Più separazioni dovute al lockdown: la causa? Sono i tradimenti, anche virtuali. Lo studio Minolfi spiega cosa fare
In un’intervista su Novella 2000 viene interpellato lo studio Minolfi&Minolfi di Milano su come affrontare le separazioni dal coniuge
Il lockdown ha fatto scoppiare più coppie a causa della convivenza forzata 24 ore su 24. I numeri parlano di un’impennata di separazioni rispetto al 2019: il 60% secondo l’Associazione nazionale divorzisti, del 30% per l’Associazione avvocati matrimonialisti. Tra le cause, quella principale è l’infedeltà (anche virtuale), che si attesta al 40 per cento.
“Sono aumentate tantissimo le richieste di separazione dovute principalmente alla convivenza forzata che è poi la fonte di tutti i problemi principali che ci sono all’interno di una coppia”, aveva spiegato a fine gennaio scorso all’ANSA Matteo Santini, avvocato e presidente dell’Associazione nazionale avvocati divorzisti e direttore scientifico Centro Studi ricerche diritto alla famiglia e minori. “Un conto è condividere i weekend e le sere – ha spiegato l’avvocato – un conto è condividere l’intera giornata con tutti i problemi relativi all’emergenza sanitaria: stress sanitario per la malattia, mancanza di lavoro, convivenza con i figli con le difficoltà connesse alla didattica a distanza. Questo comporta un’esplosione emotiva che porta al desiderio di allontanamento e alla richiesta di separazione”.
Intanto i Comuni di tutto il Paese stanno registrando un aumento delle richieste di annotazione sugli atti di matrimonio di separazioni dei coniugi. E i Tribunali segnalano di non riuscire a smaltire i ricorsi che arrivano sulle scrivanie dei magistrati relativi a unioni naufragate con il lockdown.
Tre le strade garantite dall’ordinamento giuridico relative ai conflitti amorosi: separazione di comune accordo, negoziazione assistita e separazione tradizionale.
Nel primo caso, ovvero separazione di comune accordo, in assenza di figli minori o maggiorenni incapaci o portatori di handicap gravi o economicamente non autosufficienti, i due ex futuri coniugi possono rivolgersi al Comune di appartenenza o quello dove è stato celebrato il matrimonio. In questo caso non è necessario rivolgersi ad un avvocato. L’avvio dell’iter amministrativo si conclude dopo circa 30 giorni, in cui il sindaco o l’ufficiale dello Stato Civile emanerà il provvedimento di separazione.
Poi, per quanto riguarda la negoziazione assistita prevista dal D. L. n. 132/2014, si svolge in presenza degli avvocati e consiste in un accordo raggiunto dai coniugi in sede stragiudiziale senza l’intervento di un giudice.
Infine la separazione tradizionale: questo tipo di separazione può essere consensuale o giudiziale, quando non sia possibile arrivare ad un accordo ed è il giudice in quest’ultimo caso a decidere su tutti gli aspetti sia patrimoniali che non. Per esempio, l’affidamento dei figli minori, a quanto ammonta l’assegno di mantenimento e la casa coniugale.
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