Papa Francesco festeggerebbe il 25 aprile

Il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista.

Questa frase da anni è diventata un motto per l’Italia, e io ci leggo solo tanta verità.

Il 25 aprile per l’Italia è la festa più importante, anche più della festa della Repubblica, più del Natale, più della Pasqua, il 25 aprile rappresenta in tutti i sensi la nostra libertà.

E già solo il mio poter scrivere questo articolo lo devo al 25 aprile.

Per questo, indipendentemente dal proprio orientamento politico, ho sempre trovato assurdo vedere gente contraria a questa ricorrenza, non sentirla, non viverla, non festeggiarla, perché in un certo senso se può permettersi di opporsi, lo deve proprio a questa giornata, che permette anche ai cretini di poter dire la loro.

Gente però, come la nostra presidente del consiglio e il nostro presidente del senato, non la vivono così, e lo hanno sempre dichiarato, apertamente, ma quest’anno, nella sfortuna, a loro è andata bene, inserendo il lutto nazionale per ben 5 giorni, andando a colpire (guarda un po’ te) anche il 25 aprile.

Insomma, coincidenze, potrete dire, ma io non credo.

Quando morì Giovanni Paolo II, anche lui Papa molto sentito, sicuramente più di Papa per alcune fazioni (tra cui la loro), i giorni indetti di lutto nazionale furono 3, questa volta, pur di alimentare lo scontro tra schieramenti, manco fosse una partita di calcio, che questa giornata porta con sé, i giorni sono diventati 5.

Cinque giorni.

Tutto pur di ostacolare la voce di chi nella libertà ci ha creduto e ci crede davvero.

La verità è che il 25 aprile mette paura, mette paura a chi non ha la capacità di vedere il mondo non solo come due colori, ma una sfumatura immensa di Bianchi e di Neri, rendendo omaggio anche a chi, per riunificare il nostro paese, magari oggi non c’è più.

Ed ecco che tutto diventa divisivo, i programmi che guardiamo, i vestiti che indossiamo, la musica che ascoltiamo, e ogni singola cosa sembra possa o schierarsi da un fronte o dall’altro.

Così il 25 aprile ha perso il suo significato e anche il suo scopo, ritornando a dividerci, anziché unirci.

Io credo fortemente che il Papa sia stato, in parte, una figura progressista, dirompente e utile per aprire le vedute della chiesa sul mondo, e proprio per questo credo che sia doveroso indire il lutto nazionale.

Trovo però, anche, doveroso lasciare festeggiare il 25 aprile, perché proprio nel momento in cui iniziamo a non sentire più, le persone possono approfittarsi della nostra scarsa memoria e sordità.

Quando ho visto, nel 2024, La zona d’interesse al cinema, durante la scena finale, in cui i lavoratori pulivano il museo di Auschwitz con gesti freddi e meccanici, ho iniziato a pensare a quanto possiamo distanziare certe storie, se non ci toccano da vicino, o se temiamo possano farci troppo male, possiamo tenerle alla larga da noi.

Riducendo il tutto a una recita, a degli oggetti esposti a un museo, alle solite due testimonianze che ormai tutti sappiamo a memoria.

Tutto diventa asettico, un teatrino montato ad hoc, e possiamo ritrovarci a pensare sia una cosa come un’altra.

La dittatura però si infila proprio in queste fratture, nelle orecchie di chi non vuol sentire, nelle menti di chi non vuole ricordare e nella voce di chi non sa da che parte stare.

La dittatura aspetta i momenti di buio comune, aspetta di vedere un popolo che non si sente più unito, che non si sente rappresentato, che si sente abbandonato.

E l’Italia, ha il brutto vizio, di voler qualcuno che gli dica cosa fare, che gli dica che il colpevole è qualcun altro e che le colpe non sono complessive, ma c’è un nemico da combattere.

Ecco perché un giorno come questo oscurato a me fa terrore.

Perché è un passo per finire del tutto nel baratro della lobotomia comune.

Chiedendoci domani cosa avremmo potuto fare di più, se davvero un giorno di lutto per il Papa sia necessario in un momento di ricordo come questo.

Io temo di no.

E temo anche che Papa Francesco non avrebbe apprezzato tutto ciò.

Non rispecchiava i suoi valori.

Proprio per questo il 25 aprile io lo festeggerò, perché è una festa e va festeggiata, e proprio per questo voglio invitarvi a fare lo stesso, a non dimenticare.

Voglio lo facciano le maestre, voglio lo facciano i giornalisti, voglio lo facciano i parroci, voglio lo faccia ogni personaggio che possa essere un punto di riferimento, una voce, un esempio, perché chi ha questa possibilità deve sfruttarla al meglio.

Domani mangiate, brindate e magari guardatevi “La zona d’interesse”, che ora trovate sulle piattaforme a disposizione, magari poi parlatene con qualcuno, i vostri figli, il vostro compagno, un amico, qualsiasi persona possa aiutarvi a ampliare il vostro punto di vista.

Il 25 aprile non deve essere divisivo, anzi, deve servirci a capire che la soluzione non è farsi in cocci, ma utilizzare la tecnica giapponese Kintsugi, ovvero riparare con l’oro.

Anche dai cocci rotti può rinascere qualcosa, magari pure più bella di quella di prima.

L’Italia al momento ha bisogno di essere riparata e questo deve ripartire proprio da qui, dal 25 aprile.

Festeggiate, opponetevi, non è stando zitti che omaggerete il Papa, ma è gridando ancora più forte.

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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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