Sul caso di Saman Abbas emergono nuovi dettagli dall’interrogatorio al fratello minore della vittima: si va dal terrore per lo zio al ruolo dei genitori
Continua la caccia all’uomo da parte delle forze di polizia, che ormai sono certe che ad uccidere la giovane Saman Abbas sia stato lo zio Danish, ma non è di certo meno leggera la posizione dei genitori, che ora si trovano in Pakistan e su cui bisogna ancora fare chiarezza. Fondamentali per la ricostruzione della dinamica, sono le dichiarazioni del fratello sedicenne della povera vittima.
Il ragazzo, come riporta il Corriere della Sera, ha ricostruito gli ultimi momenti della sorella, in base a ciò di cui è stato testimone: «Andate in casa! Ora ci penso io», queste sono le parole che lo zio avrebbe gridato ai genitori della ragazza poco prima di strangolarla, come forma di punizione, scrive il gip Ramponi “per punirla dell’allontanamento dai precetti dell’Islam e per la ribellione alla volontà familiare, nonché per le continue fughe di casa”.
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Con lo zio ci sarebbero c’erano anche due cugini Ijaz Ikram di 28 anni, e Nomanulhaq Nomanulahq di 33. Il ragazzo ha continuato a raccontare che lui era in «cucina, al pianterreno: e guardavo ciò che accadeva. Mio padre è rientrato a casa con lo zaino di Saman, quello di colore avorio che lei aveva sulle spalle quando è uscita». Sarebbe stato lo zio a dire al padre «di portarlo in casa e di nasconderlo senza farlo vedere alle telecamere». Una volta rientrato, il padre «si è sentito male e ha pianto».
Il ragazzo ha aggiunto altri dettagli inquietanti. Il primo sull’impossibilità di opporsi allo zio, temuto da tutti gli Abbas, per la sua “ferocia”. Dice il ragazzo: «Se mio papà avesse detto ai carabinieri quanto avvenuto, lui ci avrebbe uccisi». Il secondo sugli sms che la madre avrebbe inviato al figlio, come quello in cui avrebbe scritto: “Se ti chiedono qualcosa tu devi dire che Saman è partita”.
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