Jenin, spari dell’Idf durante la visita dei diplomatici: serve una risposta ferma, unitaria per riaffermare i valori del dialogo e del rispetto reciproco

Arabi, asiatici ed europei: a Jenin colpi d’avvertimento sparati in aria per allontanare una delegazione formata da trenta diplomatici di diversi Paesi

A Jenin, nella Cisgiordania occupata, l’esercito israeliano ha sparato colpi d’avvertimento in aria per allontanare una delegazione composta da trenta diplomatici. La visita era stata organizzata dal ministero degli Esteri dell’Autorità Palestinese al fine di raccontare ai rappresentanti dei governi stranieri «la distruzione e la sofferenza» in cui versa la popolazione. Visita che era stata discussa con l’esercito, che aveva provveduto ad autorizzarla.

Non è ancora chiaro cosa sia accaduto e perché i militari abbiano sparato colpi d’avvertimento: «la delegazione ha deviato dal percorso ed è arrivata in una zona in cui era vietato sostare. I soldati hanno sparato colpi di avvertimento per tenere quelle persone lontane», questo secondo quanto riportato dal portavoce.

Non ci sono stati feriti ma ci sono stati momenti di forte tensione. Presente tra i funzionari internazionali anche il viceconsole italiano a Gerusalemme, Alessandro Tutino, che ha riferito i fatti al ministro degli Esteri Antonio Tajani una volta rientrato in sede. E su X il titolare della Farnesina ha scritto: «Le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili. Chiediamo al governo di Israele di chiarire» e ha convocato immediatamente l’ambasciatore israeliano in Italia.

Una riflessione è d’obbligo davanti a fatti così gravi contro la comunità internazionale. Serve una risposta ferma, unitaria, che riaffermi i valori del dialogo e del rispetto reciproco. Serve proteggere la diplomazia per evitare conflitti. Se parlano le armi, in sostituzione delle parole, a perdere siamo tutti.

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