Dopo esser rimastato contagiato dal Covid, Antonio Cannavacciuolo decide di ripartire e apre tre resort e un ristorante al Sud
In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, Antonio Cannavacciuolo si è raccontato tra la guarigione dal Covid e la voglia di rilanciarsi, nonostante il periodo nefasto per i ristoratori.
«Il sogno di mio padre Andrea era aprirmi un ristorante a Ticciano, dove sono nato. Tra pochi mesi succederà, solo che sarò io ad aprirlo a lui, nella casa padronale che ha comprato per me nel 1995. Sono felice di realizzare questo suo desiderio perché è a lui che devo il mio successo. Con me papà ha sempre avuto un rapporto di sfida: “fammi vedere che sai fare”. E io tutto quello che faccio lo faccio per dimostrargli qualcosa» ha dichiarato lo Chef campano, 45 anni e quattro stelle Michelin, riferendosi al «Laqua Countryside» a Ticciano che aprirà in estate.
Cannavacciuolo non nasconde i problemi che la pandemia ha creato: “Gli ultimi dodici mesi sono stati pesanti. Business fermo, tanta incertezza, problemi per tutti. Però non abbiamo voluto rimandare questa apertura perché crediamo che ci sia tanta voglia di ripartire”.
Nonostante il Covid del quale ha detto: “A dicembre ho pure avuto il Covid, ma praticamente non me ne sono accorto: ero un po’ stanco, avevo dei giramenti di testa. Pensavo fossero gli effetti della dieta detox che stavo seguendo… invece qualche settimana dopo ho fatto un test sierologico e ho capito che era il virus. Per fortuna non ho perso né gusto né olfatto e non ho contagiato nessuno”, Antonio Cannavacciuolo è pronto a nuove avventure lavorative. Oltre il ristorante a Ticciano, sempre in estate aprirà «Laqua by the Sea» a Meta di Sorrento e «Laqua by the Lake» sul lago d’Orta che fanno parte de «Laqua Resorts», la nuova linea di ospitalità ideata con la mglie Cinzia Primatesta.
Un progetto ambizioso, ma lo Chef campano crede che sia necessario: «Questo è l’anno zero della ristorazione e noi volevamo esserci, dire la nostra. Dopo il Covid è chiaro che alle persone non si possono più raccontare frottole. Ci vuole autenticità, serietà, qualità. Bisogna lavorare sugli ingredienti, sulle cose fatte ad arte. Serve una cucina senza trucchi. Vedo che il concetto si sta diffondendo: era un pensiero già avviato, ma tra pochi, ora noto che sempre più ristoranti, anche trattorie e pizzerie, ragionano così. Usano la farina migliore, l’ingrediente migliore. Sono convinto che con questo spirito rinasceremo come sistema».
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