
È nato a Napoli nel 1973
Nell’universo dell’arte contemporanea, esistono artisti che dipingono la realtà e altri che, invece, danno forma all’invisibile. Pasquale Caraviello, nato a Napoli nel 1973, appartiene a questa seconda categoria: la sua pittura non si limita a rappresentare il mondo, ma lo attraversa, lo reinventa, lo trasfigura in un caleidoscopio di emozioni e ricordi.
Un viaggio che nasce dal cuore
Fin da bambino, Caraviello trova nella pittura una compagna di vita, un linguaggio parallelo alle parole. È il padre, pittore per passione, a introdurlo alla magia dei colori, delle forme, delle atmosfere sospese tra sogno e realtà. La loro è una relazione speciale, segnata dalla condivisione e dal desiderio di esprimere l’indicibile attraverso la tela. I primi lavori dell’artista raccontano di paesaggi incantati, di scorci rubati ai suoi viaggi in moto attraverso l’Italia e l’Europa, frammenti di memoria fissati in pennellate vivide, quasi oniriche.
Ma è la perdita del padre, un dolore profondo e lacerante, a segnare il punto di svolta della sua carriera artistica. Da quel momento, la pittura non è più solo espressione estetica, ma si fa strumento di catarsi, dialogo interiore, connessione spirituale. I colori si accendono di una nuova intensità, le forme si liberano da ogni vincolo accademico, e l’arte diventa un atto di resistenza contro l’assenza, un modo per rendere eterno ciò che il tempo tenta di sottrarre.
Il simbolo di un legame indissolubile
Ogni artista ha il proprio rituale, un gesto che segna il passaggio tra il mondo ordinario e quello della creazione. Per Pasquale Caraviello, quel rito è indossare un paio di vecchie scarpe appartenute al padre prima di iniziare una nuova tela. Un gesto potente, quasi sacrale, che trasforma ogni quadro in un atto di memoria, un dialogo silenzioso tra passato e presente. È come se, attraverso quelle scarpe, il padre continuasse a camminare accanto a lui, guidandolo nel suo viaggio pittorico.
L’esplosione del colore: un linguaggio dell’anima
Caraviello ha fatto del colore il suo codice espressivo più autentico. Il suo studio costante delle tecniche pittoriche lo porta a sperimentare, a sondare le potenzialità cromatiche, a trasformare ogni tela in un campo di battaglia in cui luce e ombra si sfidano, si inseguono, si fondono. Il suo stile è caratterizzato da una pittura gestuale e materica, in cui il colore non è mai statico, ma vive, pulsa, esplode.
Non è un caso che Merisabell Calitri, storico dell’arte, abbia descritto così il suo lavoro:
“Caraviello… dipinge la passione: per la vita, per il tempo che scorre e per quello che si ferma, per i ricordi, per le nostalgie, per i sentimenti funesti e quelli che ti cullano, per la dolcezza e per l’irriverenza. Esprime perché prima è imploso. E solo chi implode può esplodere…”
Un riconoscimento che cresce
Il talento di Caraviello non è passato inosservato: le sue opere sono state menzionate nell’annuario “Arte e Mercato” 2017 e 2018, esposte in via permanente presso la galleria d’arte contemporanea “Bonbonniére” di Sanremo, e raccontate attraverso diverse interviste nella rubrica televisiva regionale Una finestra sull’arte.
Ma più dei riconoscimenti, ciò che colpisce nella sua arte è la capacità di parlare all’anima. Le sue tele non si limitano a essere guardate, ma chiedono di essere vissute, interpretate, sentite. Ogni pennellata è un frammento di vita, ogni colore è un’emozione pura che prende forma.
Pasquale Caraviello non è solo un pittore: è un narratore dell’invisibile, un esploratore dell’anima umana. E con ogni tela continua il suo viaggio, sempre con quel paio di scarpe ai piedi, sempre con il padre accanto.