Un anno fa la morte di Giulia Cecchettin, parliamo del caso con Tonia Bardellino, criminologa e psicologa
È trascorso un anno dall’omicidio di Giulia Cecchettin, uccisa brutalmente dall’ex fidanzato. La morte di Giulia lo scorso anno ha riacceso il dibattito sulla violenza contro le donne e la cultura patriarcale.
“L’educazione al rispetto di genere – spiega Tonia Bardellino, esperta criminologa e psicologa – deve partire dalla famiglia, dai genitori. La scuola deve avere un ruolo fondamentale. E per riconoscere la violenza è opportuna una maggiore formazione per tutte le categorie interessate: dai magistrati alle forze di polizia, passando per giornalisti, avvocati, assistenti sociali”. Filippo Turetta è accusato di omicidio volontario aggravato e di sequestro di persona. Rischia l’ergastolo. Il processo è iniziato da poco. Un omicidio premeditato dunque, un assassinio fondato sull’inconcepibile desiderio di eliminare la donna amata solo perché non si possiede più. Questa drammatica storia ha scosso il nostro Paese. Il processo cercherà di chiarire tutti gli aspetti di questa vicenda giudiziaria. La verità processuale giungerà al termine dei gradi di giudizi previsti dal nostro ordinamento. L’auspicio è che sarà più aderente possibile alla verità storica, ovvero al fatto così come è accaduto.
“Si è svolta davanti alla corte d’Assise di Venezia, la seconda udienza del procedimento per il femminicidio di Giulia Cecchettin avvenuto l’11 novembre del 2023 per mano di Filippo Turetta”, evidenza Bardellino che aggiunge: “Nell’aula del tribunale, per la prima volta, c’era anche l’assassino reo confesso. Non era mai uscito dal carcere – è rinchiuso da quasi un anno a Verona – dopo l’arresto avvenuto in Germania il 19 novembre 2023. Scortato dalla polizia penitenziaria, è arrivato in aula vestito con pantaloni neri e una felpa grigia con cappuccio, in mano una cartellina con alcuni documenti. Ha esordito con risposte incerte, sguardo basso, con frasi brevi. È sembrato confuso e ha tenuto lontano lo sguardo dai banchi e dal pubblico”.
Attraverso La sua testimonianza asserisce la criminologa Turetta “ha confermato di essere una persona manipolatrice. Fare la vittima gli è servito per tenere Giulia vicina ed anche dinanzi al pubblico ministero ha usato la stessa tecnica manipolatoria. Lo sguardo difatti era basso, la voce sommessa e nebulosa, la memoria selettiva, ossia incapacità di ricordare anche gli eventi più lampanti, di trovare le parole per spiegare ciò che ha commesso, cercando così di attirare, tra l’altro l’attenzione sulla propria apparente debolezza fragilità. Ciò che caratterizza la psicologia di Filippo (e di quelle figure maschili simili a lui) è la manifestazione della loro violenza in una terribile e frequente paura del non controllo, dell’abbandono, della separazione, della perdita. Dal punto di vista epidemiologico e statistico l’80%, o anche di più, dei femminicidi è commesso da maschi abbandonati che non sopportano e non metabolizzano l’idea del rifiuto e “del NO”, perché hanno investito talmente tanta della loro energia psichica e dei loro vissuti su quel rapporto che l’idea di essere lasciati non è metabolizzato, non è realizzabile. Turetta – specifica
Bardellino – è narcisista passivo aggressivo”. Un cosiddetto “covert” ossia “nascosto”, che non perdona che gli altri possano pensare che sei migliore di lui, come è accaduto alla povera Giulia.
Filippo non è riuscito nonostante le lacrime in aula a elaborare non solo la fine della storia; ma ha ammesso di essersi sempre sentito inadeguato rispetto a Giulia. Perché lei gli obiettivi li aveva raggiunti e lui no.
Evidentemente c’era una sorta di competizione diretta tra i due. Che Giulia non ha mai percepito e non ha colto; o forse non voleva cogliere. Filippo ha agito in un momento fondamentale, proprio quando lei avrebbe spiccato il volo dopo la laurea e avrebbe cominciato la sua carriera.