Henry Rollins, lo straight edge e l’elogio dell’ebbrezza consapevole

Ricevo un messaggio su Whatsapp. Niente di incredibile, di per sé degno di nota, ricevo decine e decine di messaggi ogni giorno su Whatapp. Se ne parlava anche a cena, ieri, di come Whatsapp finirà per sostituire del tutto le mail, e in realtà credo che almeno nel mio settore ciò sia già accaduto da tempo, passa tutto da lì. I messaggi che ricevo su Whatsapp, essendo appunto questo strumento diventato il luogo dove ci si scambia comunicazioni di lavoro, arrivano spesso da numeri che non ho registrato in rubrica, persone che evidentemente non ritengo così centrali per la mia attività da meritare i pochi secondi atti a registrare un nuovo contatto, oppure vecchie conoscenze con le quali non sono più in contatto da tempo, perso in un vecchio cambio di smartphone, il passaggio delle rubriche da device a device procura spesso perdite di pezzi, anche ora che tutto è salvato su Google. Ultima chance, qualcuno che ha avuto il mio numero non so bene come, da un contatto comune, o magari perché qualche cretino lo ha messo in rete. Di fatto, vista la mole di messaggi che mi capita di ricevere ogni giorno, tendo a lasciare che sia l’estro a decidere se leggere subito un messaggio che mi arriva da un numero che non ho registrato, sia mai che lo sconosciuto in questione arrivi a portarmi una buona notizia o un’ottima proposta, o leggerlo semmai più avanti, troppa gente che non conosco mi scrive per ragioni irrilevanti. L’estro, in fondo, è quello cui spesso mi appoggio nel prendere decisioni, ho scelto nella vita di fare un mestiere dove l’illogico ha un peso fondamentale, primario. Ho il cellulare in mano e mi arriva un messaggio, posso interpretarlo come un segno del destino, e leggerlo subito, magari scoprendo poi che era una cazzata, oppure il messaggio mi arriva nel momento in cui sto inseguendo un’idea, e lo vedo come una imperdonabile distrazione, di quelle che vanno punite con l’oblio, capace che quel benedetto messaggio, magari la convocazione per la vittoria al Nobel, non lo leggerò mai.
Ricevo quindi questo messaggio su Whatsapp, da un numero che non ho registrato in rubrica. C’è un modo per leggere i messaggi di Whatsapp senza far vedere che li hai letti, la faccenda delle spunte blu è una trappola, ammettiamolo. Quando arrivano ti appare sulla schermata, in alto, la notifica, e scrollandola verso il basso ti appare il messaggio, in testa a tutte le altre notifiche. Cancellando quelle irrilevanti, tipo le variazioni di meteo, tutte le attività fatte con la carta di credito, l’arrivo di notifiche sui social come le rare mail, si può aprire tutta la schermata sul messaggio, arrivando a leggerlo per la sua interezza. Essendo però un messaggio arrivato da un numero non registrato lo si può leggere semplicemente aprendolo, Whatsapp ti consente di farlo senza che chi te l’ha mandato ne venga messo a conoscenza. Il messaggio mi è arrivato da un giornalista, di cui non farò il nome non per proteggere la sua privacy, ma perché non me lo ricordo e nel mentre mi sono arrivati svariati altri messaggi da numeri che non ho registrato in rubrica e non ho voglia di andare a cercarlo lì in mezzo. Il messaggio del giornalista in questione iniziava con una brevissima presentazione, nome e cognome e professione, appunto, e poi proseguiva dicendo, parola più e parola meno, che il tizio stava scrivendo un saggio o un qualcosa del genere sul vino, e che facendo una ricerca gli era capitato sotto mano qualcosa di mio che risultava essere un elogio all’ebbrezza consapevole. Diceva proprio così: un elogio all’ebbrezza consapevole. Letto il messaggio sono rimasto perplesso. Scrivo praticamente tutti i giorni, qualche migliaio di parola al giorno, pezzi, che per altri sono articoli, libri, testi da leggere teatro, al cinema o dove capita. Non ho grande memoria di quel che scrivo, ma un elogio all’ebbrezza consapevole non ricordo di averlo mai scritto. Ricordo, e questo lo ricordo bene perché poi li ho raccolti in un libro dedicato alla mia terra natia, le Marche, titolo del libro Seppellite il mio cuore sul Monte Conero, ricordo, dicevo, di aver scritto una serie di pezzi sui vini doc della mia regione, usciti inizialmente sulle pagine locali del Messaggero. Una rubrica, chiamiamola così, figlia del fatto che grazie a un mio libro sul mondo degli Ultras, Ultimo Stadio, edito da Rizzoli, e grazie all’averlo presentato in Ancona in compagnia dell’ex sindaco Fabio Sturani, e di Maurizio Zandegù, eroe della squadra locale di calcio quando io ero poco più che un bambino, per un po’ di tempo, ero diventato una celebrità, una sorta di zio americano che torna in città a bordo di una decappottabile, brandendo dollaroni. La rubrica, sono dovuto andare a cercare nell’indice di quel libro per ricordarlo, si intitolava “Divinità locali”, e magari lì potrei anche aver scritto qualcosa sull’ebbrezza, parlavo di vini anche importanti, come il Lacrima di Morro D’Alba, per dire, prova a berne una bottiglia intera poi ne riparliamo, ma di ebbrezza consapevole, onestamente, non credo di averne proprio mai scritto. Per altro, ho sempre trovato curioso il fatto che io mi sia trovato, nella vita, più volte a parlare di vini, nel 2018 ho anche avuto la cooperativa del Rosso Piceno come main sponsor per le mie attività al Festival di Sanremo, loro a festeggiare sessant’anni di vita del loro consorzio con una produzione pensata ad hoc per il Festival, una bottiglia da due litri con una scatola fatta da non ricordo che artista, produzione limitatissima, che io donavo agli artisti che veniva a pranzo da me, in una villetta rinominata per l’occasione Casa Picena, trentasei pranzi fatti in una settimana, praticamente ero sempre a tavola, uno chef e un enologo a accompagnarmi con il mio sodale Mattia Toccaceli alla regia. Io, per la cronaca, non bevo mai. Non sono astemio, in vita mia ho bevuto, quando ero giovane, e mi sono ubriacato una sola volta, a memoria, mentre ero in vacanza coi ragazzi di GS, gli studenti delle superiori di Comunione e Liberazione, in quel di Madesimo, traditore un vino di nome Tollese, ancora lo ricordo, per il resto ho sempre retto benissimo tutto, ho già raccontato altrove di quando giocavano in una squadra di calcetto chiamata Gruppo Etilico, fortissima e che si presentava ai tornei la domenica mattina senza essere neanche passata prima da casa dalla sera prima. Non bevo per scelta, come per scelta non ho mai fumato, né sigarette col tabacco né canne o altro. Sono straight edge, e in effetti non ho neanche tatuaggi e sono monogamo, con la stessa compagna, moglie da ventisei anni e madre dei nostri quattro figli, dal lontano 1988, avevo ancora diciott’anni, ai tempi. Sono straight edge perché amo la lucidità, o meglio, sono sufficientemente visionario di mio, non necessito di indurmi aperture di prospettive assumendo altro. Un Henry Rollins un po’ più in carne e coi capelli ancora lunghi, mica per niente la prima volta che sono apparso su un magazine con un certo rilievo, un numero del Tutto Musica di cui ero prima firma nei primi anni zero, indossavo una maglia a maniche lunghe proprio dell’ex frontman dei Black Flag, Black Flag che in una formazione tutta nuova, a parte il fondatore a eccezione di Greg Finn, sta per tornare sulle scene, in tour anche in Italia. Quindi no, non ho mai scritto un elogio dell’ebbrezza consapevole. Per questo ho risposto a quel messaggio con un punto di domanda. Un semplice punto di domanda, per non dare troppa confidenza, ma al tempo stesso avere chiarimenti. Dove diavolo ho scritto un elogio all’ebbrezza consapevole, questo il modo corretto in cui andrebbe letto quel semplice punto di domanda, volendo usando anche un linguaggio più volgare. Tempo qualche minuto e mi arriva una specie di rettifica, cioè un messaggio nel quale il tipo dice che no, non è vero, aveva chiesto informazioni all’intelligenza artificiale che se ne era uscita con questa fandonia. Lui ovviamente non ha usato la parola fandonia, proveniente evidentemente da un passato passato nel quale intelligenza e artificiale non potevano essere legate in alcun modo, e stando appunto alla fandonia viene da chiedersi se oggi le cose siano poi così tanto cambiate.
Perché chiaramente, succede quando si lavora con le parole e soprattutto quando per lavorare si cercano stimoli nel quotidiano, ho poi passato del tempo su ChatGPT, prima stanandola, ne parlo al femminile perché le chat sono femmine, per motivi anche piuttosto chiari, riguardo il fatto che io no, in effetti non ho mai scritto un elogio all’ebbrezza consapevole, nonostante anche a me avesse inizialmente risposto di sì, e il suggerimento di andare a cercare tra i miei libri o articoli, avendo io scritto e pubblicato novantotto libri, e qualche migliaio di articoli, direi, che è un modo anche piuttosto palese di pararsi il culo, poi provando a approfondire il concetto di ebbrezza consapevole, ritrovandomi quindi a disquisire su come anche uno straight edge potrebbe praticare l’ebbrezza consapevole, quindi abbandonare il proprio status di straight edge abbracciando quello di chi decide di sposare l’alterazione di coscienza, che a sua volta è un modo per dire tutto e il contrario di tutto, ovvio che uno può cambiare idea rispetto una propria filosofia di vita, o semplicemente non essere coerente, ma ragionando su basi teoriche chi è straight edge è ovviamente contrario all’ebbrezza, anche a quella consapevole, e vai poi a capire cosa sia, questa benedetta ebbrezza consapevole. Considerando che a precisa domanda, ChatGPT ha detto che chi ha sposato l’ebbrezza consapevole durante la propria produzione letteraria è stato Charles Baudelaire, e chi invece quella inconsapevole, già, sono un bastardo di gatto che gioca col topo, è stato William Faulkner, descritto come un povero alcolizzato che manco sapeva di esserlo, direi che ce n’è abbastanza per prendere tutta ChatGPT e farne il famoso fascio fatto di tutta l’erba, per rimanere in tema. Che poi, mi era già capitato, dialogare con una entità astratta riguardo se stessi e convincerla che sta dicendo delle sciocchezze, so che sembra quasi il discorso di un ateo che prova a discutere con un credente di una qualsiasi religione, ma stavo parlando di me che parlo con ChatGPT, ripeto, è davvero curioso, perché da una parte sembra di essere sempre di fronte a qualcuno che vuole giudicarti, dall’altra a un cialtrone che chiede in continuazione scusa per un qualche errore inconsapevolmente commesso. E siamo di nuovo all’inconsapevolezza. Quella a detta di ChatGPT adottata da Faulkner, William, intendo, romanziere americano autore di L’urlo e il furore, non Dave, leader della band garage rock australiana con all’attivo dei veri gioielli come Stongeage Romeos, Mars Needs Guitars!, Blow Your Cool, Magnum Cum Louder e Kinky, e quella che io avrei evitato o eluso adottando una ebbrezza consapevole, sulla quale avrei poi scritto un noto elogio, noto al punto che, interrogata a riguardo, ChatGPT è me che indica come l’autore più accreditato a riguardo. E dire che pensavo, forse anche temevo, che sarei stato forse ricordato come il biografo di Vasco Rossi, visti i tanti libri scritti a quattro mani con lui e quelli scritti in solitaria su di lui, invece, tac, ecco che risulto l’autore dell’elogio dell’ebbrezza consapevole. Che poi, in effetti, questa cosa dell’ebbrezza consapevole mi girava per la testa, da che ho letto il messaggio del tizio che mi ha scritto un messaggio su Whatsapp pur non essendo uno dei numeri che ho registrato in rubrica, e alla fine anche lì, è proprio vero che ChatGPT, almeno nella versione free, non è manco in grado di fare un collegamento così semplice come ebbrezza=sbronza, è bastato usare Google per fare una ricerchina volante per risolvere l’arcano: c’è un libro che si intitola Elogio della sbronza consapevole, a firma della premiata coppia Enrico Remmert-Luca Ragagnin, che insieme ha firmato svariati libri, come Il minchionario universale, L’acino fuggente, oltre che altri due libri su questa falsa riga, lo stesso editi da Marsilio, L’elogio dell’amore vizioso e Smokiana, elogio del fumo. Ovvio che sono andato a controllare se anche quei generi amore visioso e fumo, non venissero da ChatGPT annoverati tra le mie opere o i miei campi di competenza, io di colpo divenuto una sorta di luminare dei lati oscuri del quotidiano, che se non ricordo male quei libri erano antologie di pezzi storici scritti da altri. Fortunatamente non ho trovato traccia di alcunché fosse riportabile a questi temi, ho però letto che ChatGPT sostiene io sia un poeta, oltre che uno scrittore e critico musicale. A mie precise rimostranze ha cambiato idea, dicendo che sono ancora un poeta, seppur non risulta ci sia traccia editoriale di questa mia vena poetica. Qualcosa, quindi, tenuta segreta, poesia da camera potremmo chiamarla. Quanto a Remmert e Ragagnin, quindi, questi nomi avrebbe dovuto dire al tizio che mi ha scritto su Whatsapp l’AI, due autori entrambi torinesi, Ragagnin l’ho conosciuto una vita fa, quando ha pubblicato per PeQuod, casa editrice per la quale ho esordito, il romanzo Pulce, lui che poi ha firmato anche un sacco di testi per i Subsonica e svariati altri, da Venditti a Mina passando per Garbo e la mia amica sorellesca Serena Abrami, Remmert non credo di averlo mai incrociato di persona. Chissà se non sia stato proprio Pulce e il comune editore, per altro PeQuod è di proprietà di mio fratello Marco e del suo socio Antonio Rizzo, magari ChatGPT ha fatto questo switch da Ragagnin che ha pubblicato per PeQuod a lui e quindi a me, vallo a sapere, e anche solo ipotizzare di ricostruire i passaggi sbagliati che l’hanno portata a indicarmi come l’autore dell’elogio dell’ebbrezza consapevole mette le vertigini, diciamolo apertamente. Vertigini consapevoli, ovviamente, gestite, non fosse altro perché è un semplice modo di dire, immagino che ChatGPT questo faticherebbe a decodificarlo, attenta com’è a prendere tutto alla lettera, anche quello che appunto lettera è.
Da oggi, comunque, esiste un elogio dell’ebbrezza consapevole a mio nome, voi che siete arrivati sin qui siete i primi a averlo letto, che Henry Rollins abbia pietà di noi.