
“Provi malessere?”
Partiamo da questa frase, pronunciata da una donna con forte accento siciliano.
“Provi malessere?”, così, senza girarci troppo intorno, che a volte essere diretti è la formula migliore per arrivare a una soluzione.
“Provi malessere?”, e poi giuro che la smetto, che sto incredibilmente assomigliando a uno dei monologhi di Massini, a ripetere in continuazione le stesse frasi con fare epico, lui ha vinto tre Tony Awards, sa come si fa epica, il sospetto che sia un trucchetto retorico anche piuttosto a buon mercato lì, sotto gli occhi di tutti.
A pronunciare la frase che a questo punto non posso ripetere, ma se avete una soglia di attenzione superiore a quella di una pianta grassa appoggiata con troppa fretta sopra un elettrodomestico dovreste ben ricordare, è la mamma di Gigia e Topo, sarà lei stesso a ripetere quei nomi con la medesima frequenza con cui porrà la medesima frase per l’oretta circa che passeremo involontariamente assieme, loro seduti alle mie spalle su un pullman che ci sta portando da Milano Centrale verso Malpensa, Terminale 2. Perché, se non siete del nord potreste non saperlo, Milano Malpensa, questo il nome di uno dei tre aeroporti di riferimento del capoluogo lombardo, si trova in realtà a due passi da Varese, come Milano Orio al Serio è attaccato a Bergamo, il solo Linate davvero ai confini della città, e per arrivare a Milano Malpensa da Milano Centrale, il nome della stazione che in effetti si trova in una posizione centrale, voluta lì e così sfarzosa dal Duce, ci vuole circa un’ora, traffico permettendo. Traffico che stamattina non c’è, è un giorno non lavorativo, non è importante io specifichi quale, e in quest’ora di supplizio, sono uno scrittore e sono tenuto a dare alle cose i nomi giusti, sentirò quella benedetta frase rivolta a Gigia, quattro anni, seduta al fianco della mamma, esattamente dietro di me, e Topo, tre anni, seduto di fianco al padre, nei due sedili di fianco a Gigia e la mamma. Una frase che potrebbe essere la sintesi dello zeitgeist, è chiaro, non fosse che la mamma di Gigia e Topo non stava affatto parlando dei tempi moderni, quanto piuttosto del viaggio in pullman e del conseguente fastidio, di quelli curabili con una Travelgum o, questo ha continuato a suggerire con altrettanta ostinazione la mamma di Gigia e Topo, con un grissino, “prendi un grissino, che ti passa il malessere”, altro mantra, un po’ meno evocativo. A prescindere dal giusto varco aperto sul benessere di Gigia e Topo dal fatto che la mamma li chiami Gigia e Topo, Dio voglia che non si chiamino così anche all’anagrafe, in caso dovrebbero intervenire gli assistenti sociali, adesso, in questo stesso istante, chi in questo tragitto ha provato un malessere che nessun grissino potrà mai fugare sono stato io, e non solo per il fastidio tremendo provato nel sentire quelle parole pronunciate con quell’accento, quanto piuttosto per quell’intervallarle mentre il pullman è ancora dentro Milano con frasi stucchevoli come “Gigia, Topo, quello è il vostro asilo, lo riconoscete?”, e poi ancora “Gigia, Topo, quello è l’ospedale dove siete nati, diglielo”, rivolto al marito che, ci scommetterei anche una cifra importante, avrebbe dato via un braccio, forse anche il destro, pur di farla tacere, solo la sua voce perfettamente percettibile in tutto il pullman. Voce che è, una volta lasciata Milano, stata applicata con volumi se possibili anche più alti nell’interpretare quasi tutti i brani usciti nelle ultime settimane e destinati a diventare nelle prossime i temibilissimi tormentoni estivi. Mamma e figlia, perché se buon sangue non mente figuriamoci il sangue che sembra di buono avere poco o niente, si mettono infatti a cantare canzoni dividendo le cuffie attaccate a uno smartphone, rendendo vano il già discutibile intento dell’autista di ammorbarci con un greatest hits di Eros Ramazzotti, Eros Ramazzotti che rispetto alla playlist che ci ascolteremo rimane comunque tanta, tantissima roba. Ovviamente riconoscere una canzone cantata ad minchiam, fregandosene delle melodie e con testi spesso inventati sul momento, o con le sole ultime sillabe pronunciate, nel momento in cui si riconosce la parola che il cantante sta pronunciando, è roba che neanche l’Uomo Gatto a Sarabanda, non bastasse il fatto che il malessere che provo, non quello esistenziale e sartriano che chiunque sia dotato di intelletto si trova a provare su questa Terra, parlo di quello specifico di stare seduto qui e ora, è tale che anche quando incidentalmente passa di lì una canzone che apprezzo il risultato è comunque tale da avvilirmi, provare lo spleen mentre fuori sono trenta gradi e c’è il sole dopo mesi di freddo e pioggia è forse già un risultato sorprendente. Fortunatamente ho anche io in mano il cellulare, quindi posso ricorrere a Google, scrivendo lacerti di testi, così da distrarmi dall’orrore che ascolto, e dando anche qualche dritta ai titolari dei diritti d’autore per una class action contro la mamma di Gigia e Topo, provate a risalire alla sua identità tramite Terravision, la compagnia che appunto collega Milano Centrale e Milano Malpensa, per soli dieci euro, e a averlo saputo avrei speso duecento euro per un Uber senza neanche battere ciglio. Prima di cominciare questa carrellata, va detto, mentre sotto gli occhi mi passano in sequenza una pubblicità progresso, evidentemente atta a far smettere di fumare non saprei dire esattamente chi, pubblicità progresso che mostra la scritta FUMA LA VITA dove, in maniera non proprio comprensibile, le prime due lettere sono sovrastate da una A, trasformandole in AMA LA VITA, lasciando aperto l’interrogativo degli interrogativi: che diavolo significa “fuma la vita?”, ecco, mentre sotto gli occhi mi passano quelle immagini passiamo davanti a un ormai dismesso Lido di Milano, con delle tavole di legno laddove un tempo c’erano l’ingresso, il tutto proprio quando il piccolo Topo finalmente apre bocca, non per chiedere un grissino o dichiarare il proprio malessere, Dio ce ne scampi, ma per affermare, manco stesse leggendo un mio editoriale, “papà, è vero che tutti i cantanti sono morti tranne Olly che ha vinto?”. Così, di colpo. Certo, io il nome di Olly come unico superstite non credo l’avrei fatto, non fosse altro perché proprio in queste ore si sta consumando la più clamorosa “operazione simpatia” da parte della squadra per cui Olly tifa, incidentalmente collocata geograficamente nella medesima regione dove si trova quella per la quale tifo io, lui la Samp, io il Genoa. Samp legittimamente retrocessa sul campo in serie C ma che Gravina e la Lega Calcio si sta adoperando a salvare per i capelli, prima comminando otto punti di squalifica al Brescia, poi non facendo quindi salvare direttamente la Salernitana, ma ripescando la Samp e facendole fare i playout con la squadra campana, roba che grida antisportività come poche altre al mondo. Però la frase sui cantanti morti, dove evidentemente il piccolo Topo non praticava metafore, ma era convinto proprio che come in Squid Game chi a Sanremo perde poi muore, o una roba del genere, è davvero notevole. Come anche il discorso per cui parte il padre, fortunatamente per lui e per tutti noi fatto a un volume decisamente più basso, un discorso che indica come Michael Jackson un cantante morto, sfuggendogli al momento i tanti altri passati a miglior vita, e che poi scivola in una frase altrettanto epica, seppur un filo più stucchevole, “le canzoni vecchi e famosissime rimangono per sempre”. A questo punto, mentre confesso di essere in uno stato quasi di estasi, la mamma di Gigia e Topo inizia a cantare insieme a Gigia, e lo fa partendo da questa frase “Solo col pensiero mi venderei”, per poi bofonchiare qualcosa di incomprensibile e aggiungere “come ha fatto Gesù”, nel mentre abbiamo appena superato il gigantesco palco degli I-Days, nell’ex ippodromo e vediamo sullo sfondo San Siro, pronto a ospitare concerti di chiunque nei prossimi due mesi, tanto il calcio nel mentre è andato in vacanza o si trasferirà in America, visto mai che all’Inter capiti di portare a casa qualcosa di più che l’ennesimo titulo perso. Quindi la prima canzone della playlist della mamma di Gigia e Topo è Maschio di Annalisa, scopro con Google. Canzone che le due conoscono ma di cui, grazie a Dio, ignorano il testo. Va peggio con la seguente, che è chiaramente A me mi piace di Alfa, perché qui Gigia tace, pensierosa, mentre la mamma ripete ossessivamente “me gustas tu,” riprendendo la parte cantata da Manu Chao, aggiungendo sempre e solo “la tua serotonina, me gustas tu”, e per una canzone che ha un testo così lungo, praticamente un elenco di cose, direi che è davvero il minimo sindacale. Siamo fuori Milano, e la giornata può solo peggiorare. Infatti arriva Rose Villain con Tony Effe. Non la conoscono, anche se la mamma informa Gigia che si tratta della nuova canzone di Rose Villain e Tony Effe, io appunto mentalmente Victoria’s Secret. In realtà non appunto mentalmente un bel niente, ho il cellulare in mano aperto su Whatsapp, e mi sto mandando tutto quel che leggete da solo, come diceva quel vecchio spot “per non dimenticare”.
“La mia vita è una premier di Broadway” è, insieme alla parola Body, da lei pronunciata due volte di fila, come fosse una sola parola, Bodybody, la prova provata che anche Elodie e la sua Mi odi Mi ami, o viceversa, non ricordo, parte di questa playlist, Elodie che a breve proverà sulla sua pelle che significa cantare di fronte un San Siro semivuoto o pieno di gente che ha ricevuto il biglietto in regalo, passo successivo indebitarsi con il proprio promoter e passare i prossimi anni a fare comparsate, eventi, forse anche cantare a feste private come in uno stato di semischiavitù. Tutto questo Gigia, e anche Topo, suppongo, non lo sanno, e forse neanche Elodie, a occhio. Arriva la loro canzone. Che questa che stanno cantando sia la loro canzone me lo dice l’incrociare di due informazioni che mi arrivano da tre fonti differenti. Primo, la voce di mamma e figlia, secondo Google, dove scrivo il testo, terzo Topo, che in precedenza, parlando di cantanti ormai morti, ha infilato da qualche parte il fatto che la canzone preferita di mamma e Gigia sia Bottiglie vuote dei Pinguini Tattici Nucleari feat Max Pezzali. Il pezzo di testo che mi apre alla conoscenza è “Voglio portarti al mare alle quattro di notte, quando tutti dormono tranne le onde,” verso che poi prosegue con “stare a guardare gli aerei che vanno a New York”. Conosco quei versi, perché ho sentito più volte questa canzone in radio, ormai è fuori da un po’, ma senza Google confesso che non avrei ricordato di che canzone si tratti. Nel mentre, per la cronaca, un autista modello di coerente ostinazione, sta facendo gridare alle casse del pullman Se bastasse una canzone di Eros, nel più totale disinteresse di più. Arrivano i Coma_Cose, dice la mamma a Gigia, anche se Gigia sembra invece convinta si tratti delle Bambole di pezza. Il fatto che Gigia e la mamma conoscano le Bambole di Pezza, visto quel che hanno cantato fin qui, mi meraviglia, perché è una deviazione su una autostrada a cinque corsie per senso di marcia, il fatto che Topo aggiunga il dettaglio che il padre di non ho capito chi le sia andate a vedere dal vivo, quindi che il padre di non ho capito di chi fosse con me al concerto dei Magazzini Generali, immagino, rende il tutto dannatamente reale, non sto dormendo, quindi. Se dei Coma_Cose stessero ascoltando Cuoricini o la nuova La gelosia mi sfugge, e va bene così. Anche perché nel mentre siamo arrivati al T2 di Milano Malpensa, il tempo di scendere e mi ritrovo in una sorta di raduno di metallari, tutti come me coi capelli lunghi e con t-shirt che anche da lontano sono ascrivibili a un mondo che risponde al nome “heavy metal”. Io ho quella dei Misftis, quindi possono muovermi tra loro come un volto amico, anche se scopro subito che hanno tutti t-shirt degli Iron Maiden, quindi forse no, sono un loro lontano parente che non vedono da troppo tempo per considerarlo ancora tale. Google e i cartelloni dell’aeroporto, qui al Terminal 2 partono solo voli di Easy Jet, scopro, mi aiutano a capire che non c’è stato un concerto a Milano dei Maiden, ce ne sarà solo uno in Italia del loro tour, a luglio, e sarà a Padova, ma che tutti quei metallari stanno andando a Praga per la terza data mondiale, vai poi a capire perché a Praga. Ieri suonavano a Budapest, e magari come nelle gite della quinta liceo, avrebbero potuto fare la doppietta Ungheria-Repubblica Ceca, fatico sempre a capire le logiche dei fan. E comunque, anche i quattro pirla con parrucche fluo e trombette che si stanno imbarcando per Ibiza, e dove se no, hanno ai miei occhi più credibilità della mamma di Gigia e Topo, che comunque ha tirato in ballo il malessere e i grissini per tutto il viaggio, e ora mi tallonano temo fino al mio gate. Uno dice, ma perché parli sempre di quel che ti capita invece di occuparti solo di musica, che poi sarebbe il tuo mestiere? Ecco, se da solo fossi capace di trovare un modo più efficace per descrivervi l’estate di ennesimi tormentoni usa e getta lo farei, ma per ora la vita è sempre più sorprendente di quanto non possa essere la fantasia. E per la cronaca sì, mamma di Gigia e Topo, provo malessere, passami un grissino e non ne parliamo più.