Il dramma della donne ucraine violentate che non possono abortire in Polonia a causa delle forti restrizioni in materia
Nel conflitto tra Russia e ucraina abbiamo visto come i bombardamenti siano solo uno degli aspetti tragici della guerra. Con il passare dei giorni emergono anche altri dettagli più cruenti, come la scoperta di fosse comuni piene di civili torturati e storie di donne, di ogni età, violentate dai soldati russi.
Proprio queste ultime vivono un dramma nel dramma. A causa delle violenze, in molte restano incinte e si ritrovano poi a combattere con l’impossibilità di abortire. Krystyna Kapkura, avvocato polacco, attivista e direttrice della Federazione per la pianificazione delle famiglie e delle donna, ha denunciato la difficile condizione delle donne ucraine. A Repubblica, ha detto che a Kiev era possibile abortire fino alla dodicesima settimana, mentre in Polonia, dove molte di loro sono giunte, è molto più difficile per via di forti restrizioni.
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Si legge su Open che in Polonia “non è possibile farlo se il feto è morto o malformato o se la madre rischia la vita. E a dicembre dello scorso anno è fallito un blitz del partito di governo per vietarlo anche in caso di stupro o incesto”.
Manifestante contro la guerra detenuto fuori dal palazzo della Difesa russa a Mosca. Il suo cartello recita: “In questo momento, i soldati russi stanno violentando e uccidendo le donne ucraine. Fermate questa guerra! pic.twitter.com/odNTxQiB0m
— riccardo bonacina (@rbonacina) April 9, 2022
Justyna Wydrzynska, attivista di “Aborto senza frontiere”, è stata posta sotto processo per aver spedito a una donna una pillola per abortire. Open riporta la sua dichiarazione: «Novantanove ucraine mi hanno già contattato dal 1 marzo chiedendo come abortire o come avere una pillola del giorno dopo. I volontari che sono andati a Bucha hanno detto che le donne stuprate lì hanno paura di venire in Polonia. Conoscono le nostre leggi e le temono. Piuttosto cercano di arrangiarsi lì, in un Paese ancora devastato dalla guerra».
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