Il Maschio di Annalisa, tra conclavi e tonsille arrossate

C’è un preciso momento nella vita, diciamo in un’idea di vita che non contempli casi specifici e singolari, nel quale si archiviano alcuni dettagli di cui col tempo non si avrà memoria, se non per il ripetersi ciclico di quei medesimi dettagli nelle generazioni future. Certo, con qualche variabile, magari dovuta alla globalizzazione, o a altra fattori che, non essendo questo un trattato sociologico, direi è irrilevante star qui a tirare in ballo. Per dire, non saprei dire esattamente quando, ma a un certo punto i bambini, diventati ragazzini, uso ovviamente un oggi considerato disdicevole maschile sovraesteso, smettono di avere con una certa costanza picchi di febbre dovuti all’arrossamento, o all’infiammazione severa, con pus, delle tonsille. Parlo ovviamente per chi vive in città, essendo le tonsille qualcosa di paragonabile a un filtro, filtro di cui chi vive, per dire, al mare o in montagna, comunque in luoghi di mare e montagna non inquinati, anche Taranto con l’Ilva si trova al mare, non hanno necessità. Tu genitore di figli piccoli ti trovi a fronteggiare da autunno a tarda primavera questa faccenda, si arrossano le tonsille, si ingrossano le tonsille, diventano purulente, vai dal pediatra, vai di antibiotico, togli il pus con un cotton fiox, attività che nonostante i quattro figli mi sono guardato bene dal fare, sono uno scrittore e critico musicale, non un dottore, poi di colpo niente più tonsille, faccenda archiviata. Idem per i pidocchi, credo, innominabili per costrutto sociale, ma presenti nelle scuole, dove addirittura in certi casi è tornata la scabbia, suppongo proprio per questioni legate alla globalizzazione, e al vivere di parte degli studenti, solito maschile sovraesteso, in situazioni di indigenza e quindi di scarsa igiene. Per non dire della varicella, che in genere se non si passa dal vaccino, e sappiamo bene come i vaccini ora come ora vadano poco di moda, la miocardite, Dio mio, la miocardite, puntuale a ogni estate, manco fosse una tassa.

Ecco, l’estate, le tasse, la varicella. Avendo visto la foto di copertina, letto il titolo, sapevate già, immagino, dove stavo andando a parare. E se non lo sapevate lo avete capito quando sono arrivato alla stagionalità di certe situazioni che riguardano certi momenti della vita. E se non lo avete capito neanche lì, beh, benvenuti in questo ambiente, come avrebbero detto negli anni Novanta, con la musichetta ideata da Brian Eno per far partire Windows95. Arriva l’estate, o almeno si avvicina, nonostante un tempo orribile l’abbia fin qui tenuta a sufficiente distanza, e con l’arrivo dell’estate arrivano i brani destinati a diventare tormentoni. Attenzione, per tenere in piedi il teatrino kabuki che ho allestito, pensatemi col viso dipinto di bianco e con quei vestiti esotici, dovrei ora star qui a trovare un nesso col fatto di aver parlato con faccende che a un certo punto svaniscono di colpo, senza dare preannuncio della propria imminente estinzione, le tonsille, i pidocchi. Anzi, dovrei anche trovare un modo elegante per dire che sì, ho parlato di faccende sgradevoli, in alcuni casi anche repellenti, mentre qui si parla di musica volendo anche piacevole, se non è piacevole difficile che diventi tormentone, il tutto nel giro di poche battute, perché poi tocca andare avanti e entrare nello specifico. Il fatto è che so benissimo che i tormentoni sono arrivati ben prima che io nascessi, o almeno ben prima che io poi potessi prenderne coscienza, in genere si indica come il primo tormentone Legata a un granello di sabbia, di Nico Fidenco, datata 1955, quindi figuriamoci se posso star qui a tirare in ballo la generazionalità, solo che credo in questo caso specifico c’entri eccome l’anagrafe, perché i tormentoni diventano tali, cioè brani che ci tormentano, certo bonariamente, figuratevi, ma comunque tormentano, quando siamo adulti. Quando, cioè, certe cose cominciano a infastidirci perché siamo già sotto costante attacco da un sacco di punti di vista, almeno nell’inrattenimento vorremmo avere ristoro, non tormento. Quindi il teatrino resta in piedi, e io vado avanti.

Perché, lo vediamo, se siamo gente che legge, o lo sentiamo, se siamo ancora tra i pochi che si affidano alle radio, o addirittura quelli che abboccano alle playlist delle piattaforme di streaming, convinti di avere in qualche modo il bastone del comando, stanno cominciando a uscire quei brani destinati a uscire dalle nostre orecchie quando, per dirla con Bruno Martino, cadranno mille petali di rose, la neve coprirà tutte le cose, da Fedez che ci incupisce in compagnia di una Clara che, in video, è onestamente impressionante, Scelte stupide il titolo, per passare a Rovazzi che chiama alle armi Paola Iezzi, Red Flag la loro canzone, passando poi per Sarah Toscano che si fa ospitare da Carl Brave, in genere era sempre Noemi, con la loro Perfetto, Elodie che con Mi ami Mi odi deve provare a salvare i suoi due stadi, i Pinguini Tattici Nucleari che invece gli stadi li hanno già riempiti, che chiudono un cerchio chiamando al loro fianco Max Pezzali per Bottiglie vuote, Cesare Cremonini che sforna un brano extra Alaska Baby in compagnia di Elisa, Nonostante tutto, Alfa che invece chiama addirittura Manu Chao per A me mi piace, e chissà cosa ci attende dietro l’angolo, vuoi che Blanco si limiti alla ballatona voce e piano Lividi? Come già l’anno scorso, questa è una previsione che più che il Mago Othelma o Branco potrebbe fare, che so?, un bambino che si affaccia alla finestra e vedendo che piove dice “piove”, ci saranno decine e decine di brani, tanti, tantissimi, troppi, tormentati da tanti tormentoni, direbbe una Lina Werthmuller rediviva. E tra questi tormentoni, succede con una costanza scientifica, c’è anche una nuova canzone di Annalisa, cantante che da sempre apprezzo e stimo, anche quando a farlo eravamo davvero pochini, e che ormai da anni non ne sbaglia una, star qui a fare l’elenco che parte da Bellissima, passa da Mon Amour, ahinoi Disco Paradise, con Fedez e gli Articolo 31, via via fino a Sinceramente, scontratosi a Sanremo con Angelina Mango e la sua La noia, Storie brevi, con Tananai e oggi Maschio.

Ecco, Maschio. Una cosa di Annalisa, della nuova Annalisa, che incidentalmente questa estate, mentre Maschio imperverserà sul bagnasciuga come in classifica, farà quarant’anni, sexy come mai prima, precisa come la lama di un chirurgo, è da sottolineare, sta lavorando con acume e potenza a creare un repertorio di hit che vanno a recuperare un passato passato, ora ci arrivo, mettendoci sempre dentro qualche elemento di una contemporaneità per certi versi rassicurante, il che oggi è quasi mission impossible. Maschio, come tutte le hit di cui sopra, pesca negli anni Ottanta/Novanta, parlo di sound, di estetica, andando riguardo quest’ultima, stavolta parlo di estetica non musicale, a citare una Annie Lennox androgina che, diciamolo, ha letteralmente devastato una intera generazione, me compreso. Una retromania, direbbe Simon Reynolds, presumibilmente senza cenni di stima, lui, che all’estero sta spopolando, si pensi al successo internazionale di una Dua Lipa, e che da noi ha proprio in Annalisa l’ariete, la sua voce precisissima, quindi fuori dal rischio di sentir qualche adulto dire “oh, sto autotune”, che si adatta a melodie non esattamente ascrivibili al Bel Canto, e si mette al servizio di brani superorecchiabili, costruiti con altrettanta cinica precisione da Paolo Antonacci e Davide Simonetta, anche produttore di buona parte dei suoi brani, in un lavoro su ampia scala che sembra una sorta di schema strategico di quelli che poi qualche sbarbatello prova a venderci in un corso sponsorizzato sui social. Maschio è una hit, è un dato di fatto, orecchiabile, con un ritornello killer e con una serie di riferimenti che sembrano studiati a tavolino sull’oggi, il testo è infarcito di rimandi alla religione, “perdona i miei peccati come ha fatto Gesù”, “te lo giuro su Maria”, manco lei e il suo team avesse saputo con certezza che la canzone sarebbe uscita esattamente con l’affacciarsi alla loggia di Piazza San Pietro del nuovo Papa Leone XIV, il tutto poi giocato su una ambiguità fluidissima, il maschio di cui si parla non è esattamente Rambo, e lei lo incarna in un gioco di doppi anche visivi, ricordate il richiamo a Annie Lennox?, forse un po’ didascalici ma comunque efficaci. Non fosse che stiamo parlando di un tormentone estivo, o un pretendente al ruolo di, ma essendo Annalisa si sa già come andrà a finire, verrebbe quasi da dire che è una perfetta fotografia delle contraddizioni che il maschio, con la emme minuscola, oggi vive, tra debolezze conclamate e dominio tuttora in essere a livello sociale, tanto quanto la Mon Amour di un paio di anni fa giocava su una piuttosto sparsa voglia di evasione, sai, il Covid, e Storie brevi dell’anno scorso provava a ricostruire un minimo di certezze.

Lo so, Annalisa mi sta simpatica e non ne ho mai fatto segreto, quindi potrei anche avere uno sguardo eccessivamente benevolo nei suoi confronti, ma senza voler star qui a tirare in ballo Deridda e Guattari, credo che analizzare anche l’effimero aiuti a volte a andare a fondo, parlo di sguardo sul contemporaneo. E comunque dopo un inverno/primavera a base di pioggia, qualcosa che ci faccia pensare che sta arrivando l’estate e che nel farlo non sia un cavolo di reggaeton mi sembra comunque da guardare con benevolenza. Anche perché, torno a quel che dicevo sopra riguardo Sarah Toscano, artista che a sua volta ha la mia simpatia, perché mi sembra talentuosa e fresca, stiamo in fondo parlando di pop, quando l’ho intervista con mia figlia Lucia a Sanremo, dove presentava la sua Amarcord, parlando di ricordi le ho chiesto, “anche musicalmente mi sembra tu abbia presentato una canzone che guarda indietro”, al che lei mi ha risposto, giuro, annichilendomi, “Sì, ho voluto presentare una canzone che guardasse al passato, agli anni duemila”. Ora, a prescindere che Sarah Toscano è del 2006, e che quindi quella è una frase inappuntabile, come se io parlassi della musica dei primi anni Sessanta, del Novecento, ecco, sapere che c’è chi invece, complice l’anagrafe, tenuta debitamente a bada, gioca di rimandi col mio passato, quegli anni Ottanta/Novanta nei quali passavo dal non aver più le tonsille ingrossate, in realtà ai miei tempi le tonsille le toglievano al primo mal di gola, o roba del genere, all’essere un giovane ometto, insicuro e voglioso di imporsi, come il protagonista della Maschio di Annalisa, forse neanche troppo meno fluido, parlo di estetica, per me, visto che erano gli anni del post-punk e della new wave, questo almeno fino all’arrivo del grunge e delle camice a scacchi di flanella, rincuora. Tanto poi tornerà un altro inverno, cadranno mille petali di rose e avremo modo per rimpiangere anche i tormentoni.

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Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro, stand-up comedian da scrivania. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

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