Menti & Commenti, quell’incontenibile “stranezza” del vivere: «sono sospese da oggi le udienze ai personaggi»
Il Film: La stranezza di Roberto Andò
Trailer ufficiale
Il Cast
Toni Servillo (Luigi Pirandello), Salvo Ficarra (Onofrio Principato), Valentino Picone (Sebastiano Vella), Giulia Andò (Santina, sorella di Onofrio), Rosario Lisma (Mimmo Casà, impiegato del comune), Aurora Quattrocchi (la balia Maria Stella), Donatella Finocchiaro (Maria Antonietta), Galatea Ranzi (la madre), Fausto Russo Alesi (il padre), Filippo Luna (il direttore di scena), Tuccio Musumeci (Calogero Interrante), Luigi Lo Cascio (Il capocomico), Renato Carpentieri (Giovanni Verga), Paolo Briguglia, Tiziana Lodato, Brando Improta, Angelo Del Romano, Sara Mennella, Marta Lìmoli.
Sceneggiatura: Roberto Andò, Massimo Gaudioso, Ugo Chiti.
Fotografia: Maurizio Calvesi.
Montaggio: Esmeralda Calabria.
Scenografia: Giada Calabria.
Costumi: Maria Rita Barbera.
Musiche: Michele Braga, Emanuele Bossi.
Genere: Commedia – durata 103 min. – Italia 2022.
Produzione: Medusa Film, Rai Cinema, Prime Video.
Uscita: giovedì 27 ottobre 2022.
Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo come egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai! (Luigi Pirandello – Sei personaggi in cerca d’autore – 1921)
Se vi preme sentirvi dentro il “mondo di cose” che agitano Luigi Pirandello al culmine della sua carriera da drammaturgo andate a vedere La stranezza.
Già dai primi fotogrammi il film restituisce un’atmosfera che sa di ricordo collettivo, una sorta di tristezza diffusa e misurata, accentuata dalla luce seppiata malinconica e carezzevole.
Pirandello è in treno da solo, almeno così sembra. E sì, perché da subito la realtà viene messa in crisi, in totale coerenza con il titolo del film e soprattutto con il così è se vi pare: il comparire di alcuni dei personaggi dell’opera “sospesa” nello stesso scompartimento dell’autore, potrebbe far pensare ad un sogno, una visione, oppure che questi lo avessero seguito veramente per continuare a questuare attenzione, comprensione ma soprattutto che si occupi del loro dramma familiare dandogli vita, rappresentandolo.
Una raffinata sceneggiatura ha voluto già da questa scena dare un segno della questione “dell’irrealtà della realtà”, rendendo immediatamente il pubblico protagonista della propria esclusiva interpretazione dei fatti e mettendo in primo piano l’uomo Pirandello, il suo straordinario pensiero caleidoscopico.
Il figlio del caos, così si autodefiniva, non è sereno, anzi, ha un’espressione cupa e sofferente.
E’ tormentato da un blocco dell’ispirazione, in attesa del risolutivo lampo di genio: non riesce a continuare la stesura di Sei personaggi in cerca d’autore il cui tema l’ossessiona ma lo attrae in un turbine di riflessioni e di amara consapevolezza: lui che da sempre attinge dalla vita per scrivere le sue opere, dai casi umani limite, dalle aspettative disilluse, dalle speranze tradite, sente prepotente la necessità di una svolta determinante e risolutiva, che renda tangibile, fissandolo per sempre, il concetto che l’autore cimentandosi nel racconto della storia di altri, ha già messo in atto una falsificazione della realtà, per il solo fatto di creare dei personaggi che inevitabilmente avranno delle caratteristiche inficiate dal suo modo di sentire e di vedere il “mondo di cose”.
Tra l’altro la sua delicata vita privata, intrisa di follia – sua moglie Maria Antonietta Portulano viene rinchiusa in una casa di cura per malati psichiatrici e si rifiuta di vederlo – lo mette in contatto con una serie d’informazioni riguardo ai meccanismi della mente, dai quali difficilmente riuscirà a sottrarsi.
Sente il bisogno Pirandello, come spesso accade a molti nei momenti più bui, di trovare un po’ di pace tornando a casa tra le braccia di chi lo ha cresciuto e lo conosce profondamente. Ma questo conforto gli viene negato. La sua balia è passata a miglior vita proprio la sera prima del suo arrivo a Girgenti.
Nell’occuparsi delle esequie della cara Maria Stella, s’imbatte in Onofrio e Sebastiano becchini di professione e teatranti per diletto, che sono con il loro modo di essere e fare teatro, l’incarnazione esatta di ciò che gli preme mettere in scena: l’inesistenza di una linea di confine fra la realtà, comunque opinabile, e la rappresentazione.
Una sorta di teoria della relatività dell’anima ancorata all’inconscio collettivo e che, una volta scoperta e compresa lascia rassegnati al disincanto, che non può che essere affrontata, come lo stesso Pirandello suggerisce, con ironia e distanza.
Così il dramma diventa commedia, si veste di comicità e paradosso, abbandona gli artifici scenici e s’immerge nella vita. Basta solamente che l’originaria funzione catartica del teatro faccia il suo lavoro, anche in un unico spettatore, e il gioco è fatto!
Infatti, così accade che durante la prima de La trincea del rimorso, ovvero Cicciareddu e Pitruzzu, il dramma dei due beccamorti, l’allusione spudorata delle battute di Nofrio alla corruzione di Mimmo Casà, impiegato del comune dedito alla vendita di loculi altrui, è causa del cosiddetto “abbattimento della quarta parete”: si sgretola la barriera immaginaria corrispondente al boccascena teatrale che idealmente separa il luogo della rappresentazione dallo spettatore. Gli attori “scendono” in platea e il pubblico “sale” sul palcoscenico. Il labile confine fra realtà e finzione è definitivamente superato:
Nofrio e Bastiano che nella vita quotidianamente si ritrovano ad avere a che fare con la propria e l’altrui meschinità, fingendo che tutto sia “normale”, per diletto e in teatro luogo deputato alla finzione si scontrano invece con la verità, sfaccettata, più o meno sopportabile. Si scopre che Nofrio tradisce la moglie – la vera titolare dell’impresa di pompe funebri – con la sorella di Bastiano, ignaro della tresca, gelosissimo, in nome di una purezza femminea che svanisce quando si tratta di frequentare le prostitute.
Pirandello che assiste alla farsa, trova finalmente la chiave per ultimare il dramma Sei Personaggi che però alla prima rappresentazione al Teatro Valle di Roma viene contestato aspramente.
Il fiasco dell’opera è la scena finale del film che ci trascina dalla sala cinematografica direttamente in platea quel 9 maggio 1921, insieme a Nofrio e Bastiano, teatro nel teatro e pubblico nel pubblico, che rivelano nelle ultime battute, quasi didascaliche, l’essere frutto dell’immaginazione dell’autore.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.