Patrizia Reggiani: “Ho fatto ammazzare Maurizio per stizza”

Intervistata dal Corriere della Sera Patrizia Reggiani racconta i dettagli dell’incontro con Maurizio Gucci, dei momenti vissuti in cella e poi il pensiero della sua morte

Mandante dell’assassinio dell’ex marito Maurizio Gucci, Patrizia Reggiani ripercorre le tappe del suo passato. Dell’incontro con Maurizio Gucci racconta al Corriere della Sera: «Ci trovammo a uscire in quattro. Io e il ragazzo con cui flirtavo, e una mia amica che faceva lo stesso con Maurizio. Andavamo al Nephenta, in piazza Diaz, e negli altri migliori locali di Milano. Ho sempre adorato far tardi e, di conseguenza, svegliarmi tardi. In sincerità lo facevo anche in carcere. Comunque: dopo le iniziali uscite a quattro, trascorsero dei giorni, delle settimane. Ci divertivamo un mondo. Cene, feste, eventi… Seppi dall’amica che Maurizio mi aveva messo gli occhi addosso, fin dall’inizio, e che a un certo punto lei si era arresa, lasciandogli il campo libero. Soltanto che io non mi ero accorta di un bel niente. Quei suoi occhi sembravano quelli di un pesce lesso, e comunque ero la regina di Milano, insomma, bisognava andarci piano con me… Quando quel quartetto si sgretolò, perché le due coppie sparirono in virtù della creazione di una sola – quella formata da me e Gucci – e iniziai a stare con lui, per prima cosa lo portai dal parrucchiere. I capelli con la brillantina non si potevano vedere. Per la verità, nemmeno un dente mezzo rotto che aveva sul davanti».

Poi ammette che non fu un colpo di fulmine, ma poi «è stato amore, grande amore. Senza dubbio». Poi i ricordi si spostano alla fine del rapporto quando degli amici si “sono messi in mezzo”: «Siamo stati una bella coppia. Fin quando si sono messi in mezzo dei suoi amici. Hanno fatto gruppo contro di me e lì è iniziata la rovina. Una costante opera di isolamento».

Le viene chiesto se l’amore si è trasformato in odio, ma non è stato così: «Nessun odio. Io non odiavo Maurizio. Non l’ho mai odiato. È stata stizza, la mia. Mi stizziva. Andavo dal salumaio e domandavo se conoscesse qualcuno che ammazzava la gente. Pensare che anni prima, avevano assassinato un conoscente di Maurizio e ci trovammo a parlarne. Eravamo alle Galapagos. Io ripetevo – e non mentivo – che non ne sarei mai stata capace. Mai».

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Poi il delitto: è la mattina del 27 marzo del 1995 quando alle 8.30 Maurizio Gucci esce di casa per raggiungere l’ufficio che è poco distante dalla sua abitazione. Gucci sale i gradini dell’atrio del palazzo di via Palestro al civico 20, ha giusto il tempo di salutare il portiere quando viene raggiunto da un uomo all’interno della portineria che lo uccide con quattro colpi di pistola. Numerose le ipotesi avanzate sul perché dell’omicidio. Sono stati presi in considerazione anche gli affari in cui era coinvolto l’uomo, erede di uno dei più famosi marchi di moda al mondo.

Per arrivare al mandante di questo omicidio ci sono voluti due anni di indagini. Due anni per trovare le prove che Patrizia Reggiani fosse la mandante dell’assassinio di via Palestro. Attorno al nome della Reggiani, campeggiano altri nomi: Ivano Savioni, portiere d’albergo, che si è vantato di essere coinvolto proprio nell’omicidio dell’ex marito di Patrizia Reggiani. Il nome di Pina Auriemma, con il quale Savioni aveva dei legami, nonché amica e confidente di Patrizia Reggiani.

Il carcere, i permessi premio: «Quando ho iniziato a usufruire dei permessi premio, non vedevo l’ora di tornare in cella. Stare fuori mi spaventava. Mi spaventavano, come dire, le molteplici complicazioni nella gestione della mia esistenza successive alla cattura e alla detenzione… Dentro, in prigione, mi sentivo al sicuro».

E poi il pensiero alla morte: «Sono divorata dalla curiosità di sapere come possa essere».

 

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