L’ex Maresciallo di Garlasco: «La Procura ha tanto in mano»

Poggi

Ne ha parlato in un’intervista

Con la riapertura del caso Garlasco emergono dettagli e voci anche dal passato. A Repubblica ha parlato Franco Marchetto che era al comando della stazione dei carabinieri di Garlasco nel 2007 anno in cui venne uccisa Chiara Poggi.

Marchetto su Sempio dice: «La procura di Pavia ha in mano molto, e ci stupirà. E i carabinieri di Milano vogliono scrivere la parola fine, non una parola qualsiasi. Finora c’è stato un colpevole, non il colpevole. O i colpevoli. E quando si saprà la verità si scoprirà, si capirà anche il male che è stato fatto a me, da chi e il motivo».

«La metti quando vai in guerra. La toglierò solo quando questa storia sarà alle spalle». Secondo il maresciallo quando si scoprirà chi ha ucciso la Poggi: «farà male a due famiglie».

Durante le indagini ebbe pure una discussione con la compagnia di Vigevano Gennaro Cassese con denunce reciproche poi archiviate.

«Per aver prestato a Silvia Sempio, zia di Andrea e mia amica, un gps con cui mi disse di voler controllare la famiglia, e invece pedinò il marito che lo scoprì».

Poi: «Ero in caserma quando venne interrogata la signora Franca Bermani, quella che parlò della bici nera da donna con le molle cromate. La portai io sul ballatoio della caserma ma lei non mi conosceva, e non mi riconobbe. Adesso, nove anni dopo la condanna, mi è arrivata la richiesta di risarcimento da 40mila euro alla famiglia Poggi. Una cosa che mi amareggia. Perché mi sono stati chiesti i soldi proprio ora che mi sto interessando al caso. Per me, è come se fosse la mia ultima indagine».

Marchetto, che oggi gestisce il Blu Bar a Garlasco dice che il paese: «si è sempre diviso su Stasi tra innocentisti e colpevolisti. Molti più i primi. Le stesse persone che mi dicevano di guardare in direzione delle gemelle Cappa».

E sulle gemelle: «C’era il testimone che smentiva i movimenti della loro madre, quella mattina. E Muschitta (il primo testimone che poi ritrattò, ndr) che descrisse Stefania in bici con troppi dettagli per mentire. Bisognava entrare in casa loro, bisognava indagare a 360 gradi ma il capitano Cassese disse: tengono l’alibi. Ma chi lo ha mai verificato?». Infine, Sempio. «Mai sentito finché non lo hanno indagato. Ma lui e il suo gruppo erano tutti ragazzini».

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