La vita stupisce: ho visto i Modà a San Siro e mi è molto piaciuto

Avresti detto mai che saresti andato a un concerto dei Modà?”

La domanda posta come incipit di questo mio pezzo è una domanda reale, e me l’ha posta mia figlia mentre stiamo entrando a San Siro, la sera del 12 di giugno 2025, in compagnia di altre cinquantaseimila persone e per vedere un concerto dei Modà. Ovviamente è una domanda retorica, la cui risposta altrettanto ovviamente è: no. Non me lo sarei mai immaginato, o almeno non me lo sarei mai immaginato fino a qualche mese fa, che ci sarei venuto è una questione di cui ero ben consapevole sin da quando il concerto è stato annunciato, anzi, a dirla tutta anche prima che venisse annunciato. E non per questioni di preveggenza, è noto, credo che non ne azzecco mai una, e se mai avessi doti di preveggenza ora sarei altrettanto accaldato che qui, in casa, con un imbianchino che sta tinteggiando camera mia, a pochi passi da dove sto scrivendo, ma ai Caraibi, in infradito e pareo, i delfini a danzare a qualche metro da me, in mare. Ne ero consapevole perché ho saputo di questo concerto prima che questo concerto fosse annunciato, in fondo è il mio mestiere sapere le cose in ambito musicale, e è il mio mestiere non rivelarle prima che vadano rivelate, non sono un giornalista e non faccio scoop, e se vengo a sapere certe cose prima che siano annunciate è perché gli artisti o gli addetti ai lavori, più spesso gli artisti ché a molti addetti ai lavori il mio dire esattamente quel che penso sta sul culo, me le dicono, contando sul fatto che io poi non le riveli prima del tempo. Così è andata per il concerto si San Siro dei Modà, un ritorno dopo un sacco di anni, con in mezzo un buco nero, quello esistenziale di Kekko, che dei Modà è leader e autore delle canzoni, oltre che in parte professionale della band tutta, una serie di vicende di cui, proprio perché sto entrando a San Siro con cinquantaseimila persone per vedere un concerto dei Modà, direi che si può anche fare a meno di parlare, ormai. Il motivo però per cui mia figlia mi pone questa domanda, retorica, domanda a cui il mio essere qui con lei risponde in maniera perentoria con un “No, ma eccoci qui”, è che nel corso della loro carriera, e della mia, mi è spesso capitato di scrivere dei Modà, spesso ma non spessissimo, certo, e quando ne ho scritto è stato spesso, diciamo praticamente sempre fino al loro ritorno a Sanremo nel 2023, con toni negativi. Scrivo molto, nel senso che scrivo molti pezzi e che i pezzi che scrivo sono anche molto lunghi, credo che se siete tra quanti mi leggono ne abbiate coscienza, e al tempo stesso sono dotato di una memoria piuttosto selettiva, una memoria che mi fa ricordare un sacco di cose utili per il mio mestiere, titoli di dischi, date, fatti, ma mi fa dimenticare un sacco di altre cose, cose per le quali fortunatamente ho l’aiuto della rete, tipo i testi delle canzoni, dovessi fare un karaoke sarei presumibilmente una frana, e soprattutto mi fa rimuovere piuttosto velocemente quel che scrivo. Non ricordo quasi mai i pezzi che scrivo, il che potrebbe anche essere un problema, perché a volte mi capita di avere un’idea che mi sembra geniale ma che mi lascia non so perché perplesso, così provo a indagare e scopro che è un’idea che ho già avuto, una frase, una immagine, una soluzione narrativa. Nel periodo in cui scrivevo spesso di animali per descrivere il mondo della musica, di lì il progetto Bestiario Pop nelle sue multiple esternazioni, mi è capitato più volte di dover rivedere dei pezzi perché parlavo di animali di cui avevo già parlato. Non credo sia una questione strettamente legata alla memoria, a dirla tutta, più al fatto che in genere non mi rileggo, quindi non ricordo di cosa o parlato, o meglio, come ne ho parlato, in che modo. Che ho spesso scritto in negativo dei Modà lo so bene, non ricordo che immagini ho usato, ma il giudizio che esprimo mi è ovviamente ben chiaro, ma a ricordarmelo ci ha pensato direttamente Kekko le prime volte che ci siamo visti. La prima in assoluto è avvenuta a Sanremo, nel 2023, nel luogo dove facevo le interviste con mia figlia, sempre lei. Seduto di fronte a noi per presentare Lasciami, brano nel quale raccontava la sua depressione senza girarci troppo intorno, per altro dimostrando che ci sono anche altri che hanno problemi con la memoria, perché quest’anno, sempre a Sanremo, c’era Fedez che presentava una canzone che usava esattamente la medesima idea, parlare alla depressione come fosse una donna di cui si è innamorati ma anche vittima, seduto di fronte a noi per presentare Lasciami Kekko ci ha detto più o meno tutti gli articoli che nel tempo ho dedicato ai Modà, con tono anche piuttosto divertito. Esperienza singolare, avere di fronte qualcuno di cui hai scritto in maniera tagliente che te lo dice col sorriso in bocca, lo dice uno che nel tempo ha avuto un sacco di scazzi e di conseguenti shitstorm da parte dei fan di coloro di cui ha scritto, esperienza che mi ha subito fatto stare simpatico Kekko. Da lì, non certo per una mera questione di senso di colpa, quello che scrivo è in genere il frutto di quello che penso, io e Kekko abbiamo continuato a stare in contatto, fino a che non mi ha invitato a andare a sentire le canzoni del nuovo album, quando il nuovo album era ancora lì da uscire, e mi ha raccontato di questa cosa che forse ci sarebbe di nuovo stato un concerto a San Siro e anche un Sanremo, e eccoci qui. Nel mentre, appunto, il passaggio al Festival, con Non ti dimentico, brano evidentemente molto apprezzato dal pubblico a casa, la canzone è arrivata quinta nella classifica del televoto, non altrettanto in quella di gradimento degli addetti ai lavori, ultima sia per la Sala Stampa che per le Radio e Tv. Non dovrei star qui a parlarne, questo pezzo parla del concerto che il 12 giugno 2025 ha visto i Modà tornare allo stadio Meazza di San Siro, cinquantaseimila spettatori paganti, e so che dire questo suona ovvio e scontato, ma è noto come in questi giorni ci siano tanti concerti da queste parti e molti di questi concerti siano frutto di campagne di svendita totale, biglietti dati a dieci euro, più spesso proprio regalati, mentre i cinquantaseimila dei Modà sono cinquantaseimila veri, gente che si è comprata il biglietto a ridosso dall’uscita dei medesimi sulle piattaforme di vendita, e che poi canterà in coro ogni singola canzone, entusiasta, la faccenda dei finti sold out sembra finalmente venuta alla luce, anche se io, andrebbe detto, ne parlo da nove anni, cercate, amici, ci sono pezzi del 2016 e di lì in avanti, che raccontano trucchi e trucchettini usati per dopare il mercato, sia mai che un concerto con tanti biglietti regalati non finisca poi in televisione a Canale 5 in prima serata, quel che non paga il pubblico paga l’emittente di Piersilvio Berlusconi, e essere finiti in tv ingrandisce il nome, quindi vai di tour nei palasport, anche lì se la gente non arriva ci penserà la famosa manina di Di Maio, in una partita di giro infinita, non dovrei quindi star qui a parlare di Sanremo, quel che è stato è stato, ma trovo davvero singolare tutta la faccenda Modà. Ricapitolo per i distratti, la band di Kekko è stata a lungo uno dei più grandi fenomeni musicali italiani. L’ultimo disco di diamante quando ancora i dischi si vendevano nei negozi, pagandoli, è stato il loro Viva i romantici, seicentomila copie. Tutte vere, per intendersi, non fatte di streaming gratis o producendo repackaging dove si aggiunge qualche nuova canzone o si risuona il tutto, ogni riferimento a quel che succede da anni sul mercato è puramente voluto. Un successo partito dal basso, ma cui ha poi contribuito il rapporto stretto tra la band e i tre principali network italiani, RTL 102,5, Rds e Radio Italia, loro dentro l’etichetta Baraonda che li ha prodotti. Poi succede uno scazzo con due terzi di quella combo, infine uno scazzo con il terzo terzo. Da quel momento i Modà, di cui tutti i miei colleghi che non caso chiamo amichevolmente “gli Amici a quattro zampe”, per la loro tendenza a voler andare a Amici a alzare la paletta a beneficio di camera e al tempo stesso a prostrarsi di fronte a chiunque abbia una qualche posizione di potere, li vedi correre dietro i “padroni” come fossero davvero agli amici a quattro zampe, ripeto, da quel momento i Modà, di cui tutti gli amici a quattro zampe avevano sempre tessuto lodi anche esagerate, al punto che Kekko ben ricorda chi, come me, diceva altro, hanno smesso di parlarne, con il paradosso di non aver preso manco un voto dalla Sala Stampa e dalle radio e tv all’ultimo Festival. Una specie di vendetta, che forse potrebbe far tradire come in precedenza quel parlare fosse appunto frutto di una devozione non tanto a loro quanto piuttosto alla mano che dava loro le crocchette, loro gli amici a quattro zampe, ma che evidentemente al momento è mano attenta a accarezzare altre situazioni. Anche guardando la tribuna stampa, a dirla tutta, molti di quelli che in genere sono alla ricerca dei riflettori, penso ai Pool Guys ma non solo loro, stasera non sono qui, il che già di suo renderebbe la serata fantastica, perché già fa molto caldo, la metro al ritorno ci metterà una vita che la linea verde è in ristrutturazione, avere anche intorno gente di cui non hai minima stima non sarebbe il massimo. Ci sono però cinquantaseimila persone che si sono comprate davvero un biglietto, e ci sono loro, i Modà, che nonostante non abbiano più intorno gli amici a quattro zampe, hanno tirato fuori un album nuovo, sono andati a Sanremo, e hanno riempito San Siro. E veniamo appunto a San Siro. So che dirò una cosa che suonerà strana agli orecchi, o meglio agli occhi, visto che sto scrivendo e non declamando queste parole, di molti, ma mi era già successo con Vasco Rossi e con Eros Ramazzotti, e mettere insieme questi due nomi è già abbastanza paradossale. Da non fan di entrambi, anche se col tempo con Vasco ho molto lavorato, quindi ho avuto modo di conoscere assai meglio il suo lavoro, oltre che lui, e di apprezzarlo più a fondo, vederli dal vivo, e vedere soprattutto Vasco a San Siro, la prima volta nel 2003, mi ha portato a rivedere certe mie posizioni, diciamo così, scettiche. Perché sentire certe canzoni cantate in coro da uno stadio pieno, fidatevi, è esperienza assai catartica, al punto da poterti poi riscoprire a essere uno di quelli che le canta, pur convinto di non sapere i testi (ricordate la memoria?). Nel caso di Vasco, dicevo, la cosa è poi cambiata in assoluto, nel caso di Eros meno, perché le sue nuove produzioni mi hanno lasciato sempre basito. Nel caso dei Modà, credo, il discorso è ancora un altro. Ho sempre riconosciuto a Kekko una capacità di scrittura e di interpretazione che me lo ha fatto guardare come a una sorta di Roby Facchinetti della sua generazione, grande melodie scritte per essere cantate da una voce indubbiamente molto bella e ben educata a cantare, ma non ho mai capito, fino a ieri, la questione dei “romantici”. Capirete bene che non comprendere una poetica, quando si tratta di canzoni, è un problema. Non comprendevo questa faccenda dei romantici, dicevo, questo parlare al proprio pubblico di sentimenti in una maniera così diretta, romantica appunto, seppur usando a volte immagini che potevano sembrare ruvide, un esternare il proprio rapporto con la passione che trovavo quasi incomprensibile, lungi da me il voler passare da intellettuale, ma forse un po’ anche sì. Poi però ho visto, e soprattutto ho sentito, e ho capito. Togliamo quella parte della scaletta nella quale sono finite, una via l’altra, quelle hit che anche io ben conoscevo, al mio fianco Lucia, mi figlia, che da piccola me le ha fatte ascoltare non so quante volte, La notte, Come un pittore, Tappeto di fragole, Arriverà, un filotto che pochi, credo, in Italia si possono permettere, ma è soprattutto nei brani che io meno conoscevo che ho riconosciuto una capacità, quella di Kekko e i suoi soci, di creare empatia con un pubblico che con quella lingua si riconosce perfettamente, e che la eleva melodie, parole, ritmica in una postazione privilegiata, quella di farsi lingua comune di una porzione di popolazione. Lo so, lo so perché anche per me la lingua e il linguaggio sono armi del mestiere, sembra quasi che io stia cercando una giustificazione antropologica al fatto che, lì a San Siro, ieri sera, mi sono divertito e emozionato all’unisono con gli altri, e benché fingesse distacco, con me si è divertito anche Andrea Spinelli di QN, Nico Donvito di Recensiamomusica e Simone Zani di Imusicfun invece a divertirsi dichiaratamente. Perché i Modà, nonostante il caldo e certo grazie ai cinquantaseimila fan presenti, hanno dato il meglio di loro. In maniera ancora più sorprendente, perché a un certo punto Kekko ha introdotto un sesto elemento appena entrato nella band, almeno dal vivo. Non un elemento qualsiasi visto che l’elemento in questione, prima chiamato a duettare con Kekko su Cuore e Vento, poi a fare i cori e suonare la chitarra acustica in tutto il resto del concerto, è Nicola Nite dei Tazenda, potevano stupirci con effetti speciali e ci sono riusciti. E del resto la musica ha comunque un grande spazio nel concerto, parlo delle parti strumentali, specie nei momenti nei quali Enrico Zapparoli e Diego Arrigoni possono sbizzarrirsi coi loro assoli di chitarra, Stefano Forcella e Claudio Dirani a pestare sulla ritmica. Altro momento epico, diciamo così, e assolutamente reale, quando un ragazzo sale sul palco e fa la dichiarazione alla propria fidanzata, Kekko e Enrico a dedicargli un pezzetto di Viva i romantici che poi sarà il brano conclusivo del concerto. Poi, certo, ho molto amato quando, a inizio concerto, Kekko ha indossato una giacca dorata per cantare Vivo da re, quel ”tu mi vuoi morto e io vivo da re” perfetta incarnazione di una cazzimma che è stata, credo, anche la causa dei tanti casini nei quali la band si è trovata nel tempo, ma anche la prova provata di una veridicità che raramente mi capita di trovare nel mondo della musica italiana, fatto sempre di teatrini e finzioni, mai uno che dicesse quel che pensa. Ecco, io e Kekko ci siamo conosciuti e, lo dico, piaciuti per questa comune attitudine a non fingere, e non fingo quindi nel dirmi sorpreso che il loro concerto mi sia molto piaciuto, non perché io abbia cambiato idea riguardo a quanto scritto su loro in passato, non saprei neanche ricordare esattamente cosa, toccherebbe chiedere a lui, quanto piuttosto perché lì, a San Siro, con cinquantaseimila persone intorno, quelle canzoni hanno per me trovato un senso che, cito ancora Vasco, prima mi sembravano non avere del tutto. Di più, in epoca di algoritmi e di canzoni tutte uguali fatti con le macchine, una band che suona dal vivo, e decide anche di allargare la lineup per rinunciare alle sequenze, e che soprattutto ha una propria matrice chiaramente riconoscibile, quelle aperture melodiche così spinte, quel linguaggio letterario così preciso, che tutti lì cantavano in coro, sarebbe da preservare come si fa coi Panda. Ecco, ancora un animale, quindi, ma almeno un animale simpatico, cui non si può non voler bene. Tornando verso casa, noi usciti quando Kekko ha intonato Arriverà, a due brani dalla fine, maledetta linea verde in ristrutturazione, le ultime note sentite mentre stavamo imboccando la metro lilla, seduti di fronte a noi in carrozza c’erano una madre con suo figlio, un ragazzino. Lui mangiava un pezzo di pizza carico di mozzarella, lei gli prospettava il programma delle prossime ore: arrivare a Trento entro e non oltre le due e mezza, dormire quattro ore e alle sei e trenta alzarsi per andare al lavoro. Due dei cinquantaseimila spettatori di ieri, e chissà quante altre storie avrei potuto sentire, a poter parlare con tutti. Io, al momento, ho mezza casa coperta da cellophane, con gli imbianchini che stanno coprendo le crepe fatte dai lavori di ristrutturazione all’appartamento sopra il mio, poi passeranno mani di tinta per finire il lavoro. Sono già trentadue gradi, dentro casa, e chissà quante altre belle sorprese mi riserverà la giornata, ma ci fosse una replica tornerei anche stasera allo stadio, perché almeno per due ore sono stato parte di un tutto, vero.

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Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro, stand-up comedian da scrivania. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

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