In Luna di miele con Maria Antonietta e Colombre sul Monte Conero

Torno a parlare della mia personale Big Sur e lo faccio attraverso un video di qualche tempo fa, questo https://www.youtube.com/watch?v=-EuoK0V-zg4. Ne avevo già parlato ai tempi, ma nessuna traccia di quanto ho scritto è rimasta, per cui credo valga la pena tornarci sopra. È parte del format Eventi Naturali, di Lifegate, e ha per protagonista la cantautrice Maria Antonietta, artista marchigiana che da tempo si è ritagliata un posto di rilievo nel panorama cantautorale italiano, in quello che in altri tempi avremmo chiamato “alternative” e che oggi, Dio mi perdoni, tendono a codificare come indie, video ideato e realizzato da LifeGate con la collaborazione di una nota marca di auto che eviterò di citare, nel video tanto la si vede chiaramente.
I luoghi nei quali Maria Antonietta si muove e le parole che quei luoghi accompagnano in una sorta di piccolo monologo sulla vita appartata in provincia che si elevano al grado di inno a una spiritualità, volendo anche laica, ma non solo, che quei luoghi, i suoi luoghi ma anche i miei luoghi, di loro evocano, sono appunto quelli che pochi giorni fa chiamavo la mia Big Sur.
Maria Antonietta, infatti, si muove tra Portonovo e il Conero, lasciando che lo sguardo si perda nella baia sottostante e sulla spiaggia selvaggia di Mezzavalle, come mostrando la Vela, di fianco alla chiesetta di Santa Maria di Portonovo o lasciando che lo sguardo si perda sulle colline soprastanti.
Portonovo. Ancona. Il Conero.
La mia terra, il mio luogo del cuore, la mia Big Sur, ve ne parlavo qui , quella di cui parlo quando dico, cito il titolo di un mio libro che a quei posti è dedicato, Seppellite il mio cuore sul monte Conero.
La mia terra dalla quale sono partito in esilio, amara terra mia, ingrata, questo continuo a confermarlo, è storia non opinione, e nella quale non intendo tornare, questo magari al momento, gli occhi velati, è meno fermo, come pensiero. Una terra che amo, un mare che amo.
Seppellite il mio cuore sul Monte Conero, confermo.
E regalatemi la di Torre di Portonovo, maledetti, così che io possa prendere in considerazione l’idea di tornare almeno da vecchio da queste parti, rinchiuso a contemplare quel mare in attesa della morte, lontano dai miei irriconoscenti concittadini.
Nel muoversi tra queste lande toccate da quello che lei chiama l’Oceano Adriatico, Maria Antonietta ci parla di un luogo baciato da un ritmo differente rispetto a quello presente altrove, anche in virtù della presenza di quel mare, citando il monachesimo e il monachesimo che già nel medioevo si era diffuso capillarmente in questa regione, presentissimo in tutte le Marche come in buona parte del Centro Italia.
Anche parlando della scelta del suo nome d’arte, ovviamente ispirato dalla figura della Maria Antonietta regina francese famosa per le brioche e per il suo essere finita ghigliottinata, nei fatti donna molto intelligente e dai mille interessi, nessun riferimento pare di capire all’ex sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli, che con Maria Antonietta aveva più di qualcosa in comune, e quindi parlando di figure femminili forti, anche a rischio di risultare ostili e antipatiche, Maria Antonietta cita Santa Caterina, figura di santa considerata, a ragione, una delle madri della chiesa, anche se credo che nessuno ne parlerebbe esattamente in questi termini dalle parti del Vaticano.
Il che mi fa tornare in mente una vecchia intervista, vecchia di sette anni, che le ho fatto in occasione dell’uscita del suo all’epoca ultimo lavoro discografico, Deluderti, poi seguirà La tigre assenza, nel 2023, e in quell’occasione verrà ospite mio e di mia figlia Lucia al podcast Bestiario Pop, nella prima stagione, in quel caso parlando più che di santi di tarocchi, passione che ha in comune con mia figlia, meno con me.
Tanti anni, tra un lavoro e il successivo. Maria Antonietta si prende giustamente i suoi tempi, lunghi, e nel mentre si prodiga anche nella scrittura di libri, nell’elaborazione di performance più legate alla parola scritta che alla musica, sempre e comunque intorno all’arte. In quel caso lei, Maria Antonietta, parlando di San Francesco, figura non a caso vissuta e radicata profondamente sempre in quel centro Italia che ci ha visto nascere e che al momento la sta vedendo vivere.
“Penso che sia un po’ come è stato per San Francesco. Lui che voleva riformare la Chiesa, non si è limitato a vivere in povertà evidenziando con ogni suo gesto le incongruenze delle istituzioni cristiane, criticando la corruzione del papato, ma si è recato a Roma e ha giurato fedeltà di fronte al Pontefice. Si può cambiare, quindi, ma stando dal di dentro, non limitandosi a lamentarsi di tutto da fuori. Esserci e essere rivoluzionari proprio col nostro esserci.”
Così cominciava quell’intervista, valida ieri come oggi, per poi proseguire, mi cito perché mai come oggi mi sento cucita addosso la musica di Maria Antonietta e la sento spirito affine. Iniziamo da San Francesco d’Assisi, quindi. Il che, in effetti, potrebbe non fare una piega con altri passaggi di questa intervista, tipo quando Maria Antonietta, al secolo Letizia Cesarini da Pesaro, è lei che sto intervistando, parla della sua scelta di vivere in campagna.
“Credo che tutta questa natura abbia contribuito a farmi intraprendere un cammino di meditazione. Quattro anni di pausa,” tanti ne erano passati dal precedente Sassi, col successivo La tigre assenza ne passeranno addirittura cinque, “in effetti, sono davvero tanti, normale che io mi sia in qualche modo concentrata su altro, in questo lungo lasso di tempo. Certo ho scritto le canzoni, le ho incise, le ho lavorate con cura, ma ne ho anche approfittato per laurearmi in Storia dell’Arte a Urbino, ho passato mesi a collaborare con un centro di Senigallia dove hanno messo in piedi un laboratorio d’arte per disabili che soffrono in modo particolare di disabilità mentali, e che hanno proprio nell’arte la possibilità di esprimere la loro complessità, che a noi magari potrebbe erroneamente apparire infantile, ma che in realtà è molto sfaccettata, come quella di ognuno di noi. Una complessità che semplicemente non trova modo di uscire all’esterno. Un’esperienza incredibile, perché in fondo credo che l’arte serva proprio a lasciare segni nelle nostre vite, e lì questa cosa era tangibile, evidente.”
Un’intervista complessa questa, usiamo una sua parola.
Non tanto per le mie domande, fare le interviste non è esattamente la cosa che mi viene più naturale, seppur io passi ormai il mio tempo più a intervistare cantanti che a scrivere, abituato come ero a analizzare il lavoro degli altri in solitudine, ripeto, ho appositamente scelto un lavoro che prevedesse il mio passare buona parte del tempo da solo davanti a un computer, quanto per quello che Maria Antonietta mi ha detto riguardo il suo ritorno con l’album Deluderti, riguardo la sua prolungata assenza, come abbiamo già cominciato a tratteggiare più che giustificata, e anche riguardo il tema centrale dell’album, le aspettative e l’idea di deludere le aspettative, le proprie e quelle degli altri. Tema quantomai valido oggi, pensate alla canzone dei Coma_Cosa Cuoricini, il duo milanese tornerà poi tra queste mie parole.
“Viviamo in un’epoca strana, in cui si tende costantemente a voler incontrare il consenso degli altri, si pensi alla logica dei Like. Ci ho molto ragionato su, in questi anni, anche per questo mio essermi accostata a altre situazioni, per aver in qualche modo tergiversato. E sono giunta alle conclusioni che sia necessario fare i conti proprio con le aspettative, e che deludere le aspettative, le nostre come quelle che gli altri hanno su di noi, sia basilare. Perché, se ci pensi, proprio nel deludere le aspettative si trova l’opportunità di fare qualcosa di sorprendente, di meraviglioso.”
Quattro anni, tanti erano passati dalla pubblicazione di Sassi, dicevo, l’intervista che sto anomalamente riproponendo, rivista e corretta, o per meglio dire, aggiornata, anche a fronte del video che vi ho segnalato uscito nel 2022, il video ambientato a Portonovo e sul Conero, è relativa al 2018. Nel 2018, del resto, Maria Antonietta era uno dei nomi di punta della scena indie, e oggi quella stessa scena è tutt’altra cosa, sempre che esista, con altri nomi e anche con un’altra attitudine, un altro spirito. Anche Maria Antonietta si sta proponendo come altro, poi ci arrivo.
Di più, aggiungo ora, la scena indie, diventata nel mentre itPop, non esiste proprio più, metabolizzata in quel mainstream nel quale ha dimostrato di voler in fondo entrare da sempre, lasciando che chi, come Maria Antonietta, inseguisse l’arte, se ne rimanesse fuori, a continuare a fare arte, e rincorrendo per buona parte un successo tanto effimero quanto vacuo, canzoncine pop che, spoglie di quell’aura casalinga che le aveva in qualche modo accompagnate nei primi passi, si sono dimostrate per quello che realmente sono sempre state: versioni poco riuscite di quel che è già stato fatto meglio in passato, wannabe hit pop.
Torno a Maria Antonietta, fortunatamente, per lei e per noi, non toccata da questo sfacelo. Nel suo caso, non date la faccenda così per scontata, parlare d’arte ha un senso profondo, reale, veritiero. Non succede così spesso, specie ultimamente.
“Io non ho mai realmente fatto parte di una scena. Mica è un caso che mi sia spostata da Pesaro verso la campagna di Senigallia, circondata da piante.”
Una scelta radicale, anche quella, anche perché la scena pesarese, almeno nelle Marche, che è la tua regione, ma è anche la mia regione, era ai tempi la più compatta oltre che la più vivida, andatevi a vedere, se potete, il bellissimo documentario su Zagor dei Camillas, che di quella scena erano cuore splendente, titolo dell’opera La leggenda di Zagor.
In quell’intervista Maria Antonietta mi diceva: “Vedo allo scrivere canzoni come a qualcosa di politico, quindi non riuscirei a scrivere qualcosa che non parlasse in maniera onesta di me, oggi. Non saprei dirti se le mie canzoni siano o meno contemporanee, ma sono sicuramente vere. Chiaro che la mia attitudine, mutuata dalla scena delle rriot girl, dalle Bikini Kill alle L7 in poi, continua a essere la medesima, anche se oggi posso sembrare più meditativa, forse pure più solare. Sarà anche che ho passato gli ultimi anni a divorare libri di poesia. Una vera full immersion nella poesia. E nei collage, adoro fare i collage. Quelli facevo fare nel centro per disabili di cui ti parlavo prima. Deluderti arriva da tutto questo, più che dall’aver guardato cosa stava succedendo nel mentre in campo musicale. Il mio essere indie, oggi, sta proprio e solo nell’essere indipendente da quel che mi gira intorno.”
Discorso valido anche oggi che Maria Antonietta sta tornando con un progetto decisamente anomalo, perché è chiaro che Maria Antonietta è sempre una anomalia. Un progetto scritto e interpretato col suo compagno, Colombre. Già produttore di Sassi e di quel Deluderti lì. Canzoni scritte anche in un passato passato, dieci e passa anni fa, oggi spillate come in una partita a poker, una alla volta, in attesa che poi esca l’album.
Prima era stata la volta di Io e te certamente, del 2023, poi la volta dello spoiler social di A te, ora è la volta del primo singolo vero e proprio del disco, Signorina buonasera, ora si fa per dire, la canzone ha ormai più di un mese, ora invece è l’annuncio della data di uscita del disco, 19 settembre, “Luna di miele” il titolo.
Una coppia di artisti che mette insieme il loro essere artisti e il loro essere coppia, con naturalezza e talento, fugando i rischi di paragoni inutili, su tutti quello coi Coma_Cose, distanti come risultato e attitudine, e fornendoci altre sfumature di due carriere già ricche di loro.
Maria Antonietta, nel video da cui questo mio peregrinare tra note e parole è partito lo attesta, è una frequentatrice di quella porzione dell’Oceano Adriatico nel quale trovo a volte rifugio anche io, come dire, la mia Big Sur è anche Big Sur per lei e Colombre.
Insieme risultano dolci, certamente, e certamente vivi. Sempre e comunque radicali, non solo per le questioni etiche che occupavano militarmente le parole della nostra vecchia intervista.
Non conosco di persona Colombre, magari capiterà questa estate a Mezzavalle, visto che è zona che tutti noi frequentiamo, o magari in una delle date del tour che i due anno annunciato per il prossimo autunno, tour che partirà non a caso l’11 novembre al Mamia di Senigallia, per poi spostarsi in giro per l’Italia, a Milano il 21 al Circolo Magnolia, ma credo di poter dire che l’essere così radicale di Maria Antonietta, l’essere per certi versi spigolosa ma anche sinuosa nel suo sguardo curioso verso aspetti che solitamente restano fuori dal prontuario del bravo cantautore, tutto questo non faccia che renderla la perfetta esternazione di una poetica che con queste zone coincide, almeno nel mio immaginario. Anche star lì, lo si vede nel video, in un posto di una bellezza abbacinante a parlare di spirito, di Giovanna d’Arco o Maria Maddalena, di Sylvia Plath come di ricerca costante di una onestà di fondo, un essere sempre e costantemente vere, anche per risolvere conti con se stesse, attesta come Maria Antonietta si ponga in maniera radicale di fronte all’oggetto della sua ispirazione, quello che poi il suo talento tramuta in arte, radicale esattamente come le tante figure femminili che finiscono nelle sue canzoni, nei suoi libri, nei suoi reading.
Maria Antonietta conosce bene la forma canzone, le tracce del suo nuovo lavoro, a tratti in apparenza rassicurante ce lo confermano in maniera lampante, e proprio per questa presa di coscienza di saper maneggiare la forma canzone si può permettere di attraversare l’oggi con uno sguardo lieve, poco impegnata a piacere e quindi a compiacere gli altri, e proprio per questo capace di piacere.
Si chiama carisma, credo. Non stessi parlando di musica, direi fascino, anche per questo è assolutamente credibile nel cantare canzoni col suo compagno senza scivolare nella melassa.
E come chi naturalmente è capace di affascinare, Maria Antonietta usa questo suo talento per scardinare alcune nostre certezze, come quella che sia nell’essere uguali agli altri il segreto della felicità. Interpretazione larga delle sue canzoni, forse, ma un paesaggio mosso, fatto di colline, di valli, da scogliere come di spiagge, esattamente come quello delle Marche, sicuramente è più interessante di uno piatto, uniforme, magari più rassicurante, ma meno capace di dirci qualcosa, guardate il video di Eventi Naturali, nel caso vi servisse un disegnino per dar senso a queste mie parole.
Ecco, Maria Antonietta è mossa.
Maria Antonietta è diversa.
Dolcemente complicata, verrebbe da dire, non fosse ormai diventato uno slogan da spot per le collant, povero Ruggeri, che per altro ha scelto a sua volta le Marche, Marotta nello specifico, come suo Buen Retiro.
Dolcemente disturbante, piuttosto, come una punk rocker che cita San Francesco e il monachesimo mentre si affaccia sul nostro Oceano Adriatico e che legge libri di poesia, rigorosamente scritti da donne radicali come lei e al tempo stesso canta canzoni d’amore insieme al suo compagno Colombre.
Vedere la mia terra, filtrata dalla pacata accuratezza delle sue parole oltre che dallo sguardo preciso del regista, mi ha fatto vacillare ai tempi e continua a farmi vacillare ancora oggi. Non mi ha fatto cambiare idea riguardo al motivo per cui me ne sono andato, quelle non sono opinioni in balia delle emozioni o dello stress emotivo e psicologico cui questo tempo ci sta sottoponendo più o meno tutti, ma mi ha sicuramente colpito al cuore e mi dice perché comunque qui finisco per tornare. Forse ancora più ferito, anche se non vorrei passasse l’idea che è stata lei, Maria Antonietta, a farmi del male, quanto piuttosto il mio esilio e le condizioni che ne hanno causato l’essere necessario, perché condivido fermamente il suo pensiero riguardo sull’essenza spirituale di questi paesaggi, e volendo anche dei popoli che storicamente questi paesaggi abitano, forse appunto con la mesta eccezione della mia Ancona. Terra che non a caso ha ispirato grandi poeti e musicisti, da Leopardi a Rossini, e che oggi ha in Maria Antonietta, ma penso anche ai Leda di Serena Abrami, oltre che agli immarcescibili Gang dei fratelli Severini, la propria voce.
Quanto all’Oceano Adriatico, quello che bagna la baia di Portonovo, per qualche secondo la mia Torre è stata inquadrata, proprio in chiusura del corto di Lifegate, vorrei dire che anche per me il naufragar sarebbe dolce in questo mare, ma vivendo a Milano dovrò accontentarmi di naufragare all’Idroscalo, al limite sui navigli, tanto poi arrivano le vacanze e mi troverete a Mezzavalle, affaticato ma sereno.