Shoah, Helga Schneider sulla madre: “non posso perdonare quello che ha fatto alle donne ebree”
Shoah, Helga Schneider sulla madre: “non posso perdonare quello che ha fatto alle donne ebree” nei campi di sterminio
Helga Schneider è una scrittrice tedesca naturalizzata italiana, che con la sua attività letteraria ha contribuito a far conoscere l’orrore della Shoah. La storia di Helga si lega a quella della madre, una convinta nazionalsocialista che diede il suo contributo attivo allo sterminio, lavorando presso il campo femminilo di Ravensrück e poi ad Auschwitz-Birkenau.
Su quel periodo racconta Helga in una intervista a Vanity Fair: “io ero una bambina, e ciò che avevo subìto del nazismo e della guerra erano la fame, la paura delle bombe e un’infanzia rubata. Solo crescendo avevo capito che cosa fosse la dittatura di Hitler e la drammatica realtà della Shoah. È palese che sono fermamente contro il nazismo, fermamente contro il regime criminale di Adolf Hitler e il suo perverso odio nei confronti degli ebrei”.
Helga si separa molto presto dalla madre e quando la ritroverà molti anni dopo, scoprirà una tragica verità: «No, purtroppo mia madre non si è mai pentita, è rimasta una nazionalsocialista fino alla fine dei suoi giorni, convinta di essersi trovata allora dalla parte giusta. Mi aveva detto che, prima di cominciare a fare la guardiana, aveva fatto una specie di corso di desensibilizzazione psicologica per poter reggere alla violenza e alla crudeltà usata nei campi di sterminio. Ma dico: questa specie di lavaggio del cervello non le aveva fatto capire qualcosa? No, mia madre non si è mai sognata di chiedere scusa a nessuno». Poi aggiunge: «Molti mi hanno chiesto se sono riuscita a perdonarla. Io posso perdonare quello che ha fatto a me, a mio fratello e a mio padre, ma certo non posso perdonare quello che ha fatto alle donne ebree ad Auschwitz».
Leggi anche: Sanremo, Amadeus annuncia l’intervento di Zelensky e scoppia la polemica
Sul ruolo della memoria dice Helga: «Ricordare fa male. Dopo i molti libri che ho pubblicato sulla storia di mia madre e sulla dittatura di Hitler, sì, avrei voluto dimenticare il passato, ma non ci riesco, tanto più che ho appena finito un libro dal titolo Nordendstrasse 67 my life. È l’indirizzo della casa in Berlino dove era nato mio fratello e dove ho vissuto i primi anni con la mia vera madre. Come vede, sono sempre daccapo».
Le conseguenze della storia di Helga sono tuttora amare e non riguardano solo la memoria, ma anche il presente. L’aver avuto una madre che torturava le donne ebree ha oggi delle conseguenze sulla vita privata e sul rapporto con il figlio. Racconta Helga sempre a Vanity Fair: «Purtroppo questo è un discorso amaro. Il nostro è un rapporto inesistente. Lui ha preso totale distanza dalla mia storia, e dalla mia vita, non ha mai accettato che mia madre fosse una criminale di guerra, come se vedesse in me qualcosa di lei, come se si vergognasse delle sue radici. Mio figlio ha preferito cambiare nome e cognome, non vuole avere nulla a che fare con me. Mi sento impotente dinnanzi ai suoi muri. Per il resto, questa è stata la mia vita».
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.