1920 – 2024: la rete festeggia il 105esimo compleanno di Hercule Poirot, il geniale e raffinato investigatore ideato da Agatha Christie.
Protagonista di 33 romanzi e 54 racconti (raccolti in 5 antologie), dal 1920 – anno di Poirot a Styles Court – fino al 1975 – anno di Sipario, l’ultima avventura di Poirot – il personaggio ha indagato nei contesti più disparati, trovando soluzione a casi che richiedevano un’attenzione e una finezza psicologica che solo lui era in grado di dimostrare. Poirot è stato talmente iconico da essere il primo personaggio immaginario cui il New York Times abbia dedicato un necrologio.
NAZIONALITÀ: belga. Arriva in Inghilterra dal Belgio, fugge da un paese invaso. Per tutta la sua vita si sentirà uno straniero, un esule, un uomo in cerca di rifugio, aspetto che a volte lo avvicinerà di più ai personaggi dei suoi casi, perché come loro ha fatto esperienza del dolore e del male. Poco o nulla si sa della sua famiglia d’origine, se non il ricordo accorato che conserva della madre, una delle poche donne di cui non è sospettoso.
PROFESSIONE: ex ispettore di polizia, poi investigatore privato La precedente carriera in polizia ha reso larghe le spalle di Poirot, in quanto a situazioni affrontate. Ma la sua più grande dote è la capacità di indagine dell’animo umano, dono straordinario, che i numerosi casi da investigatore privato affinano sempre di più.
SEGNI PARTICOLARI: basso, occhi verdi, baffi e “minuscole mani fastidiosamente curate”. Curatissimi e rigorosamente arricciati, i baffi sono più di un segno estetico distintivo: rappresentano il suo modo di essere nel mondo, vigile, attento. I vivaci occhi verdi scrutano tutto e tutti, dietro un paio di occhialetti tondi.
ABBIGLIAMENTO: elegante e curato. Ama il lusso e i dettagli, perché sa che è proprio lì che si nascondono la verità e l’anima delle cose. Per questo non trascura mai il proprio look, ricercato ed eccentrico: giacca nera, pantaloni a righe, gilet, farfallino, bastone e ghette sempre lucidissime, sono solo alcuni dei suoi tratti più caratteristici. Per proteggersi quando sente freddo (spesso) indossa un cappotto, una sciarpona e l’immancabile cappello.
TEMPERAMENTO: pignolo, arrogante, metodico, rigoroso, eppure incredibilmente intelligente e umano. È la precisione in persona. Adora la pulizia e l’ordine: non a caso di frequente lo si vede intento a raddrizzare gli oggetti e la sua casa è il regno delle simmetrie (con i libri ordinati rigorosamente per altezza). Per lui sono proprio le cose fuori posto a rivelare particolari importanti in un’indagine. È arrogante, pomposo, pignolo fino al grottesco e a volte pieno di sé, fino a rendersi ridicolo. A sua volta, con il suo modo di fare si prende un po’ gioco degli inglesi. Ha un’intelligenza brillante e della cosa è perfettamente consapevole. Una delle sue celebri frasi è: «Ammetto liberamente, e senza ipocrisia, di essere un grande uomo». Sente particolare partecipazione interiore per i crimini di passione, crede nel male come nella giustizia. Ha un’indole romantica e spesso nei romanzi finisce per diventare il Cupido di alcuni personaggi.
GUSTI E PASSIONI: i castelli di carte, i luoghi lussuosi e il tè. I primi, soprattutto, quando deve concentrarsi. Predilige viaggiare in treno e soggiornare all’Hotel Ritz. È un amante dell’alta cucina e dei liquori, al caffè preferisce il tè nero, le tisane e gli sciroppi. La sua colazione ideale? «Hot chocolate, with brioche».
LINGUE: inglese e francese. Spesso pensa in inglese, ma se deve esprimersi in modo più efficace usa il francese («Mon Dieu!»).
METODO D’INDAGINE: Poirot si focalizza sull’aspetto psicologico dei casi, non sugli indizi. Il suo metodo non è quello britannico di Sherlock Holmes, che si basa sulla collezione delle tracce: per lui non c’è altra analisi, se non quella della natura umana. E non ha il cuore freddo come Miss Marple: non è raro che provi compassione, sia per le vittime che per gli assassini. In questo senso si avvicina più a Maigret, il commissario nato dalla mente e dal cuore di Georges Simenon, che lo ha definito un «accomodatore di destini».
FASI D’INDAGINE: 1) l’inizio: «a little idea». Una sensazione, un’idea appunto, seguita da una lista di domande apparentemente innocue e totalmente randomiche. Le risposte a quelli che sono a prima vista inutili dettagli, conducono poi alla soluzione del caso; 2) l’indagine: spesso Poirot non disdegna di salire su un treno per seguire un indizio. Altre volte semplicemente siede, pensa e mette in moto la materia grigia; 3) il sotterfugio: lo ama e lo utilizza per trovare le svolte nei casi. Lo definisce «an artistic lie, a romantic lie, a convincing lie»; 4) lo scioglimento (dénouement): il caso giunge alla sua conclusione quando Poirot riunisce tutti i personaggi in una stanza e rivela loro la verità, che ha scoperto (alimentando così il proprio ego).
PERSONAGGIO: ex-commissario di polizia belga, si è rifugiato in Gran Bretagna durante la Prima Guerra mondiale e, ogni volta che lo si scambia per francese, precisa sempre la sua nazionalità. È ossessionato dall’ordine e dalla precisione: si spazzola cappotto e cappello prima di uscire, cura i suoi baffi in maniera maniacale, ama le simmetrie, lava i piatti e riordina. Agatha Christie lo descrive come «un omino preciso con la mania dell’ordine, della simmetria e una netta propensione per le forme quadrate piuttosto che per quelle rotonde». Ama vestirsi in maniera elegante: iconiche ghette, cappotti eleganti, cappelli a bombetta di vari colori, bastone da passeggio con impugnatura a forma di cigno, pince-nez, guanti di pelle morbidissima e un prezioso lapel vase (spilla da occhiello della giacca a forma di vaso, in cui ogni giorno mette dei non ti scordar di me freschi) presente sulla giacca dell’investigatore per tutta la durata della serie. Poirot è un bon vivant: ama le feste e le cene dell’alta borghesia londinese, andare a teatro, frequentare alberghi di lusso, viaggiare e, quando mette su peso, recarsi in centri termali esclusivi per rimettersi in forma. La serie è un inno all’art décoinglese e molte scene sono state girate in vere e proprie location storiche, come il palazzo dove risiede Poirot, Whitehaven Mansion, e un bellissimo edificio londinese, Florent Court, costruito a fine Anni ’30. Fuma le Balkan Sobranie, leggendarie sigarette dalla carta nera. Si diverte a costruire castelli con le carte da gioco e a giocare a Monopoly, con Hastings. Adora la cucina belga (cucina lui stesso per gli amici, attingendo dalle ricette di sua madre) e francese, mentre disprezza quella inglese, come emerge da questo dialogo nell’episodio L’iris giallo: Hastings: «C’è qualcosa che le piace particolarmente nella cucina inglese, Poirot?». Poirot: «Gli inglesi non hanno una cucina, hanno solo cibo». Hastings: «Mi sembra un po’ severo». Poirot: «Come la carne troppo cotta, le verdure troppo molli, il formaggio immangiabile. Il giorno in cui gli inglesi creeranno un loro vino sarà il giorno in cui tornerò in Belgio». A Poirot piace bere il tè o la tisana, che gli prepara la fidata Miss Lemon prima di dormire; a colazione adora la cioccolata calda con il croissant. Galante con le donne, non si è mai sposato; si è innamorato solamente una volta, della Contessa Vera Rossakoff, ladra di gioielli russa, che compare in alcuni romanzi ed episodi della serie, come Doppio indizio e Le fatiche di Ercole. Hercules Poirot non usa mai le armi. Unica eccezione nel romanzo finale, Sipario, in cui decide di uccidere il responsabile della morte di cinque innocenti, per evitare che colpisca ancora. Poirot ci lascia non prendendo le sue pastiglie per il cuore.
Il capitano Hastings descrive Poirot, appena giunto a Styles Court, nel primo romanzo di Agatha Christie.
«Era alto meno di un metro e sessantacinque, ma aveva un portamento molto eretto e dignitoso. La testa era a forma di uovo, costantemente inclinata da un lato. Le labbra erano ornate da un paio di baffi rigidi, da militare. Il suo abbigliamento era inappuntabile. Penso che un granello di povere gli avrebbe dato più fastidio di una ferita. Eppure, questo elegantone era stato ai suoi tempi uno dei funzionari più in gamba della polizia belga. Come investigatore, aveva un fiuto straordinario. Aveva all’attivo numerosi trionfi, essendo riuscito a risolvere i casi più complicati».
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