Caso Laura Ziliani, la figlia: “«Le dicevo muori pu**ana»

Omicidio Laura Ziliani,

Caso Laura Ziliani, la figlia: “«Le dicevo muori pu**ana». La testimonianza shock di Silvia e Paola Zani sui fatti avvenuti a Temù

Laura Ziliani, ex vigilessa di 55 anni, è stata uccisa l’8 maggio 2021 a Temù, in provincia di Brescia. Il suo corpo è stato ritrovato due mesi dopo, il 10 luglio 2021, vicino all’argine del fiume Oglio.

Le indagini hanno portato all’arresto di tre persone: Paola Zani, la figlia maggiore di Laura; Silvia Zani, la figlia minore di Laura; Mirto Milani, il fidanzato di Paola. I tre sono stati accusati di omicidio volontario aggravato in concorso. A settembre 2021, Mirto Milani ha confessato di aver ucciso Laura Ziliani con l’aiuto delle figlie. Le due donne hanno poi confessato a loro volta.

Secondo le confessioni, il movente dell’omicidio sarebbe stato economico. Le figlie di Laura Ziliani erano convinte che la madre le stesse ostacolando nella gestione di un bed and breakfast di loro proprietà.

Oggi, Leggo.it, riporta la testimonianza di Silvia Zani resa al pubblico ministero: «Ricordo di essere entrata da sola nella camera da letto di mia mamma. La luce era spenta e mia mamma dormiva. Non ricordo di preciso quando, ma ad un certo punto è entrata anche Paola, Io ricordo di aver messo le mani intorno al collo di mia mamma. Ricordo che Paola la teneva ferma con il suo peso e le teneva il corpo fermo con le braccia. Non era su di lei, ma mi aiutava tenendola ferma. Con entrambe le mani le stringevo il collo, ma mia madre ha iniziato a rantolare e penso che si sia svegliata, mi sembrava quasi che volesse dire qualcosa. Pensavo che sarebbe stato tutto molto più rapido e meno doloroso, credevo che sarebbe durato meno di un minuto, pochi secondi e che sarebbe presto finito tutto. Invece ne è uscito un pasticcio. A quel punto è entrato Mirto: si è accorto che non stava andando come previsto ed è entrato in camera. Ha messo lui le mani sul collo di mia mamma, in un certo senso mi ha dato il cambio. Io sono andata in cucina, ho preso un sacchetto del tipo di quelli dell’immondizia di colore blu, poi sono tornata in camera e l’ho infilato sulla testa di mia madre. Ho utilizzato una striscia di velcro per chiudere il sacchetto… Io ricordo che mia madre respirava ancora: infatti il sacchetto si gonfiava e si sgonfiava così dà appiccicarsi alla sua faccia. Mia madre continuava a dimenarsi mentre Paola la teneva ferma. Ricordo di aver detto “Muori puttana” perché in quel momento la odiavo perché mi stava costringendo a farle quello, mi avrebbe rovinato la vita. Le ho dato anche un pugno. Tutta l’operazione è durata alcuni minuti, per me è durata un’eternità. Mi sono resa conto che era morta molto dopo, continuavo a controllare il battito anche perché aveva delle convulsioni credo post mortem».

La testimonianza dell’altra figlia della vittima, Paola non cela dettagli: «L’idea dell’omicidio è venuta prima a Silvia e Mirto. Si chiudevano in camera, facevano cose strane con delle attrezzature da chimico». «Mi hanno messa al corrente del progetto solo a fine 2020. All’inizio non volevo partecipare, piuttosto preferivo morire io. Poi ho deciso di collaborare», continua la donna.

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Poi ricostruisce i fatti: «Mia sorella entra per prima, circa un minuto prima di me. La luce era spenta, Silvia in piedi. Insieme ci siamo avventate su mamma. Avevamo già deciso di agire di sorpresa. Io dovevo tenerla ferma e lei strangolarla. Ma mamma si agitava, tanto che a un certo punto ho pensato mi avesse rotto un dito. Ricordo di essere stata su di lei tanto tempo, aveva degli spasmi… mi è sembrato eterno. Il mio unico pensiero era che morisse presto, avevamo scelto quel sistema perché pensavamo fosse indolore. A un certo punto sono uscita dalla stanza perché stavo male, Mirto mi ha tranquillizzata. Abbiamo spogliato mamma perché non volevamo fosse trovata in pigiama, avrebbero subito pensato che era morta di notte. L’abbiamo avvolta in una pellicola trasparente e portata in cantina, con Mirto abbiamo preparato la miscela di cemento in secchi. Poi mettiamo i teli nel baule e carichiamo mamma in auto. Il tragitto era pensato per evitare le telecamere, e ci siamo messi dei sacchi neri ai piedi per non lasciare tracce. Abbiamo messo il corpo nella buca e l’abbiamo coperto con la miscela di cemento».

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