
Non ho nessuna memoria del mio esame di maturità. Erano gli anni Ottanta, direi che ci potrebbe anche stare, seppur l’esame di maturità goda in genere di una certa allure in tutti quelli che ci incappano, complice la canzone di Antonello Venditti e una certa cinematografia. Non ne ho memoria se non per un dettaglio che mia moglie mi ha ricordato tempo fa, non tanto tempo fa, altrimenti probabilmente me ne sarei a sua volta dimenticato, cioè che avevamo un presidente di commissione esterno che mi disse, anticipando clamorosamente queste tempi devastati che stiamo vivendo, “lei vuole fare il giornalista? Semmai il giornalaio”, non solo mettendo in pratica una forma di classismo piuttosto evidente, immagino a suo dire giustificata dal fatto che fossimo all’interno di un Liceo Classico, quello di quei tempi lì, che era in effetti scuola di suo classista, ma anche una lungimiranza piuttosto evidente, dal momento che ne sto parlando proprio qui.
Non ho nessuna memoria del mio esame di maturità, mentre ricordo alla perfezione gli esami di maturità dei miei figli, Lucia e Tommaso, evidentemente assai più recenti, come ricordo quelli recentissimi e di terza media degli altri miei due figli, Francesco e Chiara, e in questo caso altrimenti starei vergando queste parole in qualche clinica, visto che il tutto risale a un paio di settimane fa.
Non ho nessuna memoria del mio esame di maturità, ma ricordo invece con una precisione chirurgica che quell’esame di maturità non ha avuto nessun impatto sulla mia vita, nessuno me ne ha mai chiesto conto, come nessuno mi ha mai chiesto conto dei miei successivi studi, forse perché per fare quel che faccio, lo scrittore e il critico musicale, potrei anche dire il giornalista, visto che scrivo per giornali, magazine, siti da quasi trent’anni, non fosse che non sono per scelta iscritto all’albo dei giornalisti né come professionista né come pubblicista, e ne faccio una posizione di principio, quindi mi fermo qui, forse perché per fare quello che faccio, dicevo, alla faccia del presidente di commissione stronzo che ho avuto, quel che mi è sempre stato chiesto è di saperlo fare.
Col che, attenzione, portate pazienza e proseguite mettendo da parte un eventuale vostro disappunto, non intendo affatto dire che studiare non serva, figuriamoci, non ho mai smesso di farlo e continuerò a farlo credo vita natural durante. Non è servito l’esame di maturità, né quel che quell’esame ha comportato a livello di voto, questo intendevo.
Ne parlo, ma credo di non dire nulla di sorprendente, prendendo le mosse dalle vicende dello studente di Padova che, certo della promozione per aver raggiunto un punteggio sufficiente grazie ai crediti accumulati durante l’anno e i punti messi insieme con gli scritti, arrivato in sede di orale si è rifiutato di sostenere il colloquio, come forma di protesta. Episodio eclatante, di cui tutti hanno parlato e continuano a parlare, anche perché anche a Belluno è successa una cosa analoga, stavolta da parte di una studentessa, e a seguire ancora uno studente, stavolta a Treviso, e poi via via altri, sempre più scontornati, a Urbino, a Firenze, chissà dove, perché quando un fatto eclatante diventa virale non ha più bisogno di dettagli.
Una forma di critica incisiva, direi, proprio in virtù di quanto se ne sta ancora parlando, che ha spinto un sempre illuminato Ministro Valditara a dire che se uno non sostiene l’orale dall’anno prossimo sarà bocciato, mandando sostanzialmente a carte quarantotto un sistema che lui, in quanto Ministro dell’Istruzione, lo so che fa già ridere così, ha contribuito a creare. E il tutto anche di fronte a un episodio, anzi tre, quattro, cinque, sai tu, per ora, nel quale un giovane, specie in via d’estinzione spesso additata di scarsa personalità, poca voglia di prendere posizioni, totale assenza di nerbo, ha dimostrato grande carattere, piaccia o meno quel che ha fatto.
Ora, siccome siamo nel 2025, e su questa cosa ha pontificato anche Fragolin85 col suo account Facebook, in questo incredibile scenario per cui essere dotati di voce comporta anche il credersi automaticamente dotati anche di rilevanza e ancor più di un pubblico, credo di poter serenamente dire la mia, a differenza di Fragolina85 pagato per farlo, con tanti simpatici saluti al mio presidente di commissione di esame.
Per farlo, sono pur sempre uno scrittore, la letterarietà ha per me un peso specifico all’interno di un pezzo, io li chiamo così proprio perché non sono giornalista, assai importante, faccio un passo a lato, provando a indicare un aspetto del quadro d’insieme che quasi mai viene messo a fuoco.
Un aspetto, immagino, che manderà su tutte le furie i Fragolina85 che non la dovessero pensare come me, e mi auguro siano tanti, perché l’idea di condividere anche casualmente pensieri con Fragolina85 mi metterebbe molto a disagio.
Vengo da una città di provincia, credo di averlo detto così tante volte da meritare che mi venga intitolato, una volta che sarò passato oltre, modo singolare per dire che sarò morto molto in voga di questi tempi nei quali parlare di morte sembra sia diventata faccenda spinosa, vengo da una città di provincia, credo di averlo detto così tante volte da meritare che mi venga intitolato, dicevo, il corso principale della mia città, Ancona. Sono arrivato a Milano che avevo ventotto anni, esattamente ventotto anni fa. Questo fa sì, direi che è normale, che io abbia a Milano una rete di amicizie e conoscenze molto ampia, è quei che vivo e ho messo su casa, ma che ne abbia una anche nella città di Ancona. Ho anche amici e parenti in giro per l’Italia, faccio un lavoro che nonostante un tempo comportasse il vivere isolato, lì di fronte a un foglio bianco a scrivere, oggi comporta lo stare costantemente in contatto con altri, dal vivo o in remoto. Diciamo, la metto così, che conosco tanta gente a Milano, tanta gente in Ancona, si dice così, e tanta gente nel resto del paese. Molti miei coetanei hanno figli suppergiù dell’età dei miei figli. Questo per due ragioni, primo, ho un’età che agevola l’avere avuto figli in epoche non troppo vicine, specie perché mia moglie è mia coetanea, secondo, molti degli amici e delle conoscenze fatte a Milano sono frutto dell’avere quattro figli, i genitori dei loro compagni di scuola, di asilo, di catechismo, quel che è. Diciamo che ho molte persone con le quali posso confrontarmi parlando di scuola, e ormai anche di università. Cosa che evito di fare come la peste, perché non sono uso alle competizioni, e perché ho un’idea piuttosto radicale riguardo l’istruzione, a breve ci arrivo, Fragolina85 porta pazienza.
Comunque succede questo, da anni, almeno da che ho i figli scolarizzati, la più grande Lucia a giorni fa ventiquattro anni, esiste questa cosa della Prova Invalsi. Nel tempo è stata parte dei parametri coi quali si è arrivati al voto finale dei vari cicli scolastici, ora mi par di capire è tornata al suo scopo naturale: valutare il grado di apprendimento degli studenti italiani nelle principali materie, o meglio, in quelle che in Italia vengono indicate come le principali materie, quindi italiano, matematica e lingua inglese. Dati oggettivi il cui scopo sarebbe, per sua natura, quello di valutare non tanto gli studenti, quanto il sistema scolastico, se il grado è basso è perché la scuola non è in grado di istruire, quindi si può in qualche modo intervenire. Un metodo che noi, in quanto italiani, abbiamo agevolmente gabbato nel tempo, andando a preparare gli studenti alle Prove Invalsi, che è un po’ come dire che per non far vedere che una scuola non è del tutto appropriata si tenta di bluffare spiegando nel dettaglio come rispondere a quei test, test che ho letto e che non saprei portare a casa neanche sotto dopamina.
Stando comunque a queste prove i livelli massimi di Prove Invalsi in Italia le hanno tre regioni del nord, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Considerando che sono anche regioni piuttosto popolose direi che è un dato interessante.
Però poi succede una cosa, e qui lascio un secondo da parte i numeri e passo al racconto fatto solo di parole. Nella mia città natale, Ancona, ogni anno il sindaco vigente è uso premiare a teatro i giovani concittadini che hanno conseguito il 100, che ai miei tempi era il 60. Non ho ricordi del mio esame di maturità, ma ricordo che nella mia scuola non ce ne furono, di 60, era una faccenda rara, che premiava solo i meritevolissimi. Grazie a Facebook, e in alcuni casi a quei discorsi che si fanno in spiaggia, d’estate, tra adulti con figli, in quel si fanno non sono contemplato se non in veste di ascoltatore, indosso la mia maschera da orso bruno e mi faccio in genere in cazzi miei, grazie a Facebook e a quei discorsi, apprendo che ogni anno a teatro col sindaco di Ancona ci sono sempre parecchi giovani anconetani che hanno conseguito il 100 o il 100 e lode. Considerando che la mia città natale ha da poco perso la soglia dei centomila abitanti mi vien da pensare che sia una percentuale rilevante, il che potrebbe indurmi anche a un proditorio moto di orgoglio, noi anconetani siamo particolarmente intelligenti e performativi, mica sarà un caso.
Però, attenzione, questa cosa dei voti alti, leggo, non è una questione solo di Ancona, quindi niente DNA potente e niente influenze del territorio sui risultati. Perché succede che in Italia i voti di maturità seguano questo andamento, questi i dati relativi al 2024 che però seguono perfettamente il trend degli ultimi anni, le regioni del Sud che sono le ultime nelle Prove Invalsi, hanno una percentuale più alta di 100, le regioni del nord, che hanno i risultati più alti nelle Prove Invalsi, hanno neanche l’1% di 100 alla maturità. Una notevole inversione di tendenza, con risultati che al sud si attestano intorno al 5%, capirete bene che differenze di ci siano.
Uno potrebbe pensare che quindi le Prove Invalsi siano una cosa inutile, perché poi alla prova dei fatti gli studenti migliori sono quelli che hanno avuto lì risultati peggiori. Che, cioè, quella famosa leggenda metropolitana che vuole che nel sud e anche nel centro, per quell’endemica assenza di posti di lavoro che porta poi alla migrazione, interna o all’estero, la gente si butti a capofitto nello studio, mentre a Milano, taaac, esci dalle superiori e c’è già il posto di lavoro garantito. Oppure potrebbe pensare che nel dare i voti di maturità ci sia una certa generosità, per cui un 8 a Vigevano e un 8 a Agugliano, cito due posti che conosco abbastanza bene, non hanno lo stesso peso effettivo. O meglio, lo stesso peso ce l’hanno, non vengono però dati usando i medesimi parametri.
Lo dico sapendo che questa cosa mi farà passare brutte giornate al mare, ma vado oltre. Per me i voti non andrebbero proprio dati. E non dico che non vorrei i voti perché vorrei i giudizi, quando ho fatto le medie quelli c’erano, e per la cronaca ho preso BUONO, non OTTIMO, né DISTINTO. No, credo proprio che sia sbagliata l’idea di assegnare un giudizio al grado di preparazione, giudizio che, sfido chiunque, Fragolina85 o Pinco Pallino, a dimostrarmi il contrario, implica sempre un tot di performativismo che con l’istruzione nulla ha e deve avere a che fare. Anche perché, qui ripenso con sgomento al famoso discorso fatto da Umberto Galimberti non ricordo dove, discorso che metaforicamente avrebbe dovuto portare a Umberto Galimberti ricoperto di pece e piume e fatto girare per le strade delle città di fronte al pubblico ludibrio, che sosteneva che il crescente numero di studenti con DSA era sinonimo di una falla del sistema, una volta, dice lui in quel video che trovo più disturbante di una scena di Saw, il film, se non andavi bene a scuola studiavi e miglioravi, oppure andavi male, Dio santissimo, anche perché, quindi, il crescente numero di studenti che hanno DSA e che quindi non si ritrovano in un sistema di istruzione che premia, sì premia, chi DSA non è, perché ti dice che per andare da A e B non esiste altra strada che la via retta, mentre magari io per andare da A e B passo da Z, ma a B ci arrivo comunque, ecco, tutto questo ci dice che giudicare coi medesimi metri gli studenti di una classe, dove ci sono tutte quelle personalità, è già esercizio folle, figuriamoci poi mettere quei voti in relazione a quelli delle altre classi dello stesso istituto, e poi dello stesso quartiere, e poi della stessa città e via discorrendo.
Uno dirà, va beh, vivi a Milano e rosichi, Dio santo che verbo orribile, perché a Milano si danno voti più bassi, ma che te ne frega? A te nessuno ha mai chiesto quanto hai preso alla maturità, in Ancona, e nessuno ha mai chiesto quanto hai preso alla Laurea, che non ho conseguito, quindi NIENTE, la vita poi dirà quel che deve dire, sempre che la vita dica esattamente quel che deve dire, ogni tanto. Mhmm, non credo che le cose stiano esattamente così. Perché per entrare in certe università e conseguire borse di studio che aiutino a entrare in certe università, tocca aver preso certi voti. E perché per accedere a certi concorsi pubblici tocca aver preso certi voti. Uno, sempre quello, dirà, ok, ma allora prova a vederla come un modo dello stato per livellare certe ingiustizie evidenti, per cui in certe regioni ci sono molte meno infrastrutture, quindi molte meno possibilità, quindi sarà probabilmente poi necessario partire per cercare lavoro altrove, eccetera eccetera. Sono nato il 2 giugno 1969 in Ancona, vivo a Milano, credo che la cosa mi sia piuttosto chiara. E a vederla così potrei anche accettare la cosa, ma temo che andrebbe un po’ dichiarata, esattamente come quando poi fai sì che ci siano posti pubblici inutili usati come riparazione per certe altre carenze.
Discorso complesso, che tiene insieme forse troppi spunti, l’inutilità dei voti, l’inutilità di attestare lo stato di saluto delle scuole nel paese per poi fottersene al momento del dare i voti coi quali da quelle scuole si esce, un paese che ha disparità di risorse e quindi di opportunità, ma che invece di provare a risolvere la faccenda usa lo sbianchetto per provare a rivendere il tutto come perfettamente illibato. E anche, e soprattutto, dei ragazzi che hanno deciso di correre i propri rischi, perché è vero che gli studenti di cui si è parlato, per altro i primi tre di cui si è parlato di Padova, Belluno e Treviso, guarda caso tutti nella regione col più alto risultato delle Prove Invalsi, sapevano già tutti di essere promossi, ma provateci voi a stare al centro della scena con tutte queste attenzioni addosso, provateci voi a sentire il Ministro dell’Istruzione, certo, il Ministro Valditara, è vero, che dice che sareste dovuti essere bocciati, e poi a settembre magari iniziare l’università con quello stigma addosso, provateci voi a essere quegli smidollati e apatici dei giovani d’oggi, che non fanno politica, non leggono, sono pigri e ignoranti e poi di colpo essere lapidati, anche vezzeggiati ma soprattutto lapidati, perché avete preso una posizione radicale, precisa, assolutamente non di comodo.
Non ho nessuna memoria del mio esame di maturità, ma ricordo che ai miei tempi capitava di sentire di qualcuno che aveva fatto “scena muta” all’orale. Dall’anno prossimo una scena muta potrebbe comportare la bocciatura, o almeno, una scena muta che sia dichiarata come scelta di partenza, poi sarà tutto da capire come si farà a interpretare una scena muta dovuta magari all’agitazione da chi invece la pratica volutamente. Il tutto fottendosene di un sistema che prevede che se fai scena muta ma hai abbastanza punti verrai promosso. Il tutto caricando di ulteriori pressioni, pressioni mai positive, amici coetanei che state lì a parlare dell’esame di maturità di qualcosa di formativo, qualcuno anche evocando il militare, chiedere a chicchessia di essere performativo nell’ambito di un mondo che dovrebbe portare a una crescita sotto il profilo dell’istruzione, non a sfidare poi qualcuno a duello, è una pura idiozia, basterebbe guardare quella generazione che ha vissuto maturità e università sotto la legge del “sei politico”, oggi e a lungo sugli scranni del potere vero, andatelo dire a loro che se non superi quelle prove, quegli esami poi non saprai affrontare le vere prove della vita.
Luca Carboni, uno dei più grandi autori di canzoni tra quelli che sono ancora in attività, ha scritto ormai quasi quarant’anni fa una canzone che riguardo quel periodo della vita che ci vede passare dalla fase dell’adolescenza a quella dell’età adulta, l’esame di maturità, in teoria, lì proprio a constatare questo passaggio di confine, Silvia lo sai. Una canzone che a un certo punto dice una frase che, parola più parola meno, è esattamente la motivazione addotta dalla ragazza di Belluno come didascalia al suo essersi rifiutata di tenere l’esame orale: “I professori non chiedevano mai se eravamo felici”. Ecco, pensatele cantate con la voce di Luca Carboni e provate a dire che non è vero.
Detto questo, complimenti a quanti anche quest’anno avrà preso 100 come a chi avrà preso 60, io ai tempi ho preso un bel 40, che credo sia oggi un più che dignitoso 66. Invitando i miei conterranei a evitare a avvicinarmi in spiagge, nel caso mi incontrassero, intenzionati a spiegarmi che no, le cose non stanno esattamente così, che i voti eccetera eccetera, ripeto, fosse per me non dovrebbero proprio esistere, ho deciso di basare la mia esistenza professionale sulle parole, non sui numeri, qualcosa vorrà pur dire, abbraccio simbolicamente gli studenti e le studentesse che hanno optato per non discutere l’orale ricordando loro che è vero che poi la vita ti porrà di fronte a prove che non sempre saranno affrontabili con altrettanto cipiglio e soprattutto che non prevedono scene mute, prove difficili che verranno superate come magari no, è vero, gli esami non finiscono mai, e anche per questo è bene, laddove è possibile, fare scena muta, che il sistema si fotta, tanto ci saranno buone probabilità che in quei casi non ci sia un ministro che li bullizzerà contraddicendosi e contraddicendo un sistema che lui stesso ha avallato. Sembra poco, ma a vederla sotto il giusto punto di vista poco non è.