«Rita Atria non si è suicidata»: chiesta la riapertura delle indagini per la «settima vittima di via D’Amelio»
Rita Atria: l’inchiesta a distanza di 30 anni dalla sua morte potrebbe essere riaperta. La giovane di 17 anni raccontò al giudice Paolo Borsellino i segreti della mafia
Rita Atria è caduta da una finestra del settimo piano di una palazzina a Roma. La sua morte fu archiviata come «suicidio». Adesso a distanza di trent’anni da quel 26 luglio del 1992, una settimana dopo la strage di via D’Amelio, dove morirono il giudice palermitano e la sua scorta, l’indagine potrebbe essere riaperta.
«Non ci sono prove che Rita Atria si sia suicidata, tutt’altro. Fino a quando non ci dimostreranno che si è tolta la vita, per noi Rita sarà semplicemente morta in circostanze da chiarire». Lo dice Nadia Furnari, co-fondatrice dell’Associazione antimafia intitolata alla testimone di giustizia 17enne.
Intanto in questi giorni arriverà nelle librerie il libro Io sono Rita – Rita Atria: la settima vittima di via D’Amelio, edito dalla Casa editrice Marotta & Cafiero proprio in occasione del trentennale della sua morte. Si tratta di un’inchiesta della giornalista del Tg1 Giovanna Cucè, di Graziella Proto, attivista antimafia e fondatrice della rivista Casablanca / Le siciliane, e di Nadia Furnari.
Furnari intervistata da Vanity Fair parla della giovane ragazza. Chi era Rita Atria? «Una ragazzina di 17 anni molto sveglia, di una intelligenza rara, che dopo la morte di suo padre e suo fratello svela a Paolo Borsellino e ai magistrati siciliani i segreti delle famiglie mafiose di Partanna, in provincia di Trapani, e gli intrecci tra mafia e politica. Cresciuta in un ambiente mafioso: suo padre è il boss di Partanna, don Vito Atria, ucciso in un agguato, e suo fratello Nicola fa la stessa fine del padre. Rita vuole studiare, sua madre incredibilmente accetta di farle frequentare una scuola a Sciacca, prende per lei in affitto una stanza. Ma, al posto di andare a lezione, a un certo punto Rita va di nascosto dai carabinieri a raccontare quello che sa».
Con il giudice Borsellino avevano instaurato un rapporto di fiducia come padre e figlia:
«Lui la tratta come una figlia. Rita ha solo 17 anni, scopre che c’è un mondo fuori dalla mafia, si affeziona a quel magistrato che considera quasi come un padre».
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