Il traslocatore di Matteo Messina Denaro: “Io lavoro, faccio traslochi, non sono una spia”
Il traslocatore di Matteo Messina Denaro racconta la sua esperienza con il boss: “Io lavoro, faccio traslochi, non sono una spia”
In questi giorni, a partire dall’arresto clamoroso di Matteo Messina Denaro, sono tante le testimonianze di persone che lo hanno incontrato, ma erano inconsapevoli che quell’uomo affabile e di buone maniere fosse il superlatitante Matteo Messina Denaro. Tra questi ci sono i pazienti della clinica in cui il boss è stato arrestato, ma anche il trasportatore che ha fatto il trasloco a Messina Denaro.
In una intervista al Corriere della Sera, Gianni Jihed, 33 anni, di origini tunisine ma nato a Mazara del Vallo, ha raccontato la sua esperienza con il boss. L’uomo ha detto di aver ricevuto un giorno una chiamata da un uomo, molto affabile, che chiedeva un trasloco: «Non fece nomi, aveva una voce molto rilassata, disse che aveva bisogno di un trasloco a Campobello e mi mandò le foto dei mobili su Whatsapp con l’indirizzo di via San Giovanni 260».
Pochi mobili, tutti già vuoti e nessuno di lusso. Già allora c’era il magnete de Il Padrino, che Gianni ricorda bene. «Cinquecento euro, pagò in contanti alla consegna – racconta Gianni – mi disse che per la fattura mi avrebbe mandato poi i documenti e il codice fiscale che in quel momento non aveva con sé».
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Il trasloco viene fissato il 4 giugno, ma Gianni non va personalmente, perché impegnato in altri lavori. Così invia quattro operai, di cui due presi in prestito da un’altra ditta. Arriva il giorno del trasloco, ma la ditta fa qualche momento di ritardo: «Quella mattina alle 7.10 gli mandai un Whatsapp per avvisarlo che saremmo arrivati con circa 20 minuti di ritardo. Mi inviò allora un messaggio vocale che ancora conservo sul telefonino e a risentirlo oggi mi fa davvero accapponare la pelle. Stavolta la sua voce era molto infastidita, il tono sempre calmo ma completamente diverso. Disse: “L’importante è che non tardate ancora. Vi stiamo aspettando fuori…”».
Ma all’arrivo degli operai, Matteo Messina Denaro, solo, era tornato sereno e cordiale: «E poi quando è stato scoperto il covo di vicolo San Vito, uno degli operai dell’altra ditta l’ha riconosciuto in tv e l’ha detto a suo padre che è venuto subito da me. Mi ha detto: ma che hai mandato mio figlio a fare un lavoro per Matteo Messina Denaro? Era giovedì scorso, il 19 gennaio, io allora ho chiamato Mohamed e gli ho detto: guarda la tv, ma la casa del boss è quella dove voi avete portato i mobili? E quando me l’ha confermato, non ho capito più niente. Ho chiamato un mio amico avvocato, Antonio Mariano Consentino, per chiedergli consiglio e lui mi ha portato subito alla polizia che così ha trovato sul mio cellulare anche l’indirizzo del covo di via San Giovanni».
Alla domanda se ora ha paura, risponde Gianni: «Cosa dovrei temere? In questa città tutti mi conoscono, ho portato col camion aiuti in Ucraina, ho fatto un lavoro anche per Anna Corona, il nome non dovrebbe suonarvi nuovo se avete seguito il caso della piccola Denise Pipitone. Pure a Mazara 2, il quartiere più difficile, sono benvoluto. Io lavoro, faccio traslochi, non sono una spia».
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