Operaia morta in azienda, indagata una persona per omicidio colposo. Le parole del compagno Manuele che ha raccontato del mal funzionamento della macchina
C’è un indagato nell’inchiesta sulla morte di Laila El Harim, l’operai di 40 anni deceduta martedì scorso schiacciata da una fustellatrice dell’azienda d’imballaggi “Bombonette” di Camposanto (Modena). Per l’omicidio è indagato il legale rappresentante della fabbrica, il quale deve rispondere di omicidio colposo. Si tratta di un atto dovuto, ma l’uomo dovrà comunque chiarire alcuni aspetti, tra cui la dinamica dell’incidente e se erano state messe in campo tutte le norme di sicurezza contro gli incidenti sul lavoro.
Intanto, gli inquirenti hanno posto sotto sequestro il macchinario, ma dalle prime indiscrezioni riportate da TgCom24 risulta che il macchinario era provvisto di un doppio blocco di funzionamento meccanico, “ma purtroppo – si legge – azionabile, da parte dell’operatrice, soltanto manualmente e non automaticamente. Ciò ha consentito un’operazione non sicura che ha cagionato la morte per schiacciamento“.
Disposta dalla procura di Modena anche l’autopsia sul corpo della donna, che potrebbe fornire maggiori dettagli sulle cause della morte, provocate dal trascinamento e schiacciamento del corpo.
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Laila El Harim avrebbe compiuto 41 anni fra pochi giorni. Era originaria del Marocco, ma da circa vent’anni era residente in Italia. Aveva una bambina di 4 anni e un compagno, Manuele Altiero, che intervistato dal Corriere della Sera ha detto: “Da circa due mesi lavorava alla Bombonette, i cui proprietari, la famiglia Setti, l’avevano fortemente voluta sapendo quanto fosse brava sulla fustellatrice, macchina per sagomare. La pagavano meglio di prima. “O cambio ora o mai più” si era detta. Con i Setti, sia il padre Fiano che il figlio Daniele, si era trovata bene, questo è vero“.
Poi aggiunge dettagli su un presunto mal funzionamento del macchinario: “Però le macchine devono funzionare come si deve: io capisco che si debba fare qualcosa in più… Ma la sicurezza viene prima. Ogni giorno attorno a quella fustellatrice c’era un elettricista, c’erano dei problemi. Laila, inoltre, doveva occuparsi dell’avviamento su tutte le apparecchiature, istruendo anche un apprendista. Che martedì purtroppo era assente perché è andato a vaccinarsi. Se ci fosse stato, chissà, forse non sarebbe successo…”
Manuele conclude: “Credo che si debba, in qualche modo, andare oltre al senso dell’inchiesta. Devono essere le autorità, e la politica, a pretendere la verità su cosa è successo alla mia Laila. Glielo dobbiamo. Non si può morire sul lavoro, non deve succedere più“.
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