Il ritorno dell’artigianato può salvare l’arte e forse tutti noi?

Io ho Tik Tok, a volte mi dico che è più per una ricerca antropologia, altre volte ammetto di far parte della gen Z e di amare quel tipo di comunicazione.

Ecco, so che molti, specialmente adulti, o chi su Tik Tok ci ha bazzicato poco, pensano che siano solo balletti, ma io posso garantire che in 3 anni che ce l’ho non ho mai visto un balletto che uno.

L’algoritmo te lo formi tu, possono capitarti video ricette, video documentari, animalistici, sui viaggi, sui concerti, di divulgazione, veramente la qualunque.

Ma torniamo a noi, stando su tik tok esamino un po’ le pieghe che prende la mia generazione, perché io interagisco principalmente con gente che ha tra i 20 e i 30 anni, e ho notato essere tornato molto in voga l’artigianato, il fatto in casa, la manifattura.

Che sia di borse, di vestiti, di cornici, di oggetti per la casa, lo spettro è ampio, ma si può trovare un po’ di tutto.

Questo potrà sembrare poca roba, di poca importanza, ma in un’epoca come la nostra secondo me è importantissimo, e rispecchia bene i due tipi di derive che possono prendersi nel tempo.

In un momento storico in cui chiunque sembra interfacciarsi con canali come chat gpt o gemini, e sembra prendere sempre più piede l’omologazione legata alla produzione in serie, da macchine, tutte uguali, l’unicità della persona, del pensiero e dell’oggetto sembra venir meno.

Non fraintendetemi non sono contro all’intelligenza artificiale, sarei matta, so quanto può essere utile e quante ricerche è sviluppi può aiutare, se non addirittura salvare, ma sono contraria all’idea che in un qualche modo gli possa essere delegata una parte che noi reputiamo “superflua”, la manifattura, tutti i lavori manuali.

Ho spesso sentito dire che questo è utile così le persone smettono di fare lavori fisicamente stancanti, meccanici, manuali, e ho sempre trovato tutto ciò molto classista.

Facendo ciò, diamo per scontato che chi un tempo prendeva quella via, possa ora dedicarsi all’aspetto più teorico, meno pratico, allo studio, alla ricerca, come se lo studio facesse per tutti e come se tutti fossero adatti a intraprendere quel tipo di carriere.

La manualità è una scelta, anche se per molti sembra impossibile, e la meccanizzazione, porta a fenomeni tipo l’omologazione di massa, questo si vede già dagli abiti, dove l’artigianato era già sparito da un pezzo.

Ora si entra in un negozio e si fatica a trovare un capo che sia nuovo, diverso, particolare, tutto è fatto in serie.

Perché quindi su Tik Tok sbarcano queste attività di artigianato?

Una sorta di rivolta inconscia contro un sistema che ci vuole tutti uguali?

Una sorta di riappropriazione di certi mestieri che sembrano destinati a sparire?

In un momento in cui sembra che non serva più l’uomo a creare, ma che le macchine lo possano fare benissimo senza di noi, le persone iniziano a dire IO POSSO creare.

E questo ha dei benefici, la manifattura, oltre ad avere tendenzialmente una qualità superiore alla produzione elevata in serie, che spinge più sulla quantità che sulla qualità, porta anche a ricostruire una creatività artistica e collettiva, che può influenzare tanti altri tipi di produzioni nazionali, nel mondo dell’arte in generale.

Forse dettato da un desiderio di risentirci utili, di risentirci diversi, speciali, unici, stiamo dando il via a una sorta di fazione controcorrente che sta sempre più prendendo piede e sui social ne è pieno.

Io credo che lo sviluppo di un paese passi prima dal benessere dei suoi cittadini, e il benessere dei suoi cittadini è assolutamente basato sul loro senso di soddisfazione e di utilità, l’uomo ha bisogno di sentirsi utile, solo in condizioni del genere un paese potrà continuare a crescere.

Ecco, a mio avviso, il motivo per il quale l’Italia, come altri posti, ha smesso di crescere artisticamente, ha avuto un calo, uno stallo, perché i suoi cittadini non si sentivano utili, non si sentivano di avere uno spazio, e via alle mille creazioni di poco conto, ai cinepanettoni, alle trashate, alle copie di ciò che veniva proposto dagli americani, zero coscienza collettiva, zero creatività, zero innovazione.

L’artigianato riporta al centro proprio quello.

Quello che per tempo ci è mancato.

Io spero vivamente in un risveglio di massa, non abbiamo bisogno di creazioni in scala, questo è il capitalismo che ci ha portato a credere che più è meglio, che dobbiamo creare e creare, che abbiamo bisogno di tanto.

L’artigianato ridimensiona, meno ma meglio.

E forse è proprio un piccolo passo per riportare l’arte e la manualità al centro, e provare a ridimensionare l’enorme quantità che il capitalismo ci sta imponendo, facendoci credere che siamo quello che possediamo, e che possediamo tutti le stesse cose.

Il ritorno dell’artigianato sui social è dunque un ottimo segnale, che forse le cose stanno cambiando per il verso giusto, e che forse anche i social possano essere un tramite positivo.

Il ritorno dell’artigianato può solo che influenzare positivamente ed essere un mezzo per risvegliare il nostro paese, che ultimamente aveva perso la sua singolarità.

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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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