Funivia Stresa-Mottarone, nuovi dettagli nella confessione di Tadini

Funivia Stresa-Mottarone, nuovi dettagli nella confessione di Tadini

Sulla tragedia della funivia Stresa-Mottarone emergono nuovi dettagli dalla confessione di Tadini, il responsabile del servizio

Le indagini sul disastro della funivia Stresa-Mottarone, che ha causato la morte di 14 persone, stanno facendo emergere la verità e soprattutto le responsabilità dei tre arrestati. Fondamentali per ora non solo le perizie sulla cabina, i cavi e il sistema frenante, ma anche la confessione e la ricostruzione dei fatti di uno dei tre arrestati. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, Gabriele Tadini, il responsabile del servizio della funivia, ha detto che anche gli altri, ovvero Luigi Nerini e Enrico Perocchio, erano a conoscenza dei fatti.

Tadini ha raccontato agli inquirenti i fatti di quel tragico giorno. Verso le 9 del mattino ha avviato il funzionamento della funivia con una corsa di prova a bassa velocità, al fine di verificarne il regolare funzionamento. Tadini sapeva che erano inseriti i forchettoni a bloccare i freni di emergenza e si era accorto anche che vi era «qualche anomalia all’impianto frenante».

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L’uomo ha dichiarato di aver sentito un rumore, che – come riporta il Corriere – è «un suono caratteristico, riconducibile alla presumibile perdita di pressione del sistema frenante, che si ripeteva ogni 2-3 minuti». Questo avrebbe potuto creare ulteriori problemi e quindi decise di lasciare i forchettoni inseriti, per evitare che il sistema, rilevando l’anomalia, potesse far scattare il freno, fermando l’impianto.

In un primo momento Tadini aveva dichiarato di aver preso da solo quella decisione, ma successivamente ha aggiunto altre dichiarazioni alla sua deposizione, dicendo che anche Perocchio e Nerini ne erano a conoscenza e che quel modus operandi era ormai una prassi da almeno un mese. La decisione, dunque, era stata condivisa sia con Perocchio che con Nerini, i quali oltre ad avallare la scelta gli avrebbero detto di non fermare la funivia perché la manutenzione necessaria avrebbe portato «ripercussioni di carattere economico».

Tutti e tre gli indagati restano in carcere poiché la loro condotta, soprattutto di Nerini e Perocchio, non li ha portati ad assumersi subito le proprie responsabilità. Inoltre, per i reati commessi, definiti «di straordinaria gravità», gli inquirenti ritengono possibile la fuga.

Intanto, sono ancora in corso le perizie dei tecnici che devono accertare le cause che hanno portato alla rottura della fune di trazione, poiché ancora non è chiaro se ci sia un nesso tra la rottura e il sistema frenante bloccato.

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