Intervista a Emanuela Esposito Amato, autrice del libro “Ho chiuso con te”

Intervista a Emanuela Esposito Amato

Intervista a Emanuela Esposito Amato, autrice del libro “Ho chiuso con te”. Il romanzo è ambientato a Napoli e vede protagoniste due sorelle gemelle

Dopo il successo del suo precedente romanzo “Uno squillo per Joséphine”, torna la scrittrice Emanuela Esposito Amato con il nuovo libro “Ho chiuso con te”, edito da Guida. Il romanzo è ambientato a Napoli, per l’esattezza a Caivano, una zona dove regna il degrado e abbandono, una zona difficile dove ormai la cronaca nera è diventata il cibo quotidiano per gli abitanti. Le protagoniste che ci accompagneranno in questa lettura sono due gemelle: Lola e Nina; uguali nell’aspetto fisico ma totalmente diverse nel carattere.

Da giovanissima amava la lettura, qual è il suo libro preferito? E perché?

Da giovanissima, il libro che mi ha catturato profondamente è stato “Piccole Donne” di Louisa May Alcott, consegnatomi da mia madre all’età di soli sette anni. La narrazione delle avventure e delle vicende delle sorelle March mi ha subito affascinato, trasportandomi nella società americana di metà Ottocento e immergendomi nei profondi legami che intercorrevano tra le sorelle, i loro genitori e il loro circolo sociale. Mi identificavo particolarmente con Jo, per il suo spirito libero e la sua passione per la scrittura, e con Meg, per il suo senso di responsabilità e la sua dolcezza. La capacità del libro di trasportarmi in un altro tempo e luogo, facendomi vivere le emozioni e le sfide delle protagoniste, è stata per me fonte di ispirazione continua.

Nel libro “Ho chiuso con te”, Lola e Nina hanno un rapporto viscerale, che sembra continuare anche dopo la morte. Ha sorelle/fratelli? Qual è il suo rapporto con loro? Se non ne ha che sorella /fratello le sarebbe piaciuto avere?

Ho un fratello con il quale vado molto d’accordo, nonostante le baruffe quando eravamo piccoli. Lui voleva giocare con i soldatini, io con le bambole. Alla fine, abbiamo trovato un terreno comune che appassionava entrambi: la pista per far correre le macchinine. Erano gare sfrenate, con vittorie mai scontate. Fortunatamente, il nostro buon rapporto è proseguito nel tempo, rafforzandosi anche attraverso esperienze dolorose o difficili, in cui ci siamo sostenuti a vicenda. Il fratello che ho è esattamente quello che avrei sempre desiderato.

Nel romanzo, Lola segue il suo sogno, anche a dispetto delle sue origini e dei suoi affetti. È stato così anche per lei? Quanto sono importanti nella sua vita gli affetti? E quanto è importante l’aspetto lavorativo? Com’è stato lasciare Napoli?

Nel rispondere a queste domande, potrei dire che seguire i propri sogni è un percorso intrinsecamente legato alla ricerca personale e alla realizzazione di sé. Per Lola, così come per chiunque altro, il perseguire un sogno, anche a dispetto delle proprie origini e degli affetti, rappresenta una scelta coraggiosa che sottolinea l’importanza della crescita individuale e professionale. Gli affetti giocano un ruolo basilare nella vita di ogni persona, offrendo sostegno, amore e comprensione nei momenti di difficoltà e di dubbio, ma ciò non toglie che il perseguimento della propria passione e vocazione possa richiedere sacrifici e scelte difficili L’aspetto lavorativo è altrettanto importante perché è spesso attraverso il lavoro che ci esprimiamo, che contribuiamo alla società e troviamo una parte significativa della nostra identità. Bilanciare gli affetti con le aspirazioni professionali è una sfida che richiede compromessi, dialogo e comprensione reciproca. Lasciare Napoli, o qualsiasi luogo a cui si è profondamente legati, è un’esperienza che può essere carica di emozioni contrastanti: nostalgia per ciò che si lascia alle spalle e eccitazione per le nuove opportunità. È un passo che può essere visto come un’opportunità per crescere e scoprire nuove realtà, pur mantenendo salde le proprie radici e i valori appresi. In sintesi, la decisione di inseguire le proprie aspirazioni, anche a dispetto delle difficoltà, degli affetti e delle origini, è un viaggio che richiede determinazione e capacità di navigare tra le diverse sfere della vita, mantenendo un equilibrio tra le ambizioni personali e gli impegni affettivi e lavorativi.

Nel romanzo c’è un forte riferimento alle maschere pirandelliane. Ciò che sembra in realtà non è. Quanto si trova d’accordo con questa affermazione d’autore?

Mi trovo molto d’accordo con l’idea delle maschere pirandelliane, secondo cui ciò che appare in superficie spesso nasconde una realtà ben diversa. Questo concetto riflette profondamente la mia percezione della vita e delle relazioni umane. Credo che, in molti casi, indossiamo maschere per proteggerci, per conformarci alle aspettative degli altri o semplicemente per navigare le complessità sociali. Queste maschere, tuttavia, possono diventare barriere che ci allontanano dalla nostra essenza e dagli altri. La mia adesione a questa visione scaturisce dall’osservazione che, nonostante la tendenza a presentarci in un certo modo al mondo esterno, ciascuno di noi nasconde vulnerabilità, paure e desideri profondi che spesso rimangono inespressi. La letteratura, così come la vita, è ricca di esempi in cui la verità interiore dei personaggi o delle situazioni viene svelata solo rimuovendo tali maschere, conducendo a momenti di autentica comprensione e connessione umana.

Inoltre, la riflessione sulle maschere pirandelliane mi porta a considerare l’importanza dell’autenticità e del coraggio nel mostrarsi per quello che si è veramente. Questo non significa necessariamente rifiutare ogni forma di maschera, poiché alcune possono essere utili o addirittura necessarie in determinati contesti sociali, ma piuttosto sviluppare la consapevolezza di quando e perché scegliamo di indossarle. Riconoscere e ammettere la complessità del sé e degli altri può arricchire le nostre vite con maggiore empatia e comprensione reciproca.

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Si sente più vicina a quale personaggio del suo romanzo? Perché?

Mi sento molto vicina sia a Nina che a Lola. Entrambe incarnano aspetti caratteriali e comportamentali sui quali ho lavorato intensamente durante la fase di costruzione dei personaggi. Ho trascorso tante ore insieme a loro, immergendomi nelle loro storie, nei loro conflitti e nelle loro gioie. Il loro modo di essere e apparire, nonostante le evidenti diversità, mi è diventato familiare. Con Nina e Lola, ho esplorato profondità emotive e situazioni che rispecchiano, in qualche modo, frammenti della mia esperienza o della mia immaginazione. Questa vicinanza non deriva solo dal tempo dedicato a plasmare i loro percorsi narrativi, ma anche dalla condivisione di un pezzo di viaggio insieme, vedendo e sentendo con i loro sguardi e sentimenti. Sono diventate quasi come amiche immaginarie, le cui voci mi sono così familiari da risuonare nella mia mente anche oltre le pagine del romanzo.

Nel romanzo tra le altre cose, si parla di violenza domestica. Come scongiurare tali eventi? Cosa insegna ai giovanissimi in merito?

Credo fermamente che prevenire la violenza domestica richieda un impegno collettivo verso l’educazione alla parità di genere, smantellando stereotipi fin dall’infanzia. Una comunicazione assertiva è essenziale: insegnare ai giovani a esprimere i propri sentimenti in modo rispettoso evita l’escalation in aggressività. È cruciale valorizzare le differenze, promuovendo l’accettazione come fondamento di relazioni sane. Educare sul riconoscimento dei segnali di abuso aiuta a interrompere i cicli di violenza prima che si radichino. Strategie efficaci per la gestione della rabbia e del disaccordo possono prevenire comportamenti violenti. È altresì importante informare su dove trovare aiuto, rendendo i giovani consapevoli delle risorse a loro disposizione. I modelli positivi giocano un ruolo chiave, mostrando alternative costruttive al conflitto. Attraverso questi approcci, miriamo a creare una generazione capace di relazioni basate sul rispetto e sull’empatia, allontanandoci dalla violenza domestica.

Lola e Nina del suo romanzo, sono fortemente influenzate dal loro passato. Secondo lei quanto influisce ciò che abbiamo vissuto in ciò che saremo domani?

Secondo me, il passato, in particolare l’infanzia e l’adolescenza, gioca un ruolo cruciale nel modellare ciò che saremo domani, sia in senso positivo che negativo. Le esperienze vissute in queste fasi formative possono influenzare profondamente le nostre personalità, i nostri comportamenti e le nostre scelte future. Quando il passato esercita un’influenza negativa, magari in modi che non riusciamo a riconoscere o gestire consapevolmente, credo sia fondamentale cercare l’intervento di specialisti. Gli psicologi o altri professionisti del settore possono offrire il supporto necessario per affrontare e superare le ombre del passato, permettendoci di vivere un presente più sereno e costruire un futuro migliore.

Quali sono i suoi prossimi progetti letterari?

Ho alcune idee che iniziano a prendere forma. Personaggi e trame si affacciano alla porta della mia immaginazione, accennando a nuove avventure letterarie che già mi spronano. Al momento, però, sono totalmente coinvolta nella promozione del mio ultimo lavoro, un impegno che assorbe gran parte del mio tempo e delle mie energie. Questo periodo stimolante mi offre l’opportunità di entrare in contatto con i miei lettori e di condividerne i risultati. Pertanto, ho optato per posticipare l’immersione nel prossimo progetto fino a quando non potrò dedicarvi la dovuta attenzione e concentrazione. Credo sia essenziale attendere il momento opportuno per esplorare a fondo queste nuove idee, al fine di elaborarle nel modo più completo e gratificante.

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