Mostro di Firenze, depositati i faldoni per riaprire il caso. I depistaggi, le carte e i retroscena

Mostro di Firenze, i delitti compiuti tra il 1968 e il 1985 sarebbero opera di un solo serial killer «e sicuramente Mario Vanni non c’entra nulla». Lo affermano  gli avvocati Valter Biscotti e Antonio Mazzeo che assistono Paolo Vanni, il nipote del postino di San Casciano deceduto a 81 anni nel 2009

Sono stati depositati i faldoni con le nuove prove raccolte per riaprire il caso. «Non è compito nostro dire chi potrebbe essere stato – dicono gli avvocati che assistono Paolo Vanni, nipote del postino di San Casciano morto nel 2009 – ma il nome del killer è nelle carte» e «potrebbe avere goduto di depistaggi fatti da chi indagava negli anni ’80». La parola adesso spetterà alla Corte d’Appello che chiederà tutti gli atti ai colleghi toscani per poi fissare un’udienza a porte chiuse e decidere la riapertura del caso. Nel caso accogliesse la riapertura, sarà fissata una nuova udienza.

Con l’appellativo “Mostro di Firenze” viene indicato uno o più responsabili degli otto duplici omicidi che si verificarono  tra il 1968 e il 1985, le vittime erano coppie appartate nelle campagne fiorentine. “Negli anni ’90, l’inchiesta portò alla condanna di Mario Vanni e Giancarlo Lotti, ma Pietro Pacciani, inizialmente condannato, fu assolto in appello” riporta Leggo che aggiunge: “nonostante le condanne, non furono mai trovate prove fisiche concrete né l’arma del delitto. Le indagini, anche su possibili moventi esoterici, non portarono a riscontri definitivi. Il caso rimane irrisolto”.

Alla base degli omicidi, c’era un rituale: “prima veniva ucciso l’uomo, poi la donna, che subiva mutilazioni e ferite inflitte con un coltello. Le vittime maschili spesso erano anche ferite post-mortem. Gli omicidi si svolgevano in luoghi appartati come strade sterrate o piazzole boschive nelle vicinanze di Firenze” spiega Leggo.

Da qui le indagini che portarono all’identificazione di due colpevoli, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, che furono condannati nel 2000 rispettivamente all’ergastolo il primo e a 26 anni di prigione il secondo. Mentre un terzo, Pietro Pacciani, fu assolto in appello e morì prima di un nuovo processo.

 

 

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