Caso Emanuela Orlandi, si rafforza l’ipotesi della pista inglese

Emanuela Orlandi

Caso Emanuela Orlandi, si rafforza l’ipotesi della pista inglese, di cui il fratello della giovane, Pietro, si è detto convinto

Si torna a parlare del caso di scomparsa di Emanuela Orlandi, la figlia del messo pontificio, scomparsa nel nulla nel 1983. Il fratello della ragazza, Pietro, a DiMartedì, su La7, si è detto convinto dell’esistenza di una pista inglese. Il Corriere della Sera, riporta un documento segreto, firmato “un servitore della Repubblica”, secondo cui, Emanuela sarebbe stata portata in Inghilterra, dove sarebbe vissuta per anni.

Dice il documento: «Emanuela il 22 giugno 1983, alle ore 20, è già a Civitavecchia, dove dal molo turistico viene messa a bordo di un’imbarcazione e portata  in Sardegna, ed esattamente fino alla darsena di Santa Teresa di Gallura. Questo luogo fu scelto di proposito perché in quello stretto si incrociavano i segnali radio dei radiofari italiani e francesi. Questo permetteva, a causa delle tecnologie obsolete dell’epoca, di non essere tracciati, poiché un radar creava interferenze all’altro».

Il documento continua: «Seguendo le informazioni in mio possesso posso affermare con estrema certezza che Emanuela è transitata dalla Sardegna, verso l’estero. Per questo tipo di strategia, tecnica e messa in opera, furono utilizzati agenti dormienti della sezione Gladio o SB, che con le loro conoscenze sia a livello tecnico-operativo che a livello di territorio hanno garantito un passaggio sicuro in una zona comunque attenzionata».

Inoltre, nel testo si dice la data fino a quando la giovane è stata in Inghilterra: «Fino al 2000 Emanuela Orlandi potrebbe essere stata ospite in Inghilterra “sotto protezione“ di una fondazione ecclesiastica».

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Infine: «La cosa certa è che tra il 1993 e il 2000  Emanuela è stata ospite in una casa di South Kensington, a Londra, sotto la gestione dello Ior, che ha provveduto al suo mantenimento lontano dagli affetti, con il plauso e l’appoggio del Sacro collegio per le opere misericordiose, che a quel tempo utilizzava come cassa la fondazione Nova».

Pietro Orlandi si è detto convinto della pista inglese:  «Ciò che c’è scritto in quel documento è vero, ne sono abbastanza convinto. Non è opera di mitomani. Quando fu bollato come falso, io ho continuato le mie indagini e sono entrato in possesso di documenti in cui ci sono riscontri che mi dicono che quanto c’è scritto in quei fogli è vero. Alcune persone, in contatto con personalità della Chiesa Anglicana, mi hanno detto delle cose in relazione alla presenza di Emanuela a Londra».

Poi ha aggiunto: «Non l’ho mai detto prima d’ora. Ci sono delle relazioni tra personaggi di alto livello del Vaticano e le istituzioni inglesi sulla questione di mia sorella. Prima di renderli pubblici, alla mercè di tutti, devo trovare un modo per dimostrarne l’autenticità in maniera assoluta, così da proteggerli dalle accuse di chi vorrebbe delegittimarli. Ho fatto errori in passato che non ripeterò. Spero di avere le prove per quando inizierà la commissione parlamentare d’inchiesta».

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