La moglie di Satnam Singh: “Lovato urlava solo ‘è morto! è morto!’”

Bracciante agricolo morto a Latina, disposta l'autopsia

La moglie di Satnam Singh racconta l’incidente del marito che lo ha portato alla morte: “Lovato urlava solo ‘è morto! è morto!’”

Il Corriere della Sera riporta il verbale dell’interrogatorio che gli inquirenti hanno fatto a Soni, la moglie di Satnam Singh, il bracciante agricolo morto dissanguato in un’azienda di Cisterna di Latina. 

La donna racconta: «Il mio compito era liberare i fili in plastica delle serre dagli ancoraggi e spostare la terra per permettere la raccolta senza creare danni. Era un lavoro che svolgevamo sia io che mio marito. Quel giorno Satnam è stato invece incaricato di raccogliere la plastica dietro al trattore. Fino a quel momento Antonello aveva lavorato da solo. Quando è successo l’incidente, Antonello (Lovato, ndr) stava seduto sul trattore fermo e mentre l’avvolgiplastica era in funzione dava indicazioni a mio marito. All’improvviso ho sentito Antonello urlare e ho visto mio marito a terra, accovacciato vicino al macchinario. Ho capito che era stato trascinato all’interno dell’avvolgiplastica. Antonello urlava “è morto! è morto!”. Mio marito aveva il braccio destro tranciato e ferite a entrambe le gambe. Ho chiesto ad Antonello di chiamare i soccorsi ma lui urlava solo “è morto! è morto!”».

Al momento dell’incidente erano presenti altre due persone: «Sandra, una donna italiana regolarmente assunta, e Gora, indiano. Non ve l’ho detto prima perché ero sotto choc e spaventata di coinvolgere altre persone. Ho subito chiesto a tutti di chiamare un’ambulanza, ma nessuno ha fatto nulla. Supplicavo Gora dicendogli “tu sei mio fratello, aiutami”, ma erano tutti pietrificati. Solo dopo aver insistito, Antonello ha preso un furgone bianco e ha caricato mio marito e il braccio all’interno».

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Successivamente, invece di andare in ospedale, Lovato porta la vittima e la moglie a casa: «Sono salita anche io, nonostante fosse pieno di cassette di plastica vuote. Eravamo nella parte posteriore con gli sportelli chiusi, sono rimasta con mio marito al buio, il furgone è partito velocemente, facendo cadere le cassette vuote su di noi. Sono stati attimi di panico, urlavo nella mia lingua di chiamare un’ambulanza. Non so se c’erano altre persone a bordo. Ero sicura che mio marito fosse vivo, l’ho visto respirare, in maniera regolare e in alcuni momenti velocemente, fino a quando eravamo a casa, pur non parlando, rimanendo immobile e aveva gli occhi semichiusi. Arrivati a casa, un mio connazionale ha chiamato i soccorsi. Antonello ha lasciato il braccio all’ingresso, tra i rifiuti, fuggendo via. Il mio cellulare e quello di mio marito sono rimasti nel furgone».

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