Covid, vendita assorbenti vietata dopo le 18: il post denuncia di una 22enne

Una studentessa vuole acquistare gli assorbenti dopo le 18 ma la vendita è vietata: non sono considerati “beni di prima necessità”

E’ entrata al supermercato per comprare gli assorbenti, ma non ha potuto acquistarli dopo le 18 perché non sono considerati “beni di prima necessità”. E’ accaduto in un paesino in provincia di Lecce, dove la ragazza di 22 anni si è trovata davanti allo scaffale un cartello, che vietava l’acquisto di quel prodotto dopo le 18. Così, la studentessa, Alessia Ria, ha fatto un post denuncia su Facebook: «Siamo arrivati all’assurdo», scrive. «Non solo sono considerati beni di lusso, non solo paghiamo il 22% di Iva, ma adesso devo anche privarmi di un qualcosa di cui io e miliardi di donne abbiamo bisogno ogni mese. Che facciamo, per questa zona rossa non facciamo venire la Mestruazione? Sono senza parole».

«Con decorrenza dal 27 marzo e sino al 6 aprile 2021, tutte le attività commerciali consentite dal Dpcm del 2 marzo 2021 in zona rossa (articolo 45), chiudono alle ore 18,00, ad eccezione delle attività di vendita di generi alimentari, di carburante per autotrazione, di combustibile per uso domestico e per riscaldamento, delle edicole, dei tabaccai, delle farmacie e delle parafarmacie», recita così l’ordinanza emessa venerdì scorso dal presidente della Regione Puglia.

La ragazza ha anche aggiunto: «Sono una semplice ragazza di 22 anni che nel suo piccolo vi chiede di non stare in silenzio, di parlare sempre e cercare aiuto quando serve. Due giorni fa mi sono sentita in imbarazzo, mi sono sentita privata di un qualcosa che ho e non posso fare a meno di avere. Mi dispiace che per alcune donne questo sia una stupidaggine ma credo che nel 2021 viviamo ancora in ‘un mondo troppo asessuato, dove l’unico sesso a prevalere sia quello maschile’, come diceva Carla Lonzi». Infine chiarisce: «non ho nulla contro tutte le persone che lavorano nei supermercati, anzi, non è giusto che ancora dopo un anno di pandemia le persone debbano privarsi ancora del loro lavoro».

 

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