Caso Schwazer, ora il sogno si chiama Tokyo

L’incubo per il marciatore italiano è finalmente finito

La cosa che lascia increduli di fronte alla vicenda di Alex Schwazer è che si va oltre al caso di doping. Se, come sembra e come affermato dal gip di Bolzano, venisse certificata la manomissione delle provette il caso assumerebbe dei contorni ancora più inquietanti.

Alex è uscito così dall’incubo iniziato con un controllo del 2016: da allora il suo nome è stato infangato è stato escluso dalla possibilità di competere proprio come era successo la prima volta quando però aveva ammesso di aver sbagliato. Questa volta non era innocente.

Chi gli restituirà la dignità persa? Chi gli restituirà gli anni lontano da quella pista dove nel 2008 fu in grado di vincere l’oro a Pechino? Queste le domande che bisogna farsi.

Nella notte, la Wada, ovvero l’agenzia mondiale che si occupa dell’anti doping si è detta inorridita dal caso ha smentito qualsiasi coinvolgimento.

Ora però bisognerà cancellare la sentenza sportiva che lo ha squalificato per 8 anni per sperare che Schwazer possa avere la sua rivincita personale volando a Tokyo per i Giochi Olimpici.

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Si potrebbe appellare o alla Corte Federale Svizzera o al CIO (Comitato Olimpico Internazionale) con l’aiuto del CONI.

Dopo la sentenza, intanto, il marciatore ha detto: “È il mio trionfo più grande. Pure dell’oro di Pechino. Lì sapevo cosa mi aspettava ero allenato per lo sforzo mentre nei tribunali sono un pesce fuor d’acqua. È stata una traversata nel deserto con i miei angeli Sandro Donati (l’allenatore, ndr) e gli avvocati. Non mi sembra vero”.

Il marciatore ha voluto precisare come la battaglia che ha portato avanti sia stata combattuta sì per tornare a gareggiare ma soprattutto per fare giustizia e vedere il suo nome finalmente libero da certe accuse.

 

 

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