Lignano Sabbiadoro, il padre della ragazza abusata ha spiegato le motivazioni del suo gesto: “Volevo vederli in faccia. Poi hanno gridato aiuto”
La notizia della violenza ai danni della diciottenne a Lignano Sabbiadoro aveva provocato la reazione inaspettata del padre della giovane, che si era recato a casa dei giovani, sfondando la porta di casa. All’indomani dell’evento, l’uomo ha raccontato il motivo e le sensazioni del gesto: «Adesso la cosa più grande, la più importante è il silenzio perché il dolore è troppo. È vero, non ci ho pensato su due volte e sono partito come un missile verso quell’appartamento. Non ricordo quel tratto di strada tanta era la rabbia che provavo. Ho bussato, ho suonato. Niente. E allora ho sfondato la porta a spallate. Volevo vederli in faccia. Uno a uno. Si sono chiusi a chiave in una stanza. Li sentivo piagnucolare… Conigli. Poi hanno gridato aiuto, sì, pazzesco, loro chiedevano di essere aiutati dopo quello che avevano fatto a mia figlia. Le loro grida hanno richiamato alcuni condomini. Ho desistito, distrutto, vinto, incredulo»
Le dichiarazioni dell’uomo, riportate dal Corriere della Sera mettono in evidenza tutta la rabbia, il dolore e l’indignazioni di un padre di famiglia che ha dovuto sopportare la sofferenza di una figlia, che si è fidata dei suoi amici. Sulle condizioni della figlia, l’uomo ha dichiarato: «Mia figlia? Non lo so, ma credo stia metabolizzando quello che ha subito. Ci ha parlato, ci ha riferito. Non è stato facile per lei. Ci vorrà tempo, lo so. Per lei soprattutto, ma anche per noi. E so già che qualcuno azzarderà commenti improvvidi. Vede, la verità è che il lupo è sempre in agguato. Ed è davvero folle pensare che le ragazzine se la vanno a cercare. Si fidano, sono giovani. Erano le tre del pomeriggio o giù di lì. Cose impensabili ai nostri tempi. Io confido nella giustizia».
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Mentre sul suo gesto, questo padre spiega le motivazioni e soprattutto che non era sua intenzione farsi giustizia da solo: «Anche se sono consapevole che potrei essere denunciato perché ho violato la proprietà privata. Ma non mi preoccupo di questo. Non è nemmeno vero che avrei voluto farmi giustizia da solo. Mia figlia mi aveva raggiunto in spiaggia. Era stravolta. Mi ha raccontato, avrei voluto chiamare la polizia, ma ero senza il cellulare. Quando sono arrivate le forze dell’ordine un poliziotto mi si è avvicinato. Ero stravolto, fuori di me, disperato. Lui si è avvicinato e ha detto «mi metto nei suoi panni, capisco». Mi sono sentito meno solo, meno triste. Voglio soltanto che mia figlia… lei parla, ci parla, ma cerchiamo di non crearle ansia. Sì, confido nella giustizia».
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