Modena, 19enne rifiuta il matrimonio combinato e denuncia la famiglia

Modena, 19enne rifiuta il matrimonio combinato e denuncia la famiglia

Modena, 19enne rifiuta il matrimonio combinato e denuncia la famiglia per maltrattamenti. Ecco la sua storia

Una 19enne di origini indiane, residente in provincia di Modena, lo scorso mercoledì ha denunciato i familiari per maltrattamenti e costrizione al matrimonio.

Secondo quanto riportato da Tgcom24, il personale della sezione specializzata della Questura di Bologna, guidata dal questore Isabella Fusiello, sta raggiungendo la giovane per collocarla in protezione. Attualmente si trova presso l’abitazione della preside della sua scuola.

L’avvocato della giovane, Barbara Iannuccelli, ha dichiarato: “È un’altra Saman, ma stavolta deve andare diversamente. Salviamo questa ragazza. È un caso uguale in tutto e per tutto, una ragazza che sogna l’amore vero, la famiglia che la rinchiude in casa e la obbliga a un matrimonio forzato; percosse quotidiane e la mancanza di alternative. Facciamo in modo che la storia abbia un altro epilogo. Salviamo questa ragazza”.

“Un’altra Saman che si cerca di salvare, ma la burocrazia non riesce a farsene carico”, ha poi detto  l’avvocato all’Ansa. Iannuccelli poi spiega: “Ho ricevuto una richiesta da parte della ragazza. Era andata a scuola, ma una volta arrivata a casa i familiari le hanno sequestrato il cellulare. È riuscita a comunicare con me grazie ai social, mi ha chiesto di vederci. Padre, madre, zio e nonna la picchiano, la tengono segregata e le hanno preso i documenti perché rifiuta un matrimonio forzato, si è innamorata di un altro ragazzo”.

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LA giovane sarà trasferita in una struttura protetta, ma ora si trova presso l’abitazione della preside. Dice l’avvocato: “non c’era nessuna possibilità di collocamento in protezione, se non metterla da sola in un bed and breakfast e, se volevo, avrei potuto dormire io con lei”. Così “è stata affidata alla preside, l’unica persona disposta a ospitarla dopo cinque ore passate in commissariato, una privata cittadina che si prende cura di lei, mettendo a repentaglio la sua incolumità perché la famiglia la sta cercando. Io mi sarei aspettata che lo Stato rispondesse: è un codice rosso, sono reati gravissimi. Invece dopo cinque ore di pianti, cinque ore di paura perché nel frattempo i familiari la vogliono riportare all’inferno, ci si schianta contro la realtà. Gli strumenti ci sono ma non vengono applicati”.

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