Trent’anni fa l’assassinio Alpi-Hrovatin: “Cara Ilaria, ti racconto una storia”

Trent’anni fa a Mogadiscio, in Somalia, sono morti in un agguato l’inviata del Tg3 Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin 

Cara Ilaria,

ti racconto una storia, la tua. C’era una ragazza di 32 anni che aveva dei sogni: realizzarsi nel suo lavoro di inviata e quello di crearsi una famiglia.

Ma questi sogni si sono frantumati il 20 marzo 1994, insieme al dovere di informare, al senso di giustizia che ti era innato. Con te anche i sogni di Miran, che una famiglia ce l’aveva, un bimbo di sei anni, una moglie che lo amava.

Eravate due belle anime, signori dell’informazione, quella che oggi sento che ci manca tanto.

Un agguato, in piena regola, il vostro, sulle strade di Mogadiscio Nord, a pochi passi da quella che era stata l’ambasciata italiana, poi sede della polizia somala.

Un commando ha eseguito il “compito”: tacitare quella giornalista scomoda e il suo operatore, per impedirvi di portare a conoscenza dell’opinione pubblica dei traffici illeciti che si consumavano in quella terra martoriata dalla guerra civile, dopo anni di dittatura di Siad Barre.

C’era la missione di pace, la Restore Hope, voluta dall’Onu, per riportare la pace in quel paese straziato dalla guerra.

Quel 20 marzo però i soldati si apprestavano a lasciare il Paese ed è lì che sei caduta in una “trappola” ben architettata, insieme a Miran, dopo la tua permanenza a Bosaso. L’ultima intervista al sultano di Bosaso dura tre ore. Pochi minuti dura il girato che è arrivato in Italia, dopo questo duplice omicidio di Stato.

Tanti personaggi hanno remato contro la ricerca di verità dei tuoi genitori, i cari Giorgio e Luciana, che in tutti questi anni sono stati i veri inquirenti, alla ricerca di verità e giustizia. Sin da subito, dal giorno del tuo funerale, cara Ilaria.

Gli avevano detto che avevi il corpo martoriato dai proiettili e, invece, avevi solo il capo fasciato. L’esame esterno, bada bene, non l’autopsia sul tuo corpicino, parla di un colpo di arma da fuoco sparato a bruciapelo.

Ma tu, cara Ilaria, non sai che negli anni si è svolto un balletto delle perizie che mirava a puntare sulla accidentalità del colpo che ti ha ammazzata. “Un tentativo di rapina finito male” e non “un’esecuzione”.

Tesi questa, rimarcata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla tua morte e quella di Miran. Commissione presieduta dall’avvocato Carlo Taormina che si è insediata dopo dieci anni dalla tua morte e si è conclusa con tre relazioni: quella della maggioranza e due di minoranza del centrosinistra. Prima ancora ci sono stati tre processi per mandare in carcere UN COLPEVOLE e non IL COLPEVOLE.

Il povero Hashi, portato in Italia per testimoniare sulle presunte violenze subite da un gruppo di somali dai militari italiani, anche qui una commissione, la cosiddetta commissione Gallo.

Beh Ilaria, ne è scaturito l’arresto di Hashi colpevole di aver fatto parte di quel commando che ti ha ucciso. Hashi ha scontato una pena durata quasi 17 anni sino a quando è stata emessa una sentenza durante il processo di revisione di Perugia, che lo ha scagionato “per non aver commesso il fatto” , dandogli 3 milioni di euro di risarcimento, e che parla di Jelle, il testimone chiave coinvolto in un’attività di “depistaggio di ampia portata”.

Cara Ilaria, sono spariti i tuoi block-notes, le cassette di Miran, alcuni documenti fondamentali: il referto medico redatto sulla nave Garibaldi, che i tuoi genitori hanno ottenuto a distanza di due anni dalla tua morte. L’altro, mai arrivato in Italia, del medico del contingente americano.

E tu mentre Marocchino ti trasportava dall’auto dell’agguato alla sua per portarti al Porto Vecchio sulla nave Garibaldi “eri ancora viva”.

Si sono “dimenticati” di farti l’autopsia, a Miran è stata fatta ma è stato cremato. Solo a due anni dalla tua morte un magistrato, il secondo ad occuparsi dell’inchiesta della tua morte, il pm Pititto, ha disposto la riesumazione e l’autopsia.

Tante morti sono avvenute misteriosamente prima e dopo la tua. Tre mesi prima la tua è morto il maresciallo Li Causi del centro Scorpione, la tua fonte e quella del giornalista Mauro Rostagno, morto prima di Li Causi.

E’ morto in circostanze misteriose l’operatore dell’Abc che ha filmato “tutto” dopo l’agguato di Mogadiscio, la tua esecuzione, cara Ilaria.

È morto Hashi tornato in Somalia dopo la sua scarcerazione, esploso in aria per una bomba piazzata sotto al sedile della sua auto. Prima ancora, anche l’autista dell’auto sulla quale viaggiavate tu e Miran è deceduto dopo essere tornato a Mogadiscio. I giornali locali parlano di morte per overdose.

È morta Starlin , una giovane somala, presidente di un’associazione di donne somale, durante una rapina a Nairobi.  (Abdi, il tuo autista, dopo la tua morte, si recò a casa sua). È morto il colonnello Awes, capo della sicurezza dell’hotel Amana, nei pressi del quale è avvenuta la tua esecuzione. Lui che probabilmente fu l’ultimo a vedervi in vita, e che avrebbe potuto confermare o no la deposizione di Marocchino, l’autotrasportatore che trasferì il tuo corpo e quello di Miran sulla sua auto, per portarvi sulla nave Garibaldi. E che riferì, durante la sua deposizione, che fu proprio Awes ad andargli incontro per dirgli che “avevano sparato a due italiani”.

È morto il colonnello Jirò: l’uomo firmò un rapporto dopo un’indagine che riguardava la tua morte e che aveva svolto in quanto a quell’epoca era capo della polizia di Mogadiscio. Rapporto che denunciava un possibile coinvolgimento di Giancarlo Marocchino nel duplice omicidio…

Cara Ilaria, ci sono stati tre processi e una commissione parlamentare d’inchiesta sul duplice omicidio di Mogadiscio: il tuo e quello di Miran. Ci sono state tre richieste di archiviazione da parte della procura di Roma, che sono state respinte. L’ultima è stata respinta quattro anni fa e, con la sentenza del 4 ottobre 2019, il Gip ha conferito alla procura di Roma altri 180 giorni per indagare. Ma ad oggi non se ne sa ancora nulla.

Cara Ilaria, potrei raccontarti ancora una moltitudine di fatti, ritrattazioni, depistaggi. Ma mi fermo qui e ti lascio riposare in pace.

Grazie Ilaria, grazie Miran.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *