Venezia, donna aggredita perché portava il velo. L’accaduto tra l’indifferenza delle persone che hanno assistito
Si chiama Sanuara Sarder la giovane madre di 29 anni di origini bengalesi aggredita per il suo modo di vestire. Da tredici anni vive a Mestre, dove ha frequentato le scuole, ma non ha mai abbandonato il modo di vestire con il niqab, ovvero il velo che lascia scoperto solo gli occhi, nonostante sia ben integrata in Italia.
Ieri, 8 dicembre, Sanuara ha denunciato di essere stata vittima di un’aggressione. A riportare la vicenda è il Corriere del Veneto, che ha raccolto la testimonianza dell’accaduto. Ha detto la vittima: «Non riesco a dormire perché appena chiudo gli occhi rivivo l’aggressione. Mi fanno ancora male la testa e l’orecchio. Ma quello è il meno, la dottoressa mi ha dato delle gocce che mi fanno stare meglio. Il problema è che ora ho paura a uscire di casa e in famiglia non riesco a parlare di altro».
La vicenda è avvenuta a Marghera il giorno precedente: «Ero andata a trovare mia cognata – racconta la donna – Quando sono uscita, mi sono fermata un momento nel portone con i bambini ad aspettare che mio marito e mio papà ritornassero. E lì mi sono accorta che due donne italiane, sui quarant’anni, mi guardavano, ridevano e dicevano ad alta voce: “Ma dove va quella mascherata come un fantasma? Gente come lei non dovrebbe essere in Italia”. Forse credevano che non capissi la loro lingua».
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La donna continua il suo racconto, spiegando: «Mi offendevano, usavano parole pesanti per via del niqab, più ascoltavo le ingiurie più mi montava la rabbia. Ma sono rimasta zitta, anche perché avevo i bambini. Quando è arrivato mio papà gli ho detto tutto e lui voleva difendermi, ma è ancora fragile per via di una caduta in cui si è rotto una gamba».
Il Corriere del Veneto riporta l’intera deposizione della donna. Quando il padre di Sanuara è giunto sul posto è intervenuto: «L’uomo si avvicina chiede le motivazioni delle offese, ricevendo parole di disprezzo e sentendosi dire che se la figlia voleva andare in giro vestita in quel modo, era meglio che rimanesse a casa».
Ma in breve la situazione è degenerata, perché una delle donne che li stava offendendo: «È venuta dritta contro di me provocandomi, “Toccami”, diceva, “Toccami che ti faccio vedere io”. Io non ho mosso un dito e quella mi ha sferrato un calcio sulla gamba, facendomi cadere a terra». Poi aggiunge: «Non riuscivo neanche a muovermi per la paura e all’improvviso la signora approfittando della posizione in cui ero mi ha colpita di nuovo in modo violento con un pugno sull’orecchio. Poi mi ha strappato il velo facendolo a pezzi e mettendoselo in tasca».
Conclude Sanuara: «Quello che fa male è che le persone che passavano non abbiano fatto niente per aiutare me e mio padre. Anzi, la portinaia del palazzo si è allontanata con la donna che mi aveva aggredito dandole ragione sul fatto che era colpa del velo se era accaduto tutto questo».
La comunità bengalese si è detta indignata e ha reso noto un messaggio: «Portare il velo non è reato. Anzi, è un diritto costituzionalmente garantito. È ora di smettere di terrorizzare le donne musulmane che portano il velo».
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