Spegne oggi 80 anni
Spegne oggi, 16 dicembre, 80 candeline Santo Versace che ha parlato a Corriere della Sera.
«Ero il primogenito per un po’ siamo stati da soli io e Gianni. Poi è nata Donatella: i nostri genitori la chiamarono così perché era un dono. Due anni prima era morta la nostra sorellina Tinuccia. Mia mamma pregava e piangeva tutti i giorni: finché non arrivò Donatella…».
Parla così della nascita del marchio Versace, nel 1976
«Eravamo pieni di entusiasmo, siamo detti: “se abbiamo fortuna faremo meglio di Saint Laurent”. E così è stato. L’unione è stata la nostra forza: Karl Lagerfeld era un amico di Gianni, un genio assoluto, prima con Fendi e poi con Chanel, ma mai per sé stesso. Da una parte c’era Armani, con il suo stile, dall’altra la fantasia di Gianni. Quando Armani perse Sergio Galeotti, che aveva fondato con lui il marchio, si sentì senza un appoggio. Dietro le quinte di Gianni c’ero io».
Sul fratello ricorda: «Io e mio fratello non avevamo segreti, parlavamo di tutto. Poteva succedere che mi lamentassi per le spese un po’ pazze, come le splendide dimore e i Picasso. Tra le spese pazze anche quelle per le modelle».
Poi su Donatella: «È mia sorella, le voglio bene. Mi ha inviato 100 rose bianche per il compleanno. In un certo senso le ho fatto anche da padre: nel suo libretto delle giustificazioni del Ginnasio c’era il mio nome e cognome, le firmavo io. Le sono rimasto accanto un po’, oggi mi diverto di più a stare vicino ai fragili con la nostra Fondazione».
Santo Versace parla della dolorosa perdita di Gianni: «Uno shock: eravamo a Roma, non ci credevo. Solo quando arrivai a Miami e toccai la sua testa insanguinata mi resi conto di tutto…».
Inizia così una nuova fase della sua vita: «Una vita in difesa: fino al giorno prima discutevamo della fusione con Gucci, dopo il delitto di Miami le banche d’affari ci davano per falliti e dovevamo persino respingere le accuse di mafia».
Racconta che per un periodo: «nel weekend, andavo nella villa di Moltrasio e dormivo nel letto di Gianni. E di notte ero in preda agli incubi, gridavo: “Gianni spostati”. Avrei voluto parargli il colpo fatale».
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