Tra idolatria e incomprensione: BTS e Sabrina Carpenter

È un periodo brutto per chi ama l’arte, per chi ne parla e per chi la studia.

È un periodo brutto per tutti i tipi di arte, musica, cinema, fotografia, moda, letteratura, tutte le arti.

Ma non è un periodo brutto per l’arte in sé, ma per ciò che spesso rappresenta o dietro al quale si nasconde, per ciò che il pubblico vuole e coglie, è un connubio di brutte dicotomie che si uniscono in una solo grande visione di: alienazione.

Tutto sembra circondato da un velo di alienazione, come nel film dei Simpson in cui la cittadina di Springfield viene ricoperta da una cupola di vetro, per via dell’emergenza ecologica, insomma una situazione paradossale e alienante, uguale alla nostra, ma non solo per problemi ambientali.

Ci sono stati vari eventi di questa settimana, che ora vi racconterò, che mi hanno fatto rendere conto di quanto la gente si sia distaccata da quello che vede: il ritorno dei BTS dalla leva militare e Sabrina Carpenter e la nuova foto annuncio per il nuovo album.

Entrambi questi avvenimenti, a mio avviso, portano con sé molta tristezza e inconsapevolezza, ma partirei con ordine.

Il 10 è l’11 giugno hanno fatto ritorno i membri dei BTS, RM, V, Jungkook e Jimin, terminando il servizio militare obbligatorio in Corea del Sud.

La band si è presa una pausa dal 2022 per consentire a tutti i sette componenti di adempiere agli obblighi militari previsti dalla legge sudcoreana, richiedente uno svolgimento di almeno 21 mesi di leva entro i 28 anni compiuti.

Questa storia potrebbe sembrare una storia normale, niente di grave, niente di scandaloso, nessuna dichiarazione folle, il problema però si è iniziato a verificare quando le fan, le army, hanno iniziato a guardare le live, a pubblicare video e contenuti, a raccontare l’attesa del rilascio come fosse il ritorno del loro amato dal campo scout.

Il problema è l’inconsapevolezza di cosa sia la leva militare, di cosa sia stata per loro e di che peso possa avere sulle vite dei giovani uomini sudcoreani, e di quanto influenzi la loro predisposizione al machismo, molto diffuso in Corea.

Il problema si verifica quando si inizia a minimizzare tutto, a vivere tutto con distacco, solo perché distanti fisicamente, o perché nascosti da uno schermo, non rendendoci più conto di quanto le azioni che facciamo e le parole che diciamo possano influenzare anche la visione delle vite delle persone coinvolte.

La pressione mediatica, ad esempio, la pressione musicale che gli si sta porgendo addosso, al ritorno di un periodo difficile, per fare un altro esempio, l’invasione della sfera privata in un momento delicato, per citarne un altro.

La curiosità è insita dell’uomo e anche voler far sentire la propria vicinanza alle persone che amiamo, stimiamo e che in qualche modo sentiamo vicine, il limite però è comprendere quello che vediamo e che facciamo.

Probabilmente è stato lì il problema, nessuna fan si è resa conto di cosa fosse quel momento per loro e di come tutto questo raccontarlo alla leggera e seguirlo come fosse un reality dalle nostre camerette, fosse fuori luogo e invadente.

Per questo parlo di alienazione, perché pensare a 7 ragazzi, ma in generale a migliaia di ragazzi, obbligati a fare la leva militare, a lasciare le loro vite, le loro famiglie, i loro cari, e concedersi solo a quello, e poi tornare alla realtà, cosa dev’essere umanamente?

Atroce.

Eppure nessuno si è soffermato su questo, tutti hanno pensato alla nuova musica, al loro aspetto, al rivederli e basta.

Alienante.

Alienante per il pubblico e alienante per loro stessi.

Passiamo ora a Sabrina, Sabrina Carpenter è un personaggio strano, è quel personaggio a cui noi diamo una lettura differente della realtà, e che per questo continuiamo a giustificare, osannare e difendere.

A una certa però si raggiunge un limite, che forse andrebbe analizzato, due giorni fa Sabrina annuncia il nuovo album e lo fa al solito modo suo, eclettico, provocatorio e attraverso il suo immaginario.

Attraverso uno shooting che però, a differenza del solito, questa volta non è stato preso benissimo da tutti i fan.

Per chi non conoscesse la musica e l’immaginario che porta Sabrina lei ha sempre puntato molto sul raccontarsi in maniera esplicita, senza filtri, con quella giusta dose di provocazione e leggerezza da rendercela ironica e iconica, una rivendicazione del corpo femminile e della femminilità, abbellita da abitini cortissimi, corsetti e tanti colori pastello.

Per questo il pubblico l’ha sempre amata, un vero simbolo di empowerment, ma siamo sicuri sia così?

Perché a differenza di tante altre cantanti donne che hanno giocato e usato il loro corpo come strumento e messaggio, anche politico e sociale, Sabrina non ha mai detto una parola, non si è mai espressa, mai, né nelle canzoni, né ad eventi, sui social, nelle interviste.

Quindi cosa distingue le sue azioni, le juno pose utilizzate durante i concerti, dal strizzare l’occhio a un certo tipo di pubblico, dal rivendicare un corpo femminile con consapevolezza?

Perché sappiamo bene che la differenza tra queste due cose c’è.

E siamo certi che l’utilizzo del corpo sia sempre un bene alla finalità? E alla lotta femminista?

Mi sono sempre interrogata su questo dilemma del personaggio in questione, ma non ero mai arrivata a una conclusione, finché non ho visto la nuova foto per l’album.

Con riferimenti espliciti alla sottomissione, a Lolita, alla sfera dell’infantilizzazione sessualizzata e al richiamo dei due ruoli.

Lei piegata a novanta con un uomo che le tira i capelli e una targhetta per cani con scritto “il migliore amico dell’uomo”, paragonando la donna a una catena.

So adesso cosa penserete, “ma era ironica”, all’inizio l’ho pensato anch’io, ma poi mi sono resa conto che non c’erano evidenti richiami all’ironia da parte di Sabrina, da nessuna parte, in nessuna occasione, e che se portati con ironia, questi messaggi vanno richiamati, soprattutto visto il periodo che la donna vive, soprattutto in America.

Quindi vi chiedo, in che modo questa immagine aiuta la donna?

In che modo questa figura sessualizzante, e legata alla sfera dell’infanzia, aiuta le donne?

In che modo un richiamo a Lolita aiuta la donna?

Il contesto e la lettura delle immagini è importante ed è anche una delle cose più complesse da saper fare, soprattutto nell’arte, per questo temo la non riuscita comunicativa  di questo personaggio, per questo temo quella fotografia.

Vedere il pubblico diviso in due, tra chi la adorava, come sempre, e chi la criticava aspramente è stato alienante.

Ancora alienazione, alienazione da parte di chi, per puro legame affettivo a un cantante, non riesce a fare una lettura approfondita di quello che vede, di quello che viene comunicato, consapevoli di quanto immagini e parole possano alimentare stereotipi legati al genere, ad esempio.

Lo so, oggi sono stata solo nefasta, e principalmente nei confronti del pubblico, ma credo nella regola del bastone e carote, credo che il pubblico vada educato, e credo che spesso il pubblico sia incosciente.

L’alienazione è un problema evidente della nostra società, probabilmente anche alimentato dai social che creano distacco, ma spero che più si vada avanti, più aumenti la capacità di interpretare le situazioni, di analizzare, di conoscere, e di prendere posizione ma a seguito di un ragionamento e non per una tifoseria da stadio che non porta a nulla.

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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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