Un ricordo impudico di Nadia Cassini

È morta Nadia Cassini. Aveva settantasei anni, e una lunga malattia l’ha uccisa. Chi la ricorda, intendendo chi la ricorda sui media, ma anche chi la ricorda nel senso che ne conserva un ricordo, non può fare a meno di soffermarsi su un aspetto specifico del suo fisico, fatto che parlando noi oggi di una morte avvenuta per malattia in un’età che oggi come oggi in occidente non prevede certo una morte per vecchiaia, suona quantomeno singolare, se non agghiacciante. Perché parlando di Nadia Cassini, ieri come oggi, non si può non menzionare il suo sedere, considerato ai tempi, stando ai nostri media, il più bello del mondo (certo non senza qualche eccesso di stima), al punto di essere stato, sempre ai tempi, assicurato. Sì, un po’ come è successo in seguito a Kylie Minogue, prima, e Jennifer Lopez, poi, anche il culo di Nadia Cassini era finito oggetto di una polizza di assicurazione, miliardario nel suo caso, milionario nel caso delle due cantanti, ma solo perché in un caso si parlava di lire, nell’altro di dollari. Del resto Nadia Cassini, nata mica per caso in un luogo d’amore libero e decisamente rock’n’roll come Woodstock, figlia di padre tedesco e madre italiana, quindi con passaporto anche italiano, e in Italia stabilitasi dopo aver sposato quell’Igor Cassini, giornalista italo-americano di trentaquattro anni più vecchio di lei di lei, che le avrebbe donato il cognome, è diventata famosissima per aver preso parte a un numero impressionante di film erotici, quelli che sono stati parte portante della cosiddetta “commedia sexy all’italiana”, di quelli che la vedevano accompagnata da attori come Lino Banfi, dai titoli L’infermiera nella corsia del militari, La dottoressa ci sta col colonnello, L’insegnante balla… con tutta la classe, e il grande classico a episodi Io tigro, tu tigri, egli tigra. Tutti film nei quali detto lato B, siamo rispettosi della sua dipartita, era bene in evidenza, a viva Dio, e non solo quello. Un sedere talmente iconico, che brutta parola per ricordare una attrice che ha comunque lasciato un segno nella nostra cultura popolare, che quando nel volgere degli anni Settanta apparve in tv a fianco a Enrico Montesano e Lando Buzzanca, suo partner anche in diversi film, col solito sedere appena appena coperto dal sottile filo di un tanga, un solerte cittadino sporse nei suoi confronti denuncia per “simulazione di atto sessuale contro natura”. Chissà cosa avrà detto il medesimo solerte cittadino quando la nostra, sempre in quei tempi, si era prestata a un’altra gag con il solito Lando Buzzanca nel quale, in realtà a tavola, simulerà i gemiti di un amplesso, titolo dello sketch S come sesso, era quel periodo lì, quando noi italiani arrivavamo col classico gap di qualche anno alla liberazione sessuale, anche sospinti dal sedere della nostra. In realtà mai parte di scene troppo spinte, i film erotici erano giocati sul vedere, certo, ma lei si era sempre rifiutata di girare scene di sesso. Il suo successivo passaggio alla corte di Silvio Berlusconi, a Mediaset, lei si è spesso dichiarata grande amica del Mr B, con passaggi televisivi in Premiatissima o al Drive In, a vedersela con Tini Cansino, non aveva rinverdito del tutto il successo del decennio precedente, vuoi perché la televisione prevedeva anche una fluenza di parola che lei, in italiano, non aveva, vuoi per quel carattere considerato troppo irascibile per il ruolo di starlette. Negli anni di lei era rimasto più che altro il ricordo, spesso appoggiato proprio sulle immagini poco coperte del suo sedere, l’opera di rilettura intellettuale del cinema di serie B o Z da parte di Marco Giusti e di altri intellettuali a accendere tutt’altro tipo di riflettore su delle pellicole altrimenti destinate al dimenticatoio. Leggere oggi le parole addolorate di Lino Banfi, il Nonno Libero di Un medico in famiglia, a suo tempo coprotagonista proprio di parte di quel repertorio, ci lascia intendere come in fondo la nostra lettura del mondo, anche di quello immaginifico del cinema, è pur sempre patriarcale, per cui si può serenamente sdoganare chi guardava dal buco della serratura una attrice farsi la doccia, ma è sempre difficile sdoganare chi dal buco della serratura era guardato. Per questo, non solo per questo ma anche per questo, nello scrivere queste righe di ricordo, come un Quentin Tarantino che omaggia una Barbara Bouchet, giusto senza il suo successo e il suo talento, ho voluto parlare di sedere, lato b e culo, usando le medesime espressioni che oggi si leggono sui social, e soffermandomi su un immaginario certo importante, lungi da me l’idea di svilirne il ricordo, figuriamoci, ma che riconduce a una parte anatomica un’esistenza, atteggiamento non troppo differente da chi, parlando di una donna piacente, la chiama “figa”. So che anche questo mio dire può suonare spiazzante, dopo aver decantato l’indiscutibile fascino del “sedere più bello del mondo”, allestendo anche un paragone con quello di Kylie Minogue e di J Lo, complice la faccenda dell’assicurazione, eccomi qui a parlare di patriarcato, il paravento dell’aver citato Tarantino o Giusti in grado di coprirmi tanto quanto il famoso filo del perizoma ha fatto ai tempi con detto sedere ai tempi dello sketch con Montesano e Buzzanca, ma se mai avessi dovuto operare io un qualche sdoganamento di quel cinema anni Settanta, non è certo un pensiero di oggi, avrei decisamente puntato più su Nadia Cassini, Gloria Guida e Michela Miti, che su Lino Banfi e soci, la capacità e la voglia di giocare col pudore, oltre che con la propria corporeità, assai più interessante del prestarsi a macchiettistici atteggiamenti da guardoni.

Di fatto Nadia Cassini è morta a settantasei anni, e oggi, nel salutarla, è del suo culo che parlano un po’ tutti. Insegna agli angeli a guardarti dal buco della serratura, Nadia, e grazie di tutto.

PS Fossimo stati coerenti avremmo dovuto accompagnare queste parole con una foto del più volte menzionato Lato B, ma credo che le parole siano sufficientemente chiare senza bisogno di didascalie. Quelle foto le trovate comunque serenamente su Google Immagini, basta cercare.

0 Condivisioni

Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro, stand-up comedian da scrivania. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

Instagram Feed

error: Il contenuto è protetto