è, come del resto c’è sempre stata, anche in quel lavoro abbastanza incomprensibile uscito a ridosso di Follie a Deux, il film che l’ha vista interpretare la metà folle di Joker nei panni canterini di Harlequinn. Lady Gaga è un talento assoluto, una visionaria che si è prestata al pop, pur essendo il mondo della performance artistica il suo campo di gioco preferito. Musica dirompente in un panorama postatomico, parlo ovviamente di musica, come quello che ci offre altrove la musica del 2025, l’algoritmo a dettare legge e tutti a seguirlo a capo chino.

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Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

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