Ex atleta di canoa e campione giovanile a squadra
Non è tutto oro quello che luccica, così come non è semplice essere atleti di alto livello. Lo racconta Fabio Andolfo, di Vigevano a Corriere della Sera.
L’ex atleta di canoa, vinse il tricolore juniores ma la vittoria non portò benefici, con tanti di delusione per la mancata convocazione agli Europei, a fine anni ’90.
«Ero diventato un clochard senza conoscere le regole della strada, non scritte ma che comunque ci sono. Ci tenevo, ci speravo, pensavo di meritarmelo – racconta Andolfo -. Ma poi la Federazione scelse altri atleti».
Mollò lo spot, nel 2011 nacque la figlia e poi dovette affrontare il divorzio.
«Non sono stati anni semplici dal punto di vista legale, così ho mollato tutto e sono andato a Cagliari».
Si sposta a Courmayeur e poi di nuovo a Milano.
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«Cercavo Simone Lunghi (l’Angelo dei Navigli di Milano, premiato con l’Ambrogino d’oro nel 2021, anche lui canoista che lo avvicinò alla canoa). Era l’unico con cui volevo parlare. Sono rimasto lì, ho dormito all’aperto. La seconda notte mi hanno rubato il telefonino. Ero diventato un clochard: dormivo di giorno perché mi sentivo più sicuro. Avevo intuito che rimanere troppo in strada significa non andarsene mai più. Ci si abitua troppo all’alienazione: non era per forza una sensazione negativa. Ma avevo comunque una figlia, dovevo rialzarmi per lei»,.
Poi si è rialzato grazie a una comunità che l’ha accolto e oggi è cuoco in un ristorante a Sestri Levante, in Liguria.