Fate attenzione all’urgano Federica (Camba)

Quello che state per leggere è un paradosso. Lo è talmente tanto che non ho neanche scritto quello che state leggendo è un paradosso, ma quello che state per leggere, come se nel mentre non aveste già cominciato a farlo.

Comunque, quello che state leggendo è un paradosso, e lo è perché parto da una notizia di questi giorni, neanche troppo fresca di giornata e la rovescio, ribaltando quindi l’effetto finale. O meglio arrivando a ribaltare l’effetto finale se questo fosse in effetti poi il cuore del mio racconto, e questo ribaltamento ne rappresentasse in qualche modo il finale, volendo anche la morale. Invece è solo il punto di partenza, perché, come mio uso e costume, poi passerò a parlare d’altro, già lo sapete.

Il fatto è che io ho scoperto dell’esistenza di Benson Boone poche settimane fa, e l’ho fatto attraverso Instagram. È lì, infatti, che ho visto il reel della sua performance ai Grammy Award, una cosa strepitosa, immagino l’abbiate vista anche voi. Nell’incertezza ve la racconto, c’è questo tipo coi beffetti e uno smoking, poi scoprirò appunto che si chiama Benson Boone, è una popstar da cinquanta milioni di ascoltatori mensili su Spotify, ma io non uso Spotify, la mia religione me lo impedisce, quindi sono parzialmente giustificato nel non averne mai sentito parlare, uno che su Instagram, è lì che ci siamo conosciuti, o meglio io ho conosciuto lui, ha quasi sei milioni di followers, sempre per dare qualche numero. Il tipo coi baffetti e lo smoking è seduto ai tavoli eleganti del posto dove si tiene la finale dei Grammy, quella poi vinta sorprendentemente da Doechii con Anxiety, e anche qui, non l’avevo mais sentita nominare fino a quel momento, sto diventando clamorosamente vecchio. Il tipo coi baffetti e lo smoking è seduto ai tavoli eleganti del posto dove si tiene la finale dei Grammy quando comincia a cantare, quasi sorpreso di ritrovarsi un microfono in mano, la faccia di John Travolta nel famoso meme tratto da Pulp Fiction. Canta aggirandosi tra i tavoli, gran bella voce, cristallina, quando a un certo punto si ferma e due tipe che stavano sedute al tavolo con lui gli strappano di dosso, letteralmente, la giacca. Così, due strattoni e a ognuna delle due resta in mano una manica e parte della giacca. A quel punto lui, il tipo coi baffetti e ormai solo i pantaloni dello smoking, sotto c’è un corpetto celestino con dei glitter, si stappa anche i pantaloni di dosso, come si è usi vedere in certi filmati con protagonisti degli spogliarellisti. Non che io sia solito vedere video con gli spogliarellisti, lo facessi non avrei problemi a dirlo, lo sapete. Ne ho visti ai tempi dei California Dream Man, e del loro corrispettivo di Centocelle, non ricordo il nome, e di quel film sugli operai che venivano licenziati, in Inghilterra, e davano vita a un gruppo sgaruppato di spogliarellisti, film con Robert Carlyle, già amato come Begbie in Trainspotting, Wikipedia mi ricorda che si intitolava Full Monty, per il resto nulla, ma ricordo da quei video che gli spogliarellisti avevano pantaloni con lo strappo, li tiravano e si sfilavano con un solo gesto. Il medesimo gesto che compie il tipo coi baffetti e adesso ormai non più uno smoking, ma una tutina celestina coi glitter, una roba con tanto di scollatura profonda davanti, vagamente alla Freddie Mercury. Il tipo continua a cantare, sale delle scalette e arriva sul palco, un saltello sullo sgabello, due passi sopra la coda dello strumento e via, un salto mortale che lo riporta sul palco, il tutto mentre continua a cantare il brano, Beautiful Things, il titolo, i fuochi d’artificio a sottolineare l’epicità del gesto. Una grandissima performance, ho pensato, salvo poi scoprire che il tipo coi baffetti ha solo ventidue anni, cosa alquanto impressionante, non perché li porti poi così male, e sì, li porta poi così male, quanto per la padronanza che ha dimostrato di fronte a quella che comunque è una platea importante, forse una delle più importanti per chi fa musica pop al mondo.

La notizia che però riguarda Benson Boone è un’altra, di qui il paradosso. Benson ha infatti partecipato al Festival di Coachella, un tempo piuttosto figo, oggi diventato il posto dove andare se sei un influencer o comunque uno che sa stare al mondo, i biglietti diventati veri e propri oggetti del desiderio per chi non sia fondamentalmente abbastanza ricco. Benson ha preso parte al Coachella sempre vestito con quella medesima tutina, fatto di per sé inconsueto, perché in genere ci si cambia, a meno che la tua non sia una divisa, tipo Homer Simpson o Ricky Memphis in Distretto di Polizia, o Lucio Corsi prima, durante e dopo Sanremo. Benson era vestito con la tutina ma stavolta, questo il video divenuto virale, non ha fatto la sua Beautiful Things, ma ha reso omaggio a chi evidentemente lo ha fortemente influenzato, quel Freddie Mercury su citato coi suoi Queen. Quindi eccolo attaccare il brano al pianoforte, eccolo cantare la canzone e fare le sue capriole in aria, veri e propri salti mortali. Poi, colpo di scena, ecco che da una colonna alle sue spalle è spuntato nientemeno che Brian May dei medesimi Queen, a suonare la sua chitarra e incantare. I capelli ricci inconfondibili nel mentre sono diventati bianchi, gli anni passano, a non essere morti come Freddie, ma è lui, non ci sono dubbi. Non ci sono dubbi per chi lo conosce, perché, ecco la notizia, il pubblico del Coachella è rimasto indifferente. Impassibile. Immobile. Al punto che lui, Benson Boone coi suoi baffetti e la tutina aderente, ha spronato il pubblico a fare quel boato che non ha fatto all’apparire di Brian May, a esplodere in un applauso, dicendo che era proprio lui, Brian May dei Queen, col risultato che nessuno ha fatto nulla a riguardo, come se fosse apparso sul palco un passante qualsiasi. Brian ha suonato e poi è rimasto sul palco, accompagnando Benson nella sua hit, Beautiful Things, sempre nell’indifferenza di quello che Freak Antoni avrebbe legittimamente chiamato “pubblico di merda”. L’indomani il cantante, classe 2002, ripeto, li ha anche presi tutti per il culo, con un reel sempre sui social nel quale diceva qualcosa come “POV: io che cerco di spiegare al pubblico di Coachella chi sono i Queen”. Della serie, in che mani stiamo lasciando questo malandato mondo.

Ma io, ovviamente, non voglio star qui a parlare di in che mani stiamo lasciando questo malandato mondo, rovesciando in quel caso il trito e giusto refrain che vuole noi a aver lasciato un mondo apparecchiato di merda alle nuove generazioni, ma voglio, per questo ho tirato in ballo il paradosso e il rovesciamento di qualcosa di conosciuto come la faccenda di Benson Boone, perché voglio parlare di un altro paradosso, e non è neanche il paradosso che pur avendo tirato in ballo una notizia che ha fatto il giro del mondo ma che ormai non è più tale perché è passato qualche giorno dai fatti ora io vada a parlare di qualcosa che in effetti è successo ugualmente giorni fa, perché il paradosso è che io andrò a parlare di qualcuno che è famoso per un motivo, ma andando a parlarne per un altro motivo, ancora un rovesciamento paradossale, quindi, tutto torna.

Federica Camba, è di lei che voglio parlare, anzi, voi magari potete anche non saperlo, ma è di lei che sto già parlando da oltre mille pagine. La cantautrice romana, di origini sarde, o forse dovrei semplicemente dire la cantautrice sarda di stanza a Milano è finalmente arrivata sul mercato con un nuovo singolo. Fin qui, dirà qualcuno, niente di paradossale. Beh, mica è così vero, perché Federica Camba, recentemente di passaggio, è il caso di dirlo, dentro la scatola magica della televisione a fianco di suo marito Gianluca Fubelli, in arte Scintilla, in quel di Pechino Express, da tutti letti come la coppia più affiatata, di quelle che fanno palpitare il cuore, e anche per questo subito fatta fuori dagli altri concorrenti, è una cantautrice, appunto, il nuovo singolo Occhi di uragano sta lì a dimostrarlo in tutta la sua energia, ma è famosa come autrice conto terzi. Anzi, essendo gli autori di canzoni, per definizione, persone che scrivono canzoni poi portate al successo da altri, che le interpretano, Federica Camba è una autrice di cui conoscerete un sacco di canzoni, ma che potreste anche non conoscere direttamente, o potreste averla conosciuta dentro la televisione per Pechino Express, quindi ancora una volta non per il suo essere una cantautrice. Un bel paradosso, converrete, che mi da modo di parlare di un altro paradosso, il modo nel quale io ho conosciuto Federica Camba, ormai tanti anni fa. Ai tempi scrivevo per Il Fatto Quotidiano, e ognuno ha la sua croce, e mi stavo preparando per il mio primo Festival di Sanremo dopo parecchi anni nei quali non mi ero occupato di musica come collaboratore di una testata. In gara c’era Marco Masini, con il brano Che giorno è, che mi aveva particolarmente colpito. Leggendo i nomi degli autori del brano, oltre quello del cantautore toscano, mio amico, ero rimasto particolarmente colpito proprio da quelle due firme, Camba/Coro, che così tante volte avevo visto in calce a brani che avevano urtato i miei nervi. Perché Camba/Coro, cioè Federica Camba e Daniele Coro, due cantautori prestati alla scrittura per altri, avevano firmato tante, tantissime canzoni di Alessandra Amoroso, su tutte citerei Stupida e Estranei a partire da ieri, Emma, Antonino, Marco Carta, Loredana Errore, Valerio Scanu, e un po’ tutti quelli transitati da Amici in quegli anni, parliamo della fine degli anni zero, per non dire di Laura Pausini, cioè tutta gente che non aveva, in alcuni casi non ha tutt’ora, la mia stima. Però loro due firmavano anche Che giorno è di Marco Masini, fatto spiazzante, così decido, lasciatoci Sanremo alle spalle, di andarli a trovare in studio, per scambiarci quattro chiacchiere, e mi si è aperto un mondo. Innanzitutto ho scoperto due grandi professionisti, ma questo non lo avevo proprio messo in dubbio, non firmi così tante hit solo perché sei nel giro giusto, o meglio, in quel giro, che era poi il fatto che mi infastidiva di più, la faccenda cioè che chi usciva da Amici ai tempi dominava le classifiche a prescindere, ci entri se hai la stoffa, c’è la fila fuori, poi due persone con cui ho subito creato empatia, infine, e qui arriviamo a noi, anche se già ci siamo arrivati, una splendente cantautrice. Perché Federica, è di lei che sto parlando, ai tempi fidanzata con Daniele, e di lì a qualche anno mamma della loro Nina, mi ha dato il suo album, Buonanotte sognatori, in realtà di un paio di anni prima, siamo nel marzo del 2015, invitandomi a ascoltarlo senza pregiudizi. Questa cosa di ascoltare senza pregiudizi è una cosa che mi viene chiesta spesso, il che forse dovrebbe anche un po’ offendermi, perché presuppone che io ascolti con pregiudizi, quando invece spesso ascolto con giudizi dati in precedenza su altre opere, che influenzano indubbiamente più l’ingresso nel locale che quel che succede poi, nel senso che magari certi ascolti passati mi precludono la possibilità di farne di nuovi, perché se un artista non mi interessa lo evito, ma una volta che ascolto ascolto, ci sono stati tanti casi, nel corso della mia carriera, orma lunghetta, nei quali mi sono ritrovato a sottolineare l’eccellenza di un lavoro di qualcuno che in precedenza avevo stroncato, questo senza che io abbia cambiato idea sui lavori precedenti, quindi dire che mi sono ricreduto è sbagliato, ma comunque cambiando traiettoria. Magari ci sarebbero stati anche più esempi possibili, se gli ascolti precedenti non avessero impedito che io ascoltassi qualcuno che giudicavo in partenza non interessante, vallo a sapere, la vita è troppo breve per poter ascoltare tutto e un qualche criterio per decidere cosa ascoltare è pur sempre necessario. Federica Camba mi consegna il suo album chiedendomi di ascoltarlo, e mi trovo di fronte a un gran bel lavoro, e a una penna e una voce, in questo caso è la voce che mi colpisce, decisamente interessante. Mi colpisce la voce, dico, perché indubbiamente che Federica sapesse scrivere mi era chiaro, pur avendo deciso di affidare le sue canzoni a artisti che neanche ritenevo tali, ma ascoltare la sua voce mi ha davvero colpito, al punto da essermi chiesto che ne sarebbe stato di quei brani, gli Stupida, gli Estranei a partire da ieri, anche i Che giorno è, intendiamoci, pur amando molto la versione di Marco Masini, che non a caso è coautore del brano con loro, se a cantarli fosse stata lei. Di tutti i brani contenuti in quel disco ho amato alla follia, lo amo ancora e lo considero uno dei migliori usciti in Italia nel corso di questo quarto di secolo, L’amore, una ballad malinconicissima e coinvolgente. Forward veloce, arriviamo a oggi. Sono passati dieci anni. Nel mentre io e Federica siamo diventati molto amici, non dico qualcosa di segreto. Abbiamo condiviso momenti personali importanti, emozioni, dolori, quel che la vita in genere mette sul tavolo quando si è adulti. Federica ha continuato a scrivere per altri, per dire con Marco e lo stesso Daniele, col quale ogni tanto ancora collabora, ha scritto quella Il confronto, sempre per Marco Masini, sempre presentata al Festival, stavolta del 2020, che trovo essere a sua volta una di quelle canzoni da portare nella famosa isola deserta, come del resto ho trovato grandiosa Una grande festa, scritta con e per Luca Carboni, provateci voi a fare un brano movimentato e decisamente pop che parla di morte, ma soprattutto mi ha più volte raccontato di sue canzoni, sue canzoni scritte per lei, di album scritti e prodotti per lei, salvo poi raccontarmi che li aveva momentaneamente messi da parte, perché nel mentre le erano arrivate altre idee, altre suggestioni, altri spunti. Federica ha anche preso parte al mio Rock Down- Altri cento di questi giorni, un reading andato in scena esattamente tre anni fa al Teatro Elfo Puccini di Milano, con uno spazio congiunto anche presso gli IBM Studios Milano, dove per settantadue ore e un quarto di fila, ininterrottamente, tra la mezzanotte che divideva il 12 e il 13 aprile, fino alle 00:15 del 16 aprile si sono succeduti 307 lettori a leggere parte del diario che avevo scritto durante i due anni di pandemia, quelli cioè tra quel 24 febbraio 2020, poco dopo il Sanremo de Il confronto, appunto, quando Milano non aveva riaperto le scuole dopo il ponte di carnevale perché girava questa cosa strana chiamata Coronavirus, e il 24 febbraio 2022, quando della pandemia si parlava meno perché Putin ha invaso l’Ucraina. Un evento per me fondamentale, dove alcuni amici e alcune amiche, lei tra questi, hanno avuto modo di farmi l’onore di leggere alcune delle mie pagine, Federica ne ha letta una per me particolarmente importante, personale, proprio quando ci stavamo avvicinando verso il finale, sul palco con lei, a darsi il cambio, un’altra cara amica, Paola Iezzi. Ora, siamo in aprile e siamo nel 2025, sono giorni che sto trattenendomi dal voler scrivere del ritorno di Federica Camba come cantautrice, fatto per me importantissimo, e non per una faccenda privata, è una mia amica e ne sono molto felice, ma perché quando sai che una grande artista sta tornando e di lavoro fai il critico musicale scalpiti per farlo sapere a tutti, o almeno a quei tutti che ancora non lo sanno. So però che a giorni dovrebbe uscire anche l’album, quindi mi trattengo per scrivere direttamente di quello, un pezzo dei miei, come questo, lungo, dispersivo, divagante, ma che possa far accendere, penso, la giusta luce su chi una giusta luce merita. Però, ovviamente c’è un però, ho capito male, l’album, che stavolta c’è davvero, nel senso che è in finalizzazione e già schedulato, uscirà in autunno, e io ho trattenuto il colpo in canna, manco fossi un maestro tantra, erroneamente. Lo scopro perché, bonariamente, il suo ufficio stampa me lo fa notare, grazie Yulia, spiegandomi con la pazienza che in genere si usa coi bambini che è del singolo che si sta parlando ora, Occhi di uragano il titolo. Il paradosso del paradosso, quindi, perché avevo deciso di parlare di una grande cantautrice più conosciuta come autrice, che però stava tornando come cantautrice, e non l’ho fatto perché aspettavo a giorni un album che però uscirà a mesi, e intanto non ho parlato del singolo. Benson Boone che continua a fare capriole in aria manco fosse incastrato dentro un loop temporale. Occhi di uragano è la canzone che anticipa il nuovo corso della carriera di Federica Camba, signore e signori. Non che nel mentre se ne sia stata sempre in silenzio, era il 2021 quando ha tirato fuori Controvento, ma questo è il primo tassello di un’opera più complessa e non possiamo che gioirne. Un brano ritmato, una modernissima giga, i sapori western che si possono vedere guardando il videoclip che accompagna l’uscita del brano ci dicono molto, ma ovviamente non tutto, perché Federica, che delle canzoni scritte per altri, nonostante quel che erroneamente si potrebbe pensare, non scriveva e non scrive solo i testi, ma anche le musiche, riesce a appoggiare su una struttura ritmata, che richiama alla mente certe cose di Avicii come di Ed Sheeran, per fare due nomi non indifferenti, ci appoggia sopra una melodia aperta, ariosa, dove, flexando, incasella tante parole con un flow che difficilmente ritroviamo nella nostra musica italiana. Una canzone che parla di incontri e d’amore, l’uragano cui fa riferimento nel titolo in realtà si sposa più a belle giornate di sole, al momento non ancora pervenute da queste parti. Una canzone che, torniamo alla voce, oltre a dimostrare quanto Federica Camba abbia una propria voce intesa come scrittura e lingua, mette in risalto la sua voce intesa come strumento canoro, calda e graffiata. Qui, quindi, nessun paradosso, semmai una capriola per aria, cui si suppone seguiranno altre capriole e fuochi d’artificio, come per Benson Boone sul palco dei Grammy. Sarei curioso, e so che di questo mi chiederà il conto, prima o poi di calcare un palco con una tutina celeste coi glitter esattamente come quella del cantante americano, sia mai che presa dall’entusiasmo per il ritorno non accada davvero. Con incredibile ritardo, quindi, a dieci anni esatti da che ho conosciuto una grande cantautrice vi segnalo il ritorno di quella grande cantautrice, Federica Camba, l’uragano è lei, mi sembra evidente, mica è un caso che negli USA diano sempre nomi di donne a questi fenomeni atmosferici così dirompenti.

Basta indugi, quindi, se siete tra quanti amano la musica pop e più in generale la musica andate a ascoltarvi Federica Camba e aspettate con me in trepidante attesa l’uscita del suo primo album dopo dodici anni, in autunno, poi non dite che non vi avevo avvisato.

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Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro, stand-up comedian da scrivania. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

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