Esce Rottincuore di Romina Falconi, un disco, un film, un’opera mondo

In genere il miglior modo per ambientarsi quando si arriva in un luogo che ci è sconosciuto, lontano per costumi e consuetudini al nostro modo di vivere o di sentire il mondo, è quello di provare a adeguarsi a tutto quanto ci circonda, senza fare resistenze, una sorta di resa incondizionata e pacifica che dovrebbe, quantomeno, abbattere ogni ostilità nei nostri confronti. Non solo, potrebbe anche venirci utile nel muoverci in un contesto che comunque non sentiamo ancora come nostro, arrivi ai Caraibi dalla Scandinavia, non avrebbe senso andare in giro con giacca a vento e stivaloni, assumendo vitamina D.
A vederla così, questa non è un tutorial né una guida turistica, non ci dovrebbe essere nulla di più sconosciuto e difficile da decodificare del futuro, un luogo nel quale non solo non siamo mai andati, ma nel quale non è mai andato neanche nessun altro essere umano prima di noi, Doctor Who escluso. Anche perché il futuro è sempre quel passo avanti a noi, tale da far sì che anche quando pensiamo di esserci arrivati, in un attimo siamo nel presente e poi nel passato.
Filosofia da ipermercato a parte, è chiaro a chiunque voglia provare a fare musica oggi, dove l’oggi è giocoforza quel labile confine tra lo scrivere, produrre, incidere e pubblicare musica e quel che qualcuno ha allestito intorno a noi, chiamalo sistema, mercato o come diavolo ti pare, è chiaro a chiunque voglia provare a fare musica oggi che la parola d’ordine è velocità, anche a discapito della precisione, e quindi agilità, volendo anche bulimia. Tocca tirare fuori musica un tot al giorno, metaforicamente, Daniel EK Ceo di Spotify suggerisce una canzone nuova al mese, mettere insieme le forze, cioè giocare di featuring tra top player, le fanbase che si uniscono per aumentare il bacino d’utenza, lavorare di social e quindi pensare la musica come qualcosa che funzioni sulla breve, brevissima distanza, quel che c’è da dire va detto in quindici secondi, altro che i quindici minuti di Andy Warhol. Quindi lavori velocemente a un album, perché in fondo sei nato nel Novecento, o comunque nei suoi pressi, ma lo parcellizzi in singoli, per poi tirare fuori l’album contando su qualche effetto speciale, una dichiarazione fraintendibile, la partecipazione a un qualche evento, quel che è, tanto poi sai che tempo un paio di mesi e dovrai tirare fuori un nuovo singolo, che non è nell’album, magari in compagnia di qualcuno che ti sta anche sul cazzo, non è importante, alla guerra come alla guerra. Ovviamente il tutto senza incappare in quegli errori marchiani e mortali quali il dire la cosa sbagliata, usando codici ormai inutilizzabili o peggio oggetto di revisionismi e processi sommari, le app da aggiornare anche più volte al giorno, pena il ritrovarsi sul patibolo con un cappuccio in testa e la corda al collo.
Poi c’è Romina Falconi. Bionda, burrosa, irrefrenabile, che per fare un album nuovo ci mette cinque anni, una cosa che era già astrusa ai tempi di Fabrizio De Andrè, figuriamoci oggi, e che per farlo non si limita a tirare fuori un singolo al mese, fanculo, ma mette su qualcosa che manco George Lucas quando ha pensato di raccontare una storia ambientata nello spazio.
Sì, perché è finalmente arrivato il giorno in cui esce Rottincuore, terzo album di Romina Falconi da Tor Pignattara, colei che tempo addietro, in quel caso l’album era il primo, Certi Sogni Si Fanno Attraverso Un Filo D’Odio, Biondologia (l’arte di passeggiare con disinvoltura sul ciglio di un abisso) il lavoro successivo, come la J.Lo di TorPigna, Dio quanto sbagliavo, Romina Falconi non è J.Lo, e non è manco Lady Gaga, pur avendo messo su un progetto che l’ha dotata di un immaginario riconoscibilissimo, una poetica fatta di contrasti, voce flautata che dice cose tremende, spesso oltre il confine del politicamente scorretto, aria svampita da bionda naturale che affronta con ironia e acume argomenti profondissimi, sconfinando spesso se non sempre dal pop all’antropologia, al punto che per Biondologia ha messo su dei veri e propri punti di ascolto, manco fosse una psicologa di professione. No, Romina Falconi è Romina Falconi, l’unica, quella che ha lavorato cinque anni a un album che doveva affrontare e ha affrontato tutta una serie di archetipi, un vero e proprio viaggio psicogeografico nell’abisso di chi vive in quello che spesso viene riconosciuto, vai a capire perché, come peccato, una zona d’ombra assai più spaventosa di quella di Stephen King dove gli estremi ci sono tutti, i disturbi, le sindromi, da profano verrebbe da dire qualcosa che stia a metà strada tra le stramberie e le patologie, raccontati con una lingua tutta sua, ruvida, tagliente, ironica, empatica, in una parola unica. Romina Falconi che non si è limitata a lavorare alle canzoni dell’album, ci mancherebbe altro, dove si trovano queste figure archetipiche, già solo a scriverlo parlando di un disco pop mi sanguinano gli occhi come la Madonna di Civitavecchia, tra chi è stata ingiustamente tradita a chi è borderline, una maschera che presto scomparirà mentre si aggira da chi la maschera ce l’ha ben salda in faccia, tra chi usa il sesso come forma coerente di materialismo a chi vuole il controllo su tutto, causa disturbi ossessivi, passando per chi è depresso, chi vive il distacco da tutti e tutto, chi sopporta per una sorta di Sindrome di Stoccolma, chi succhi l’energia vitale dagli altri come un Vampiro, chi fatica a gestire la rabbia, inneggiando a una rivoluzione che sia forzatamente anche degli altri, chi è votata al martirio, chi, vive la vita come un lutto persistente e chi invece affronta tutto da dissociata, come Pollyanna, lo scrivo e mi sale l’emicrania, pensa mette il tutto dentro canzoni che risultino di facile ascolto, ecco, Romina Falconi che non si è limitata a lavorare alle canzoni dell’album, ma per paura di essere incompresa, una mica affronta queste estremi per caso, ha prima accompagnato l’uscita dei cinque singoli che hanno segnato l’avvicinamento all’album, La Suora, Lupo Mannaro, Maria Gasolino e La Solitudine della Regina e Io ti includo, con l’uscita di un magazine/libro dal titolo Rottocalco, uno per singolo, Rottocalco che prelude a Rottincuore, quindi, un magazine/libro pieno di approfondimenti di professionisti, artisti, intellettuali, lì a provare a dire con molte più parole quel che Romina ha perfettamente sintetizzato nelle liriche e nelle note dei brani, ora ha anche deciso di mettere il tutto dentro un film dal medesimo titolo, Rottincuore. Un titolo, Rottincuore, che è esattamente la sintesi di cos’è Romina Falconi, il gioco di parole triviale, la trovata geniale, una parola che dice tutto, ma che al tempo stesso apre le porte di un pozzo che avevamo tenuto chiuso col lucchetto per un motivo specifico. Un film, Rottincuore, la regia è di Niccolò Savinelli, soggetto e sceneggiature della stessa Romina, ovviamente, e di Marta Monsellato, Freak & Chic alla produzione, una carrellata di ritratti profondi, trattati con empatia come raramente ci si sarebbe potuti o dovuti aspettare da chi in fondo al cinema fin qui c’è andata sempre come spettatrice.
Mettere insieme così tante forme d’arte, perché un disco, dei libri, un film questo sono, opere d’arte, pur utilizzando i codici pop che sono pertinenti a chi nel pop si muove da sempre, stavolta anche alzando l’asticella della produzione musicale, i cinque anni di cui sopra hanno infatti portato a un livello di accuratezza che fin qui l’essere indipendenti aveva forse lasciato intendere ma non sempre esplicitato appieno, è una operazione che si astrae dal qui e ora, fottendosene del mood vigente nel mercato, puntando dritti dritti verso il rimanere, questo sì qui e ora, ma anche lì e domani, una iscrizione rupestre comprensibile oggi ma anche tra qualche secolo.
Sarebbe forse il caso, chissà, di riportare la lunga chiacchierata fatta ieri con Romina Falconi, poco prima della proiezione milanese di Rottincuore il film, all’Anteo, o approfondire le tredici canzoni che compongono la tracklist dell’omonino album, ma credo di averlo a mio modo già fatto, o di aver inoculato il germe della curiosità in chi avrà avuto la pazienza di leggere fin qui, questa finta modestia potrebbe essere archiviata negli archetipi di Romina Falconi, non fosse stata subito disinnescata da questa mia seguente frase, a sua volta sintomo, immagino, di una qualche sindrome o astrusità. Rottincuore va ascoltato, su disco e poi dal vivo, ovviamente, e va visto, dove il film verrà proiettato verrà di volta in volta indicato sui social, per ora posso dire che oggi sarà al Tumiturbi di Varese e che il 25 sarà nella mia Ancona, al Cinema Azzurro. Romina Falconi va amata in tutto il suo sfacciato massimalismo, una artista avantpop caduta sul pianeta Terra, a TorPignattara nello specifico, e pronta a ascoltarci e dirci ovviamente la parola buona che ci meritiamo. A me, per concludere, ha detto, dopo che le ho fatto notare che credo di soffrire dell’esatto opposto della sindrome dell’impostore, tendo a affrontare tutto quel che mi capita senza star troppo a interrogarmi se ce la farò, avanti tutta, ha detto, “Beh, ma tu puzzi d’amore, è evidente”. Ecco, cos’altro mai potrei aggiungere?