Simona Cinà, il ricordo straziante dell’amica: “Avrei voluto restare un po’ di più”

Le parole dell’amica del cuore
Arriva da Facebook un pensiero fatto di dolore e rabbia di Francesca Evola, amica del cuore di Simona Cinà, la pallavolista trovata morta nella piscina di una villa a Bagheria, durante una festa di laurea. Le due ragazze avevano trascorso insieme la serata fino all’una di notte. Poi Francesca era andata via col fidanzato, mentre Simona era rimasta.
«Ci ho messo un po’ a trovare il coraggio, ma per te questo ed altro – scrive Francesca – Ho letto tanto in questi giorni e continuo a leggere. Troppo. Gente che parla senza sapere, che ti accusa, che finge di conoscerti, che ipotizza chi tu sia stata, come ti comportassi. Gente che si permette di commentare, di puntare il dito, di giudicare. Gente priva di sensibilità, che ha deciso di riversare la propria ignoranza su chi, come me, ti voleva bene davvero».
Una reazione dura, rivolta a chi ha insinuato che Simona si sia sentita male perché ubriaca.
«È stato come essere colpiti due volte. Prima da una realtà che non vogliamo accettare. Poi da persone che non hanno nemmeno il rispetto di tacere. E giuro, ho voglia di spaccare la faccia a tutti, di rispondere a ognuno di loro, uno per uno. So che starai ridendo ora, lo so. Mi diresti di fregarmene, di lasciarli parlare. Hai ragione, ma ora, voglio solo dire una cosa. A chi ha parlato troppo. A chi ha cercato colpe. A chi ha messo in discussione l’affetto, la vicinanza, l’amore. A chi ha analizzato i tuoi post come se fosse un puzzle da risolvere. A chi ha buttato tutto sull’alcool, sulla superficialità, sull’apparenza. Vi dico una cosa sola: dovete TACERE».
Poi l’amica di Cinà continua: «È stato tutto così inaspettato. Impossibile. Il mio cervello rifiuta di accettarlo. Non riesco a pensare di arrivare al Gala e non trovarti lì, magari a dormire sul divano, o a studiare fisiologia nella speranza di riuscire a dartela, o a mangiare le tue gallette. Non riesco a immaginare Capaci senza di te, senza i tuoi occhi accecati dal sole mentre giocavamo a beach (ti ostinavi a voler giocare senza occhiali). Non riesco a concepire un’estate senza le nostre tappe, senza i nostri piani, senza le nostre avventure da condividere. Eri piena di vita. Ma davvero. Non è una frase fatta. Eri energia pura, movimento, risate, progetti, idee. Eri una di quelle persone che riempiono i posti in cui stanno. Che se non ci sono, si sente. E ora si sente. Ovunque».
Infine la rabbia, quella che accompagna ogni lutto improvviso, quella che cerca risposte nel vuoto.
«Rabbia. Tanta. Che prende il sopravvento ogni volta che chiudo gli occhi. Rabbia per non averti più. Rabbia per non poter fare più niente. Rabbia per chi ha voluto trasformare una tragedia in uno spettacolo da commentare. Rabbia per chi ha cercato colpevoli tra chi ti voleva bene, tra chi ti era accanto ogni giorno. E rabbia anche con me stessa. Perché non faccio altro che chiedermi: “E se fossi rimasta un po’ di più? E se avessi notato qualcosa? E se…?” Ma non ci sono risposte. Solo silenzi».