Volley, Lara Lugli: “Quando sono rimasta incinta mi sono stati chiesti i danni”

Il caso ha fatto il giro ed è diventato virale

Lara Lugli, ex pallavolista italiana con un passato anche in serie A, quando era in B1 (a Pordenone) è stata vittima di discriminazione.

Discriminata poiché rimasta incinta e quindi, secondo la società (che spiega come fosse stata inserita anche una clausola) che ha chiesto i danni, rea di essere venuta meno al suo impegno da sportiva.

Bisogna fare un passo indietro e ricordare che purtroppo, ancora oggi (anche se con i decreti sulla riforma sullo sport approvati le cose dovrebbero cambiare) le sportive e tutte le donne che praticano sport a certi livelli, per la legge non sono professioniste e quindi non hanno alcun tipo di tutela. La denuncia della giocatrice, che ha fatto il giro, è arrivata con un post su Facebook.

Anche se non sono una giocatrice di fama mondiale, questo non può essere un precedente per le atlete future che si troveranno in questa situazione, perché una donna se rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo.

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Assist, associazione nazionale atlete, ha intanto chiesto l’intervento del Governo a tutela delle donne nello sport, con una lettera al premier, Mario Draghi.

L’obiettivo è sapere: “cosa intendano fare per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli”.

Un episodio che è arrivato anche tra le pagine del “New York Times” e che – fortunatamente – ha creato una reazione a catena di indignazione. Oltre però indignarsi ora è il tempo di agire, di fare in modo che queste “sgradevoli” situazioni non succedano più.

Le donne e le atlete che tanta gloria e tanti successi portano meritano qualcosa di più, la discriminazione di genere non è più accettabile.

 

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