Hunter Biden è l’unico in vita figlio di Joe Biden. In un libro racconta il suo passato l’abisso in cui è caduto dopo la morte del fratello
La vita di Hunter Biden non è di certo semplice, ma non solo perché è il figlio del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ma per una serie di tragiche vicende familiari, che lo hanno scosso fin dall’infanzia.
Era solo un bambino, quando insieme alla madre e ai fratelli rimase coinvolto in un incidente stradale, nel quale persero la vita la madre Neilia e la sorella Naomi. Lui e l’altro fratello Beau, il maggiore, sono sopravvissuti, riportando lui una frattura al cranio e Beau la rottura di una gamba. Fu di certo un duro colpo per la famiglia Biden, ma grazie alla vicinanza del padre, dei nonni e degli zii e di tutto l’amore che potevano dare, pian piano la vita tornò alla normalità.
Ma come sempre avviene in queste circostanze, il dolore si annida nel profondo dell’animo e nel caso di Hunter è esploso nella sua potenza quando, a distanza di anni, il fratello maggiore Beau, “la sua stella polare”, muove per un raro tumore al cervello. L’episodio ha fatto riemergere in Hunter tutto ciò che fino ad allora aveva tenuto chiuso dentro di sé. Nonostante tutto, Hunter ha cercato di andare avanti, ma è bastato poco a farlo cadere nella rete delle dipendente da alcol e droghe.
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Solo l’amore del padre, che non lo ha mai abbandonato, è riuscito a non farlo perdere nell’abisso di oscurità in cui era caduto. Oggi, Hunter è un uomo nuovo, è libero dalle dipendenze e ha affidato ad un libro il racconto della sua vita. In Italia “Cose belle”, questo il titolo del volume, è pubblicato da Solferino, in cui racconta non solo i fatti della sua vita, ma soprattutto il percorso di rinascita.
Il libro, infatti, vuole essere di sostegno – come si legge sul Corriere della Sera – a quanti oggi si trovano a vivere quella che è stata la sua condizione: “ho scritto questo libro per tutte le persone che si identificano con chi si ritrova invischiato nel circolo vizioso della dipendenza. E soprattutto, l’ho scritto per dire loro che non sono soli. Che anche il figlio del presidente degli Stati Uniti ha vissuto alcune delle cose che magari loro stanno vivendo adesso. Perché credo che a tenermi intrappolato nella dipendenza fosse l’idea che nessuno mi potesse capire. Che nessuno avrebbe potuto conoscere quello che ho conosciuto io, la degradazione, il senso di vergogna e di colpa, la bieca solitudine»
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