Alex Britti e la condanna dell’ex fidanzata: una vicenda complessa tra privacy, famiglia e diritto

La vita privata di Alex Britti, da sempre schiva e lontana dai riflettori, è balzata negli ultimi mesi al centro dell’attenzione mediatica per una vicenda giudiziaria che ha coinvolto la sua ex compagna, Nicole Pravadelli, madre del loro figlio. Una storia delicata, che intreccia questioni familiari, tecnologie domestiche e il diritto alla privacy.

Secondo quanto emerso nelle cronache giudiziarie, l’ex fidanzata del cantautore è stata condannata a 6 mesi. La sentenza riguarda l’uso di una videocamera domestica — inizialmente installata come baby monitor — che sarebbe stata riposizionata e utilizzata per riprendere momenti della vita quotidiana di Britti all’interno della sua abitazione. Britti e Pravadelli hanno avuto un figlio nel 2017 e, come spesso accade nelle relazioni che si interrompono, l’organizzazione della vita familiare, dell’affidamento e della gestione quotidiana ha generato tensioni. È in questo quadro che il dispositivo elettronico, pensato per controllare il bambino, si sarebbe trasformato — secondo l’accusa — in uno strumento di sorveglianza dell’ex partner.

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La sua scelta di mantenere il silenzio stampa appare come un gesto di tutela, più che di distacco: un modo per separare il più possibile l’artista e il padre dal clamore del caso giudiziario. Ciò che colpisce in questa vicenda è la sovrapposizione fra vita privata, diritto e sentimenti. Non si tratta di un semplice fatto di cronaca rosa: è una storia che coinvolge un minore, due ex partner e un confine — quello della privacy domestica — che in epoca digitale si rivela sempre più fragile.